Cultura: un business da 16 mld di euro e 300 mila addetti, ma ardua resta la sfida della multimedialità

di Antonietta Bruno |

Italia


Emma Marcegaglia

L’industria della cultura in Italia rappresenta un business da 16 miliardi di euro. Trecentomila gli addetti e ben 17 mila le imprese operanti nel settore. Questi i dati ufficializzati nell’ultimo incontro milanese organizzato per presentare alla stampa lo stato dell’Industria culturale italiana ma anche per affrontare il tema della svolta digitale e dell’innovazione di un settore in forte ascesa. Tra i presenti alla riunione annuale di una federazione che nel nostro Paese riunisce imprese editoriali, discografiche, multimediali, dei videogiochi,  televisive, dell’intrattenimento audiovisivo e dal vivo, oltre che imprese distributrici di beni e servizi, il numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia.

“Il settore della cultura è un comparto industriale vero e proprio – ha detto –  in grado di generare profitto  e creare occupazione”.

 

Migliaia come dicevamo, infatti, gli addetti italiani operanti in un comparto, quello di Confindustria cultura Italia appunto, che raccoglie al suo interno ben 10 associazioni suddivise tra cinema, audiovisivi e spettacolo (Agis, Anica, Apt e Univideo), musica (Afi, Fimi e Pmi), editoria (Aie e Anes) e videogiochi (Aesvi).

 

Con questi numeri – ribadisce Paolo Ferrari, presidente dell’associazione nazionale industrie cinematografiche, audiovisive, multimediali – si sottolinea l’importanza, per le associazioni dei diversi settori, di essere federate nella casa comune di Confindustria. Questo è un dato fondamentale, che va tenuto presente di fronte ai nuovi scenari che si aprono ai nuovi modelli di business che stiamo consolidando, che l’industria fondata sulla creazione di contenuti marci il più possibile in maniera compatta“.

 

Tra i principali punti che regolano l’istituzione della Federazione, infatti, anche la tutela dei diritti e degli interessi collettivi degli associati sul piano nazionale, comunitario ed internazionale; la promozione della salvaguardia del diritto d’autore e la proprietà intellettuale in ogni sua forma; la lotta alla pirateria audiovisiva, discografica, editoriale e multimediale in ogni sua forma, modalità di espressione e manifestazione.

 

A sottolineare ancora l’importanza dell’industria che sposa la cultura nel bel Paese, Gisella Bertini Malgarini, vicepresidente di CCI e Presidente Anes, l’associazione nazionale editoria periodica specializzata: “Quello di cui si sta parlando oggi è un settore cardine della vita sociale e dell’attività professionale e imprenditoriale italiana – ha affermato – il comparto industriale da noi rappresentato sta affrontando la sfida della multimedialità, una profonda trasformazione operativa e del modello di business, accompagnata da importanti investimenti economici e nelle risorse umane, che ci auguriamo possano essere finalmente riconosciuti dalle Istituzioni nell’interesse del Sistema Paese“.

 

Enzo Mazza, consigliere di Cci e presidente della Federazione industria musicale italiana (FIMI), si è invece soffermato sui contenuti della “Digital Agenda“, il documento che la Commissione Europea ha diffuso lo scorso mese di maggio, sottolineando che “E’ fondamentale che l’Agenda Digitale proposta dalla UE sia più determinata nella definizione di una strategia per lo sviluppo dei contenuti digitali e per la loro tutela perché oggi è in gioco il futuro dell’industria culturale europea nelle reti digitali”.

 

Tra i tanti e qualificati interventi, durante l’incontro annuale, si è registrato ancora quello di Gaetano Ruvolo, presidente dell’associazione editori software videoludico italiana. Rimarcando le opportunità che l’innovazione tecnologica è in grado di offrire ai produttori di contenuti culturali italiani, ha esordito dicendo “l’industria dei videogiochi è un esempio di come tecnologia e cultura possono fondersi. In ogni settore dell’industria culturale l’innovazione è una realtà ma anche una priorità per lo sviluppo“.

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