Digitale terrestre: dall’Agcom OK unanime al nuovo Piano frequenze e a criteri per valutazione Docufiction e Docudrama

di Raffaella Natale |

Soddisfazione di Corrado Calabrò: 'Il PNF guarda al futuro'.

Italia


Telecomando

Il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduto da Corrado Calabrò, relatori i Commissari Stefano Mannoni e Michele Lauria, ha approvato oggi all’unanimità il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive (PNAF) per il digitale terrestre.
Il Piano si conforma ai principi di uso pluralistico ed efficiente delle frequenze su tutto il territorio previsti dalle norme legislative vigenti e dagli indirizzi comunitari, fornendo i criteri tecnici e metodologici per la pianificazione, nazionale e locale.
L’utilizzazione della tecnica SFN (reti a singola frequenza), che vede l’Italia all’avanguardia in Europa, permetterà di soddisfare tutte le diverse esigenze: razionalizzazione delle reti esistenti, nazionali e locali; nuove frequenze destinate alla gara per gli operatori TV; frequenze per i servizi innovativi.
Nel piano, sono identificate le frequenze delle reti televisive nazionali da utilizzare di norma in tecnica isofrequenziale. Tali reti, tra cui quelle destinate a nuovi soggetti (dividendo digitale interno), sono equivalenti tra loro, sia in termini di copertura sia in termini di coordinamento internazionale.

 

Il Piano tiene inoltre conto degli specifici obblighi di servizio pubblico, dell’articolazione regionale di Rai 3 e dell’informazione, nonché dello sviluppo dei servizi innovativi. Secondo quanto indicato dalla legge, il PNAF riserva oltre un terzo delle frequenze pianificabili alle emittenti televisive locali. Al fine di garantire il massimo pluralismo e di favorire un uso efficiente ed effettivo delle frequenze, la pianificazione di dettaglio avverrà attraverso la convocazione di appositi ‘tavoli tecnici‘, anche per assicurare continuità a quanto avvenuto regioni che hanno già effettuato il passaggio al digitale terrestre.

 

Il provvedimento approvato oggi sarà dunque completato nei suoi aspetti attuativi via via che i tavoli tecnici relativi alle aree ancora da digitalizzare avranno concluso il loro lavoro. Il Piano pone particolare attenzione alla futura utilizzazione delle frequenze che, secondo gli indirizzi comunitari, sono destinate a servizi di telecomunicazioni (dividendo digitale esterno) per servizi innovativi quali la banda larga mobile di quarta generazione. E’ infatti previsto, sin da ora, di mettere a disposizione di tali servizi le risorse inutilizzate (le cosiddette white spaces). L’azione di riorganizzazione dello spettro frequenziale dovrà essere condotta in cooperazione con il ministero dello Sviluppo Economico che ha competenza sulle modifiche del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze.

 

Calabrò, nell’esprimere soddisfazione per la decisione assunta dal Consiglio dell’Agcom, ha dichiarato: “il Piano di assegnazione delle frequenze è un adempimento caratterizzante e fondante dell’attività dell’Agcom ed è stato adottato dopo un’approfondita consultazione che ha coinvolto tutti i soggetti interessati e a seguito di un confronto con il ministero per lo Sviluppo Economico, al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale. L’approvazione del Piano rappresenta un passaggio ineludibile che l’Autorità, in linea con il suo ruolo istituzionale, ha portato a compimento in piena autonomia tecnica ed è dotato della necessaria flessibilità per rispondere alle esigenze attuali e ai futuri sviluppi tecnologici ‘.

 

Il Consiglio oggi ha anche ascoltato in audizione il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e il presidente della Regione Molise, Michele Angelo Iorio, in merito al Piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre.

Il piano, sempre secondo quanto si apprende, è stato modificato rispetto a quello andato in consultazione e su cui c’erano state molte critiche da parte delle tv locali. Il piano nazionale preparato dall’AGCOM ha l’obiettivo di mettere ordine nell’assegnazione delle frequenze in occasione del passaggio al digitale terrestre, avvenuto finora in assenza di un impianto regolatorio unitario.

 

Martedì scorso Paolo Gentiloni, Michele Meta, Alessandro Maran, Francesco Boccia, Donata Lenzi, Erminio Angelo Quartiani e Roberto Giachetti con un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Economia e delle finanze, Elio Vito, hanno chiesto chiarimenti in merito alla possibilità di assegnare ai nuovi servizi di telecomunicazione, attraverso procedure di evidenza pubblica, le frequenze liberate a seguito del passaggio delle trasmissioni televisive dall’analogico al digitale.

I deputati hanno fatto presente che l’Italia è l’unico Paese europeo che non ha deciso di seguire questa linea e hanno fatto riferimento alla Germania dove si sta svolgendo la gara per assegnare alla telefonia mobile il dividendo di spettro liberato dallo switch-off dell’analogico. La gara sta superando il tetto di 3,5 miliardi di euro.

L’Italia ha, infatti, deciso che, nell’ambito televisivo, siano assegnate, non con una gara, ma attraverso un beauty contest, solo una piccola parte di frequenze, il 10%, destinata ai nuovi entranti.

I parlamentari hanno quindi chiesto se il Governo intende considerare, sul modello tedesco, la possibilità di ricavare fondi dalla messa in gara delle frequenze, anche in considerazione dell’invito dell’Unione europea a destinare per nuovi servizi di telecomunicazioni una parte delle frequenze liberate dalla transizione alla tv digitale.

 

Vito ha risposto che il ministero dello Sviluppo economico ha allo studio, anche di concerto con l’Autorità per le comunicazioni, “nuovi criteri di ‘efficientamento’ dello spettro radioelettrico già assegnato o da assegnare nelle aree televisive digitalizzate e ancora da digitalizzare”.

L’ipotesi riguarda tra l’altro “misure idonee a recuperare capacità trasmissiva non utilizzata, così favorendo eventualmente processi di condivisione dei multiplex da destinare o già destinati agli operatori di rete in ambito locale”.

L’obiettivo, ha spiegato Vito, è consentire ‘la razionale e non discriminatoria assegnazione al comparto radiotelevisivo di risorse frequenziali per la diffusione di un numero di contenuti adeguati’.

Al tempo stesso, ‘si potranno accelerare le procedure per la destinazione del dividendo di spettro a nuovi servizi di telecomunicazione, con possibili fonti di ricavo derivanti dalla messa a gara a offerta economica di tali risorse’. Quanto al cosiddetto beauty contest, richiamato nell’interrogazione e riguardante l’assegnazione del dividendo digitale, le modalità di gara e il quantitativo delle relative risorse – pari a 6 frequenze da assegnare per i nuovi entranti – sono stati individuati dalla Commissione europea nell’ambito delle trattative per la chiusura della procedura d’infrazione Ue nei confronti dell’Italia.

Oggi intanto il Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive ha approvato dei criteri di massima per la valutazione di eventuali infrazioni al Codice che, in un’ottica di piena trasparenza, sono stati trasmessi dallo stesso Comitato ai firmatari del Codice e cioè alle società Rai, Mediaset e Telecom Italia Media, alle associazioni rappresentative delle emittenti Frt ed Aeranti-Corallo, all’Ordine dei giornalisti e alla Federazione nazionale della stampa.

Il Codice di autoregolamentazione, firmato il 21 maggio 2009, prevede che l’accertamento delle sue violazioni e l’adozione delle eventuali misure correttive siano riservate alla competenza di un apposito Comitato costituito dai rappresentanti delle parti firmatarie e da tre esperti scelti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il Comitato si è formalmente insediato il 17 dicembre 2009.

Va dato atto alle parti firmatarie del Codice – emittenti, associazioni rappresentative delle emittenti, Fnsi e Ordine dei giornalisti – di aver saputo coniugare i principi di libertà di espressione e di informazione e diritto degli utenti ad essere correttamente informati.

Nel documento varato si precisa che il Comitato non ha competenza sui dibattiti ma solo sulla “simulazione o riproduzione o ricostruzione” di procedimenti giudiziari.

Per quanto riguarda le docufiction come quelle di ‘Annozero’, i criteri per valutare eventuali infrazioni si basano soprattutto sull’obbligo, per gli autori, di fare ricorso a “fonti suscettibili di riscontro“, che vanno fatte emergere “anche in modo sommario“, oltre che sui doveri di “veridicità“, “completezza“, “imparzialità” e “rispetto del contraddittorio“.

Nessuna censura preventiva potrà essere attuata, si precisa nel documento, che sottolinea anche, richiamandosi alla giurisprudenza di Cassazione, che la valutazione dell’obiettività di una ricostruzione può essere fatta “solo in base all`accuratezza con cui l`operatore dell`informazione ha effettuato la verifica delle proprie fonti”. Quindi il Comitato valuterà solo “eventuali scostamenti tra le informazioni rese durante la trasmissione e ‘i fatti e gli atti risultanti dallo stato in cui si trova il procedimento'”.

 

L’equilibrio nella rappresentazione dei fatti non significa un conteggio “meccanico” dei tempi assegnati alle tesi di accusa e difesa: anche “l’esigenza del contraddittorio immediato, vale a dire con la presenza fisica di rappresentanti delle contrapposte tesi nel contesto della medesima trasmissione, deve essere valutata – scrive il Comitato – alla luce della natura e dell’impostazione del programma, nonché dei suoi contenuti e della sua durata”. Infine, il Comitato mette in guardia gli autori e giornalisti televisivi dall’allestimento “di veri e propri ‘racconti a tesi’, spesso giustificati da elementi narrativi del tutto ultronei all’indagine e ai rilievi dell’indagine giudiziaria”, perché questo metodo rischia di “implicare un grave pregiudizio del diritto alla rispettabilità e all`onorabilità delle persone coinvolte”.

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