Accenture al Festival internazionale dell’Ambiente: grandi successi negli investimenti ma anche ritardi e complicazioni per le aziende

di Antonietta Bruno |

Italia


Energy saving

Nella ricerca scientifica e tecnologica per la protezione dell’ambiente, le risposte per il futuro. Questo quanto emerso nel corso del convegno “Greenomics. Il business diventa verde?” svoltosi a Milano nell’ambito del Festival Internazionale dell’Ambiente. Sempre più sentita, dunque, la sfida dell’ecosostenibilità, che rappresenta ormai la prima e più importante opportunità di crescita per aziende, amministrazioni e cittadini. Prese d’atto e tesi che emergono chiare nelle analisi di Accenture e dalla volontà dei governi internazionali di sostenere con maggiore forza i programmi di energy saving.

 

Dai progetti Smart City affiora, infatti, l’89% dei consumatori si dichiara pronto a cambiare per aziende con prodotti e servizi che aiutano a ridurre le emissioni e il 57% delle aziende certificate eco-label ha incrementato la propria market share; l’80% degli italiani dichiara di preferire le fonti energetiche rinnovabili; le tecnologie Smart Grid, i servizi di energy management, la power generation decentrata, e la vendita di permessi sulle emissioni saranno fonte di nuovi business.

 

Nel settore energetico, i modelli di business sostenibili, il passaggio a fonti alternative e la riduzione di CO2 saranno fonte di vantaggio competitivo, così come l’adozione di best practices nella gestione del rischio ambientale; nel settore delle estrazioni, l’efficienza nelle emissioni di CO2 sarà un vantaggio competitivo e l’attenzione all’ambiente un valore per l’assegnazione di nuove concessioni; in quello hi-tech si stanno invece concentrando grandi opportunità di crescita e innovazione legate ala sostenibilità (nel 2009 GE Ecomagination ha fatturato 17 miliardi di dollari).

 

E ancora, nel settore automobilistico, chi produce veicoli a basse emissioni aumenta la sua competitività e la maggiore efficienza dei veicoli ridurrà i costi di gestione mentre nei servizi finanziari, le banche hanno una maggiore propensione a finanziare la green economy e le energie rinnovabili.

 

Le opportunità e le sfide della sostenibilità stanno impattando su tutti i settori industriali e sulle strategie di tutte le aziende – ha dichiarato Mauro Marchiaro, responsabile Sustainability per AccentureConferme arrivano sia dal mondo finanziario dove sono in aumento indici e ranking dedicati alla sostenibilità, sia dal mondo imprenditoriale, dove sempre più aziende inseriscono nei propri sistemi di reportistica precise metriche per valutare le proprie ‘green’ performance. Per le aziende si tratta di cogliere un’opportunità, interpretando la sostenibilità come fonte di profittabilità. Una nostra recente ricerca condotta tra 300 aziende Global Fortune 1.000, infatti, mostra come le imprese che effettuano investimenti in sostenibilità ottengono un ritorno sugli investimenti in 5 anni fino al 30% superiore rispetto alle altre“.

 

C’è però poi anche l’altra faccia della medaglia, il ritardo delle piccole imprese e la complicazione dei piani per i costi di funzionamento. Il dato, che parla dell’80% delle aziende italiane che sollecitano sgravi fiscali e accelerazione degli investimenti, emerge dalla nuova ricerca mondiale condotta da Regus, leader mondiale di soluzioni per gli spazi lavoro, che ha coinvolto 15.000 professionisti su temi “green”.

 

I risultati? Solo il 37% delle aziende nel mondo misura realmente le proprie emissioni e meno di un quinto (19%) misura la carbon footprint emessa dalle proprie attività. Il 46% delle aziende su scala mondiale dichiara che investirà in attrezzature con ridotte emissioni di CO2 solo se i costi saranno uguali o minori di quelli generati dalle attrezzature convenzionali. Infine, solo un 40% ha già investito in attrezzature con ridotte emissioni di CO2 e solo il 38% ha predisposto una policy aziendale per farlo.

 

 In Italia, la ricerca evidenza che il 18% delle aziende monitora le emissioni di CO2  (carbon footprint) conseguenti alle proprie attività e questa è una percentuale in linea con la media globale (19%). Il 41% ha investito in attrezzature ad alta efficienza energetica e il 58% delle aziende ha adottato una strategia di investimento in strumenti con ridotte emissioni di CO2; ciò colloca l’Italia al di sopra della media globale (38%).

 

Il 47% delle aziende dichiara che i costi di funzionamento sono alti e investirebbe in attrezzature per ridurre le emissioni di CO2 solo se i costi di funzionamento fossero inferiori o uguali a quelli tradizionali. Infine, uno schiacciante 80% delle aziende ha dichiarato che se il governo offrisse incentivi fiscali per gli investimenti in attrezzature ad elevata efficienza energetica o con ridotte emissioni di CO2, le imprese incrementerebbero significativamente i propri investimenti green.

 

Per quanto riguarda le piccole imprese, i dati mostrano che il livello reale e previsto di investimenti green si colloca sotto la media; ciò indica che queste incontrano forti difficoltà nella scelta di attrezzature con ridotte emissioni di CO2 quando ciò comporta prezzi leggermente superiori, dal momento che le esigenze di breve termine sono più impellenti degli investimenti a lungo termine. In Italia, solo il 13% delle piccole imprese effettua il monitoraggio della propria carbon footprint rispetto a più del doppio (38%) delle grandi imprese. Il 57% delle piccole imprese ha dichiarato di disporre di una strategia che prevede investimenti nelle attrezzature a ridotte emissioni di CO2, rispetto al 69% delle grandi imprese. Gli ambiziosi obiettivi governativi non tengono evidentemente conto della reale diffusione di macchine/apparecchiature ad elevata efficienza energetica con ridotte emissioni di CO2  presso le piccole imprese.  

 

Una nuova fotografia dell’economia del Paese che Mauro Mordini, Country Manager di Regus Italia, commenta:  “Con l’Italia che non ha rispettato gli obiettivi stabiliti a Kyoto di riduzione del 6,5% delle sue emissioni di CO2 entro il 2008, la diffusione di macchine/apparecchiature ad elevata efficienza energetica con ridotte emissioni di CO2 e delle iniziative di monitoraggio delude ancora per la ridotta entità, in particolare nelle piccole imprese. Eppure – aggiunge – le piccole e medie imprese rappresentano la metà del fatturato del paese. Se il governo desidera seriamente perseguire i propri ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni globali di CO2 entro la metà del secolo, è necessario incentivare adeguatamente il cambiamento a tutti i livelli. Al momento, la tecnologia professionale con ridotte emissioni di CO2 è spesso limitata nella gamma e venduta a prezzi superiori. Ciò sta frenando gli investimenti delle aziende. Gli sgravi fiscali daranno un enorme contributo a tal fine, come si evince dall’inchiesta e accelerando la diffusione delle nuove tecnologie si permetterà anche di dare vita a un mercato di massa i cui prezzi unitari saranno ridotti”. “Gli investimenti green non si limitano alla sola tecnologia – continua e conclude Mordini – ma devono essere applicabili a tutte le iniziative ambientali efficaci e misurabili, quali la riduzione degli spazi inutilizzati. Secondo stime prudenti, il 38% degli uffici non sono occupati in un dato momento, ma in tali spazi restano in funzionamento gli impianti di riscaldamento, condizionamento e illuminazione generando, così, tonnellate di emissioni di CO2 ogni anno. La riduzione degli spazi sottosfruttati dovrebbe pertanto essere passibile di sgravi fiscali proprio come i macchinari a basso consumo energetico“.

 

Il futuro e il successo delle politiche sostenibili saranno possibili, pertanto, dall’impegno di tutti ed in particolar modo da quello delle amministrazioni locali poiché, se investiranno adeguate risorse in reti intelligenti e modelli integrati di gestione del territorio, sapranno generare un motore di reale sviluppo economico che produce alti ritorni sugli investimenti, occupazione e miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

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