Italia
La televisione di oggi è già digitale Il 2010 rappresenta un anno di svolta per il sistema televisivo italiano. La tecnologia analogica, che ha accompagnato gli italiani negli ultimi 50 anni, è ormai in via di avanzata sostituzione da parte del sistema digitale.
Sono già all digital sei Regioni d’Italia (Sardegna, Valle D’Aosta, Piemonte occidentale, Trentino Alto Adige, Lazio, Campania). Nel corso di quest’anno è prevista la completa digitalizzazione del Nord Italia (Piemonte orientale, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria). Nel 2011 avverranno gli switch-off nelle Regioni del versante adriatico e, infine, nel 2012 passeranno al digitale la Toscana, l’Umbria, la Sicilia e la Calabria. Con uno sforzo, la digitalizzazione potrebbe essere completata entro il 2011, come indica una recente Raccomandazione europea e come auspica il Vice Ministro Romani. Alla fine del 2010 il 70% delle famiglie sarà digitalizzato.
E’ con questi dati che il presidente dell’Autorità per le garanzie delle Comunicazioni, Corrado Calabrò, ha delineato lo scenario italiano per quanto riguardo il settore radiotelevisivo nella Relazione annuale presentata stamani alla Camera.
Già oggi l’ascolto della TV digitale su tutte le piattaforme (terrestre, satellite, IPTV) ha superato, con il 51,2%, l’ascolto della TV analogica. Il numero delle famiglie dotate di almeno un ricevitore digitale terrestre è salito a gennaio di quest’anno a oltre 15 milioni, mentre una quota consistente dei nuovi decoder viene acquistata per adeguare al digitale anche i secondi e terzi televisori di casa.
I ricavi del comparto televisivo si mantengono consistenti, segnando un incremento dell’1,7% rispetto al 2008 (In particolare, i ricavi di Rai sono stati 2.728 milioni di euro, quelli di Sky 2.711 milioni di euro, quelli di Mediaset (al netto di una quota delle partecipate) 2.506 milioni di euro.).
I ricavi complessivi da Pay TV (in crescita) e da pubblicità (in discesa) – I ricavi totali da pay tv sono stati nel 2009 2.875 milioni di euro (+7,4%), quelli da pubblicità 3.541 milioni di euro (-9,3%). Questo è un trend europeo che si conferma anche in Italia – si sono ulteriormente avvicinati. La modifica delle regole sulla pubblicità ha indotto la Commissione europea a chiudere la procedura d’infrazione pendente nei confronti dell’Italia.
“Continuiamo a vigilare monitorando le trasmissioni”, ha detto Calabrò.
Lo spostamento delle risorse pubblicitarie dalla TV tradizionale ad internet non è stato della stessa portata che in altri Paesi.
Il settore televisivo italiano è essenzialmente tripartito: Rai-Mediaset-Sky, con gli altri operatori minori e le TV locali che faticano a trovare spazi concorrenziali.
“Si conferma che la TV digitale multicanale frammenta l’audience anche dei canali generalisti tradizionali; nondimeno Rai e Mediaset conservano quote di ascolti ancora assai rilevanti sulle quali l’avvento della pay tv sta incidendo lentamente. Ci siamo battuti affinché la produzione indipendente di contenuti audiovisivi venga tutelata”.
Soddisfazione dell’Ad di Sky Italia, Tom Mockridge, che ha commentato: “Cresciamo piano piano, sono contento. Sul mercato c’è spazio sia per la pay che per la free tv, e questo in tutti i Paesi europei“.
In questo quadro, ha sottolineto il presidente dell’Agcom, la TV locale – che gioca un ruolo importante ai fini del pluralismo dell’informazione – con il digitale può concentrarsi sulla qualità e sull’informazione locale. Riempire l’etere di monoscopi o programmi ripetuti è un’occupazione dello spettro che non serve a nessuno e danneggia l’insieme.
Per il senatore del Pdl, Luigi Grillo, presidente della commissione Lavori pubblici e trasporti, le dichiarazioni sul futuro delle emittenti locali necessitano un approfondimento: “Se è vero che le Tv locali hanno contribuito e non poco allo sviluppo televisivo è anche vero che in prospettiva vanno salvaguardate sempre di più le emittenti che fanno un servizio di qualità, che fanno vera informazione, che forniscono un vero contributo in termini di contenuti”.
Calabrò ha poi ricordato “Il mese scorso abbiamo approvato il piano delle frequenze. Non ci credeva nessuno”. E’ la prima volta che un piano delle frequenze che abbia un’effettiva probabilità di attuazione viene adottato in Italia: permette risorse per le TV nazionali (con 5 nuovi multiplex a gara (Oltre a 1 multiplex per il DVB-H), per l’alta definizione, per le TV locali (con almeno 13 mux, che corrispondono a 65 programmi locali per ogni Regione), per la radio, e consente di liberare 9 canali TV da destinare alla larga banda wireless, come chiede la Commissione europea.
L’Italia è il secondo Paese europeo per diffusione della banda larga mobile. Ma se non interveniamo rapidamente, con il tasso attuale di diffusione degli smartphone, la nostra rete mobile rischia il collasso.
L’Agcom, con vivo apprezzamento del Commissario Ue all’Agenda digitale, Neelie Kroes, sta portando avanti, in Europa e in Italia, una politica finalizzata alla liberazione in tempi brevi delle frequenze radio. Contiamo di rendere disponibili circa 300 Mhz da mettere all’asta per la larga banda.
Secondo Calabrò, la radio rimane l’insostituibile compagna di tanti italiani e un’indispensabile risorsa per il pluralismo. Il piano delle frequenze garantisce anche risorse per la radio digitale (Abbiamo approvato il regolamento che disciplina l’esercizio dell’operatore di rete. Completeremo a breve la disciplina con il piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche).
“Abbiamo attuato quest’anno la nuova disciplina sulla vendita collettiva dei diritti sportivi (Si tratta di un sistema che migliora l’equilibrio del mondo del calcio professionistico, anche se in prospettiva, visti i deludenti risultati della nostra rappresentativa, si dovrebbe aumentare la quota di mutualità a favore dei vivai)”.
Paolo Gentiloni, responsabile comunicazioni del Partito Democratico, trova “sacrosanta” la sollecitazione del presidente Calabrò al governo perché si impegni per lo sviluppo del digitale, una scelta prioritaria per il paese come ha ricordato il presidente Fini”.
‘Fondi per l’accesso a internet, asta delle frequenze tv per evitare il collasso delle reti mobili, impegno comune di operatori e investitori istituzionali per la banda ultralarga: sono le principali scelte da fare’, ha osservato Gentiloni in una nota, indicando che ‘Se il governo, già nella manovra, si muovesse in questa direzione avrebbe il nostro sostegno”.
Passaggio importante poi quello sulla libertà di informazione, sulla quale si è soffermato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini nel suo discorso introduttivo: “La libertà d’informazione è forse una libertà superiore ad altre costituzionalmente protette, e come tale va difesa da ogni tentativo di compressione”.
“Il Trattato di Lisbona pone il pluralismo dell’informazione alla base dei principi fondanti dell’Unione europea. Si tratta di un parametro di legittimità della legge che deve essere valutato con attenzione in qualunque intervento normativo nazionale”.
Calabrò ha quindi ribadito che “In uno Stato di diritto solo la verità processuale dopo un giudizio definitivo può privare l’uomo della dignità e dell’onorabilità. La verità televisiva, mediatica, la diffusione di indiscrezioni e illazioni pongono sotto nuovi aspetti il problema della tutela della dignità umana”.
D’accordo il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani che però ha sottolineato: “C’è anche la tutela della privacy del cittadino che va difesa”.
L’esempio fatto da Romani è quello del Regno Unito: “ho appena parlato con un giornalista inglese: lì non si sono mai sognati di fare una norma di questo tipo, perché questo problema non c’è”.
Secondo Gentiloni, “ Altrettanto condivisibile il richiamo che da Fini e Calabrò è venuto all’importanza della libertà di informazione e alla necessità di non penalizzare i giornali in un panorama mediatico troppo dominato dalla vecchia tv’.
“Libertà di informazione che, ha sostenuto Calabrò con riferimento alla legge sulle intercettazioni, va considerata prevalente su altre libertà pure costituzionalmente protette”.
La via che l’Autorità ha privilegiato è quella dell’autogestione. In base al Codice di autoregolamentazione sulla rappresentazione in TV di fatti relativi a indagini e processi in corso, l’apposito Comitato -costituito dai rappresentanti delle emittenti televisive ma anche dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa e presieduto da un ex presidente della Corte costituzionale- ha richiamato l’esigenza di attenersi alla veridicità, alla completezza, all’imparzialità ed al rispetto del contraddittorio, verificando e garantendo che i fatti e le circostanze rappresentati trovino rispondenza obiettiva in fonti suscettibili di riscontro, secondo le varie fasi delle indagini o dei processi.
L’accesso senza discriminazioni ai mezzi di informazione delle forze politiche e sociali va tutelato; specialmente in un sistema concentrato (tripolare) come quello italiano.
Ma per il viceministro “l’autoregolamentazione non ha funzionato“, per cui “riteniamo di dover disciplinare per legge e che la legge che è passata al Senato possa essere votata anche alla Camera”.
Sulla libertà di stampa, per il segretario della Fnsi, Franco Siddi, “ci sono state due belle osservazioni del Presidente Calabrò e del Presidente Fini”, due spunti importanti “e bisogna partire da qui”.
“E’ evidente, come ha detto Fini, che l’informazione non è mai sufficiente, non c’è mai un eccesso di informazione. C’è bisogno di liberarla e di rendere più concreto il pluralismo”.
Obiettivi da raggiungere superando alcuni problemi ancora esistenti “uno squilibrio nell’informazione e un servizio pubblico che necessita di una nuova governance liberata dai partiti. E questo non lo dicono i professionisti dell’opposizione ma l’Autorità indipendente che deve essere ascoltata”. Altro punto importante nella relazione di Calabrò, ha proseguito Siddi, “è il rilievo dato alle tv locali, che non possono essere abbandonate a loro stesse”. Bisogna “affrontare seriamente il nodo del valore pubblico di tutte le emittenti che fanno informazione e che sono meritevoli di sostegno, supporto e anche agevolazioni finanziarie”. In particolare non va bene “che si faccia tv solo per fare le telepromozioni“. In generale “si ripropone per intero il tema della libertà di informazione” e la necessità di un “pluralismo di mezzi”, superando la situazione di una “carta stampata ‘Cenerentola’ sconfitta dal tempo“. L’auspicio è che, in sede di manovra finanziaria, ci siano novità sul fondo per l’editoria e non solo “tagli e azioni punitive ingiustificate”.
Il presidente Calabrò è quindi passato a sottolineare la situazione della Tv pubblica, rimarcando che la Rai non ha le risorse sufficienti per migliorare la rete trasmissiva, per investire nell‘alta definizione e nella televisione su internet, “svolgendo quel ruolo di pivot delle nuove tecnologie segnato nelle nostre Linee guida. Si liberino quindi gli elementi imprenditoriali con un assetto diverso della governance, svincolato dai partiti, che valorizzi la capacità gestionale e decisionale (con le correlative responsabilità); si chiarisca e si renda più trasparente ed accountable agli utenti il ruolo della TV pubblica. La Rai, comunque, deve acquisire effettivamente le risorse del canone, con un sistema di riscossione che riduca l’evasione, anche per migliorare la qualità; la soluzione c’è; basta volerla. Finalmente il mini-qualitel ci ha fornito indicazioni che la Rai dovrebbe tenere in conto nel formare il palinsesto del servizio pubblico”.
Sergio Zavoli, presidente della commissione di Vigilanza, commentando le parole del presidente dell’Agcom sull’esigenza di una riforma della governance, ha sottolineato che “L’invito di Calabrò a governare la Rai secondo un criterio che tenga conto di un’autonomia aziendale liberata dai condizionamenti dei partiti e, insieme, degli obblighi di un Servizio pubblico mi trova pienamente d’accordo”.
“Chiedo – ha aggiunto – come possa restare ancora inascoltato l’auspicio di un concreto progetto di riforma ispirato a questa non più procrastinabile esigenza. La politica deve impegnarsi in Parlamento per una legge che interpreti la volontà di tutte le parti chiamate in causa. A cominciare dalla più interessata e inquieta: l’opinione pubblica”.
Plauso del presidente della Rai, Paolo Garimberti, alla Relazione dell’Agcom: “Potrei sottoscrivere le dichiarazioni di Calabrò su entrambi i punti”. In particolare, sulla governance, il presidente di Viale Mazzini ha sottolineato che “è necessaria una riforma che sia fatta però da qualcuno che conosce bene quali sono i veri problemi della governance Rai. Sento parlare di riforma in modo dilettantesco: va fatta invece in modo professionale. Ci sto lavorando molto seriamente. Non mi piacciono progetti che si sviluppano solo in un’ottica politica e che sparano nel mucchio tanto per sparare’.
Sul tema della lotta all’evasione del canone, Garimberti ha spiegato: “Ha ragione Calabrò: gli strumenti ci sono, sono semplici, quasi banali. Basta soltanto volerli applicare. Rimando perciò la palla al governo e al parlamento: sanno benissimo come si può fare, lo facciano”.
Per il segretario Usigrai, Carlo Verna, ascoltare le parole di Calabrò è doveroso perché dice “con esemplare chiarezza cosa occorre fare per non condannare a morte la Rai. La riforma della governance non è più rinviabile”.
Aggiungendo, “Forti anche di quel che ha tetto Calabrò valuteremo con intransigente rigore le nomine che Masi proporrà domani. Se il DG vuole una discussione seria sul piano industriale e non l’Aventino da parte nostra pensi solo a soluzioni interne e autorevoli, che tengano lontano anche il solo dubbio di decisioni condizionate dal noto conflitto di interessi, anomalia tutta italiana”.
Inoltre, secondo Calabrò, “Sistemi diversi di formazione delle regole sulla comunicazione politica per la TV pubblica e per quella privata danno adito a sfasature e distorsioni”.
Il presidente dell’Autorità s’è soffermato anche su rapporto che lega i media tradizionali alle nuove tecnologie: “Internet trasforma la televisione e la radio e queste a loro volta trasformano internet“.
Le maggiori emittenti nazionali hanno iniziato a rendere disponibile la programmazione su internet, il che muta il palinsesto tradizionale in una serie di clips audio-video fruibili singolarmente, in diretta o in differita. L’Agcom ha avviato una consultazione pubblica su queste nuove forme di televisione (catch-up e over the top TV) al fine di determinare se il regime giuridico debba essere differenziato da quello per la TV tradizionale.
“I seri problemi generati da internet non obliterano la sua insostituibile funzione informativa. È stato giustamente osservato che se ci fosse stato internet l’Olocausto non avrebbe potuto essere ignorato”.
“Anche nell’analisi di mercato che abbiamo avviato per verificare la situazione del pluralismo in Italia emerge, dai primi risultati, il ruolo crescente di internet. In considerazione di ciò e dell’eterogeneità dei riferimenti attuali si palesa la necessità di una ridefinizione per via legislativa delle aree economiche rilevanti ai fini del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC)”.
Anche se Calabrò ha precisato che l’editoria, specie quella quotidiana, rappresenta ancora il secondo mezzo di diffusione dell’informazione, e, quindi, un forte presidio per il pluralismo.
Ma la lettura dei quotidiani è in strutturale diminuzione e nulla è avvenuto in questo anno per incentivarla (L’anno scorso abbiamo inviato una segnalazione al Parlamento a questo riguardo).
Non c’è stato recupero di risorse pubblicitarie dei giornali da internet – Nell’editoria, i ricavi derivanti dalla pubblicità scendono da 2,4 a 1,9 miliardi (-21,5%), nonostante continuino a rappresentare la maggiore fonte di entrate (48,8%) -, nel quale invece crescono le risorse attratte dai motori di ricerca (La raccolta pubblicitaria su internet ha registrato un aumento dell’8%, incrementando così la propria quota nel totale degli investimenti pubblicitari a circa l’8%; valore quasi doppio rispetto a quello rilevato per l’Europa occidentale).
I principali giornali ormai integrano la versione cartacea con i servizi online, che vengono aggiornati continuamente. Due mesi fa il premio Pulitzer per il giornalismo investigativo è stato assegnato ad un sito internet, ProPublica.org (Non si tratta di un blog, né di citizen journalism. ProPublica è l’interfaccia web di un gruppo di giornalisti diretto da un giornalista che ha vinto già 17 premi Pulitzer con i maggiori giornali.).
La rete non cancella l’industria del giornalismo; la cambia. E’ essenziale che la funzione del giornalista non venga meno; il giornalista ha un compito informativo indeclinabile e non sostituibile dal flusso di notizie che scorre nella rete.
Le nuove applicazioni tecnologiche (e-readers o tablet-pc, come l’i-pad) sono un’occasione per riavvicinare i giovani alla lettura dei giornali e dei libri; può esserci una nuova stagione per la lettura, in un nuovo formato.
“Opportunamente il Governo ha previsto incentivi ai giovani per la larga banda. Se nella prossima finanziaria si prevedesse che gli studenti possono fruire di un bonus governativo per l’abbonamento gratuito a un quotidiano online, si potrebbero centrare due obiettivi: diffusione della larga banda e diffusione dei giornali. Diffondere i libri di testo in via elettronica comporterebbe un risparmio per le famiglie e potrebbe arricchire i libri di contenuti multimediali, suscitando l’interesse dei ragazzi”.
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