investimenti

Chip, Urso (Copasir): “Investire nell’Etna Valley, produrli in Italia per la nostra sovranità digitale”

di |

Per il senatore e presidente del Copasir Adolfo Urso (FdI) “non possiamo diventare utilizzatori di tecnologia altrui, in particolar modo in questo periodo storico in cui una enormità di risorse pubbliche dovute al PNRR è indirizzata alla transizione digitale".

“Non possiamo diventare utilizzatori di tecnologia altrui, in particolar modo in questo periodo storico in cui una enormità di risorse pubbliche dovute al PNRR è indirizzata alla transizione digitale. Per evitare questo, dobbiamo investire in Italia, ad esempio nell’Etna Valley per quanto riguarda la produzione di semiconduttori, con risorse pubbliche e con la partecipazione dei privati, non soltanto italiani e francesi”.

Lo ha detto il senatore e presidente del Copasir Adolfo Urso (FdI), alla conferenza “Sviluppo e competitività con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale” organizzata oggi dall’Associazione nazionale giovani innovatori.

“Se c’è l’interesse della Cina su Tawain perché è un attore della tecnologia d’avanguardia proprio sui chip”, ha spiegato Urso. “Inoltre”, ha aggiunto il presidente del Copasir parlando della crisi dei chip che sta flagellando il settore automotive, “è necessario realizzare una factory sulle batterie elettriche per salvare la filiera automobilistica, che sia a Termoli o Torino”.

Recentemente anche il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato la ”consapevolezza della strategicità del settore dei semincoduttori. ”Il Governo sta assicurando la massima attenzione alla grave crisi dei chip, proprio per l’interesse nazionale che è connesso al comparto dell’elettronica e dell’innovazione tecnologica e l’intenzione di assicurare a tutti coloro che sono intenzionati a investire e produrre nel settore il massimo l’accompagnamento governativo”, aveva detto nel corso del question time (min 45:51) alla Camera la scorsa settimana.

Confermando ”la strategicità” del comparto dell’elettronica e della microelettronica, Giorgetti aveva sottolineato in particolare le difficoltà che si stanno riscontrando nella produzione dei microchip. Proprio la ”consapevolezza della strategicità di questo settore ha condotto il governo, sia attraverso lo strumento dei contratti di sviluppo sia con l’allocazione di importanti risorse del PNRR, a incentivare e assistere le imprese che operano nel settore”, ha detto il ministro. In particolare ricorda una realtà particolare‘‘che costituisce un’eccellenza a livello europeo e globale”, quella della società italio-francese St Microelettronics che ha un importante centro di produzione e di ricerca in Sicilia, nel catanese, nella cosiddetta Etna Valley.

“Su questa realtà la società ha annunciato un ulteriore investimento di 400 milioni di euro, che è assistito parzialmente e da contribuzione statale”. Questo tipo di investimento ”contribuirà a rafforzare la dimensione sia diretta che dell’indotto dell’industria, e quindi conseguentemente dell’occupazione”. Inoltre ”contribuirà a quell’autonomia strategica che dovrebbe avere l’industria nazionale ed europea in merito alla fornitura di semiconduttori”. Purtroppo la situazione ha subito una battuta arresto, perché la normativa europea in materia di aiuti di Stato pone la necessità dell’autorizzazione a livello comunitario di queste forme d’investimento, in particolare dell’assistenza da parte dello Stato”, ha ricordato Giorgetti. 

Il CEO di Intel: “La crisi sarà per tutto il 2023, ripresa nel 2024”

La crisi dei semiconduttori al momento dilaga. “La crisi non finirà prima del 2023. Al momento siamo nella fase peggiore. In ogni quadrimestre del prossimo anno le cose andranno sempre meglio, ma raggiungeremo un bilanciamento tra domanda e offerta solo nel 2023”.

Ha dichiarato il CEO di Intel Pat Gelsinger a margine di un incontro sul bilancio quadrimestrale dell’azienda, lo shortage si estenderà almeno fino al 2023, dopo aver toccato il punto più basso a fine 2021.

Secondo Gelsinger, infatti, la crisi dei semiconduttori non è problematica in sé, ma solo in combinazione con la carenza di altre parti importanti: “il problema sono i set coordinati, dove possiamo avere una CPU ma non uno schermo LCD o un modem Wi-Fi. Inoltre, i data center stanno avendo grossi problemi con i chip delle batterie, con gli ethernet e con i chip che gestiscono le reti”. Dunque, non occorre trovare una soluzione solo alla produzione dei chip, ma a quella di tutte le componenti elettroniche di base: è proprio per questo che i tempi per l’uscita dalla crisi saranno ancora piuttosto lunghi.

AMD invece, altro grande produttore di chip, sembra avere delle aspettative più ottimistiche: secondo la CEO Lisa Su, la disponibilità di CPU e GPU AMD tornerà a regimi normali nella seconda metà del 2022. Al contrario, NVIDIA non sembra prevedere un miglioramento della disponibilità delle sue GPU nei prossimi mesi, e si è allineata con le previsioni di Intel.

Il settore automotive in piena crisi di chip

La crisi dei semiconduttori sta flagellando l’industria dell’automobile da parecchi mesi e non riguarda solo la produzione e le vendite. La carenza di chip ha messo Ko eventi importanti come il Salone dell’Auto di Ginevra 2022.

La carenza provocherà – secondo le stime degli analisti – un calo della produzione di auto in tre anni di oltre 14 milioni di veicoli: 4,5 milioni quest’anno, 8,5 milioni nel 2022 con una coda di 1 milione nel 2023. Il dato è emerso durante la presentazione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, dall’Anfia e dal Center for Automotive and Mobility Innovation del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Le imprese della componentistica – 2.203 con sede legale in Italia, un fatturato 2020 in calo a 44,8 miliardi di euro a causa dell’epidemia, e 161.400 dipendenti – temono anche l’aumento dei prezzi delle materie prime (65,8%) e il rallentamento del quadro economico in Europa (62,7%). Tuttavia, la filiera si attende un anno di ripresa: oltre i due terzi delle imprese prevedono una crescita del fatturato, più del 55% aumenti di ordinativi interni, esportazioni e occupazione.

Renault: 500mila auto in meno nel 2021

A causa della mancanza di componenti il Gruppo Renault stima una perdita di produzione vicina ai 500mila veicoli per l’anno. Il cfo del gruppo automobilistico francese, Clotlide Delbos, durante la presentazione dei conti del terzo trimestre, ha avvertito che la perdita di produzione a causa della carenza globale di semiconduttori quest’anno sarà molto più consistente di quanto previsto in precedenza: vicino a 500mila veicoli, più del doppio delle 220mila unità previste all’inizio di settembre.

D’altra parte, la visibilità della casa automobilistica sulla carenza di chip nel quarto trimestre è “ancora molto scarsa perché le informazioni provenienti dai fornitori sono molto inaffidabili”, ha spiegato Delbos, ritenendo che la carenza di chip dovrebbe attenuarsi un po’ entro la fine dell’anno con la fine del lockdown per il Covid-19 in Malesia, ma ha precisato che le forniture rimarranno limitate per gran parte del 2022.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz