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Crisi energetica: inverno precoce in Asia, aumentano i consumi di carbone in Cina

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Continua la crisi energetica cinese, con un aumento della domanda e dei prezzi di carbone e petrolio, legato sia alla ripresa economica, sia all’arrivo dell’inverno. Le mosse di Pechino. Cosa ne sarà dei piani di transizione ecologica decisi da Pechino?

Arriva l’inverno, costerà di più riscaldarsi

L’inverno è alle porte, soprattutto per gran parte dell’Asia centrale e settentrionale. Mentre in Europa l’autunno è ancora in pieno svolgimento, tra prime correnti fredde in discesa dall’artico e gli ultimi richiami caldi da Sud, molti Paesi dell’estremo oriente devono già fare i conti con colate gelide siberiane.

La Cina del Nord, ad esempio, sta facendo in conti con un anticipo di inverno che sicuramente farà schizzare verso l’alto la domanda di energia per riscaldamenti, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, tra cui Pechino, Shenyang e Harbin.

Il costo delle materie prime non risparmi neanche il gigante asiatico, che infatti sta cercando di intervenire per abbassare il prezzo del carbone.

Il ritorno al carbone in Cina

Uno dei principali effetti di questa crisi energetica è il ritorno al carbone, uno dei combustibili fossili più inquinanti e dal maggiore impatto sul livello di concentrazione di gas serra, soprattutto CO2 (e quindi una delle cause principali del surriscaldamento globale).

Non si tratta solo di riscaldamento domestico, ma di ripresa economica. La Cina è uscita per prima dall’emergenza sanitaria dettata dal Covid, ma la il rilancio dell’economia e dell’industria non è stato consolidato nei mesi.

Prima la difficoltà degli approvvigionamenti, poi l’aumento del prezzo delle materie prime e la diminuzione dell’offerta di petrolio, hanno fiaccato la ripresa cinese, che comunque deve tenere conto dei piani di transizione ecologica ed energetica decisi da Pechino, nonostante l’aumento della domanda di energia, soprattutto elettrica.

La National Development and Reform Commission ha annunciato ieri un aumento di produzione di carbone, che presto sarà accompagnata da una politica temporanea di contenimento dei prezzi.

Prezzi carbone e petrolio alle stelle

Oggi in Cina il prezzo del carbone è di 310 dollari a tonnellata. Si tratta di un aumento rilevante rispetto a inizio settembre, di almeno un +30%, mentre i futures del combustibile fossile si sono impennati del +110%.

Il mercato energetico mondiale sta sperimentando un deficit di offerta che sta stimolando una forte riduzione delle scorte e facendo salire i prezzi”, ha affermato Louise Dickson, analista senior dei mercati petroliferi di Rystad Energy. “Si prevede che questa rigidità del mercato si estenderà alla maggior parte del 2022 e l’equilibrio tra offerta e domanda di petrolio si raggiungerà solo entro il quarto trimestre del prossimo anno”.

Che ne sarà della neutralità climatica cinese?

Un brutto colpo per i piani ambientali e di neutralità climatica cinesi, che al momento sembrano piuttosto vaghi a confronto di una crisi energetica che è arrivata inaspettate e che potrebbe durare ancora a lungo.

La Cina attualmente non ha un tetto fisso per le emissioni di gas serra e al momento è responsabile di circa 12 miliardi di tonnellate all’anno (le più alte al mondo). Obiettivo annunciato: portarle a un picco entro il 2030, prima di diventare completamente a zero emissioni più o meno nel 2060.

Il problema è che le emissioni di carbonio della Cina, durante il primo trimestre del 2021, sono purtroppo aumentate rispetto ai primi trimestri sia del 2019 che del 2020, rispettivamente del +5% e del +15%.

Dall’inizio di settembre il prezzo del petrolio è aumentato del +20%, attestandosi ieri a 85 dollari al barile, si legge in un articolo pubblicato dalla Reuters.

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