Editoria: la crisi della stampa ai tempi del digitale. Urge intervento pubblico per tutelare qualità e proprietà intellettuale

di Alessandra Talarico |

Difesa del prodotto editoriale, della remunerazione degli investimenti, della tutela della proprietà intellettuale e della redistribuzione delle risorse i principali problemi cui trovare urgente soluzione, anche con l’aiuto del Governo.

Italia


Giornali

Sono stati presentati ieri, nel corso della XIII edizione di WAN-IFRA Italia, la conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e della stampa quotidiana, organizzata da WAN-IFRA, in collaborazione con FIEG e ASIG, e dedicata alla stampa industriale e alle nuove frontiere della stampa digitale, i dati più significativi del “Rapporto 2010 sull’industria italiana dei quotidiani”, elaborato dall’Osservatorio Tecnico per i Quotidiani e le Agenzie di informazione “Carlo Lombardi”.

Nella sua edizione completa, che verrà rilasciata nei prossimi giorni, il rapporto presenta un resoconto esauriente dello stato attuale dell’industria editoriale. Un mercato, ha sottolineato il Presidente dell’Osservatorio, Alberto Di Giovanni, i cui nodi strutturali – la scarsa propensione alla lettura di ampi strati della popolazione, le distorsioni del mercato pubblicitario, la rigidità del sistema distributivo, la scarsa efficienza dei servizi postali – sono stati ulteriormente amplificati dalla crisi economica.

Un dato su tutti: la diffusione dei quotidiani è scesa al di sotto dei 5 milioni di copie giornaliere, cioè ai livelli del 1939, quando l’Italia era un paese prevalentemente rurale.

Gli investimenti pubblicitari sui quotidiani nel 2009 sono diminuiti del 16%. Dal 2000 al 2009 – sottolinea il Rapporto – la stampa quotidiana ha perso il 40% del fatturato pubblicitario, mentre i ricavi complessivi, nello stesso periodo, sono scesi del 20%.

I nodi sono, dunque, tanti, e poco si è fatto per risolverli, apportando, anzi, notevoli appesantimenti a una situazione già difficile, basti pensare, ha ricordato Di Giovanni, al “…recentissimo ‘pesce d’aprile’ con il quale sono state di fatto abrogate, dall’oggi al domani, le tariffe postali agevolate per quotidiani e periodici”.

La crisi in cui versa l’industria dei quotidiani non è certo una peculiarità tutta italiana, ma caratterizza tutto l’occidente sviluppato in cui ridimensionamenti, chiusure di testate e tentativi di traghettamento al digitale sono all’ordine del giorno. Esemplare il caso dello storico quotidiano francese Le Monde, gravato da un debito di 100 milioni di euro e a rischio insolvenza.

In un contesto nel quale il tradizionale modello di business dell’impresa editoriale è entrato in crisi, il tema centrale del dibattito, dunque, si sposta sulla necessità di preservare il giornalismo di qualità, costoso ma “indispensabile per il corretto funzionamento di una democrazia matura”, ha aggiunto Di Giovanni, evidenziando il paradosso che c caratterizza l’attuale business editoriale: “l’informazione – afferma il Presidente dell’Osservatorio – è oggi la ‘merce’ basilare che domina il mondo digitale, il carburante che alimenta la rete. Solo che, una volta che viene immessa sulla rete, l’informazione in quanto tale diventa una commodity, una merce senza valore, una sorta di “rumore di fondo” utilizzato come elemento di contesto e supporto di credibilità per veicolare opinioni, discussioni, commenti, e per vendere prodotti, servizi, pubblicità“.

Eppure, questa informazione, che agli occhi dell’utente, appare altrettanto gratuita dell’acqua “che sgorga dalle fontanelle pubbliche”, ha un costo non indifferente, essendo prodotta, nella maggior parte dei casi, da redazioni tradizionali, la cui sopravvivenza dipende ancora dai classici canali delle inserzioni pubblicitarie e delle vendite di copie cartacee più che dalle edizioni web, dai tablet o quant’altro.

Da questo paradosso nascono ulteriori criticità, che vanno dalla necessità di difendere il valore del prodotto editoriale a quella di tutelare la proprietà intellettuale e di ridistribuire le risorse.

Come ha sottolineato anche il presidente FIEG Carlo Malinconico nel suo intervento alla Camera lo scorso 22 aprile, “…E’ un dato assodato che parte significativa del traffico online deriva dalla ricerca di notizie di vario contenuto, fornite essenzialmente dal mondo dei giornali. […] Il beneficio di tale traffico, tuttavia, va ai motori di ricerca e alle imprese che forniscono servizi di connessione alla rete […] nessun introito proveniente da queste attività va a coprire, neppure in minima parte, i costi di produzione dei contenuti offerti dagli editori”.

La transizione al digitale pone quindi il problema della rottura dell’integrazione verticale del ciclo produttivo del quotidiano.

“L’azienda editoriale – ha spiegato ancora Di Giovanni – continua a realizzare prodotti editoriali, ma il ciclo di produzione della notizia non si sovrappone più in maniera totale a quello della carta stampata, che rimane solo uno – anche se per il momento il più importante – dei possibili prodotti finali“.

“Oggi che l’informazione può essere veicolata in tanti modi alternativi – ha aggiunto – l’attività tipografica deve trovare posto anche nella colonna dei ricavi”.

Di Giovanni fa quindi un appello alle autorità pubbliche, chiamate a realizzare “le condizioni normative e regolatorie più adeguate perché la transizione verso il nuovo contesto digitale possa avvenire in maniera ordinata e con regole chiare ed eque” e a un “intervento organico e profondo di ridefinizione dei nuovi equilibri dell’industria editoriale”.

Gli Stati Generali dell’editoria, più volte annunciati dal Governo, costituirebbero “una occasione unica per intervenire su nodi quali la lettura, la diffusione, la formazione – ma anche per rivedere e semplificare un quadro normativo oggi disperso e contraddittorio, compartimentato in settori sempre più permeabili tra loro: ha senso oggi per esempio avere una regolamentazione separata per carta stampata e televisione? Ha senso fare distinzione tra prodotto editoriale cartaceo e online?”

“Non può essere rimandato oltre – ha concluso Di Giovanni – un intervento che punti a preservare l’informazione di qualità quale presidio insostituibile dei valori di libertà e pluralismo, anche attraverso un’equa redistribuzione di costi e ricavi tra i vari attori del processo di produzione-distribuzione delle notizie, in un’ottica di sostegno e riequilibrio del sistema”.

Rapporto 2010 sull’industria italiana dei quotidiani (Slides)

Osservatorio Tecnico per i Quotidiani e le Agenzie di informazione “Carlo Lombardi”

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