In un omaggio al suo maestro Massimo Fichera, Bruno Somalvico presenta ”TelePalcoNet, un progetto per rilanciare i teatri e gli auditori nella grande Tela crossmediale”. Nell’era dell’Internet delle Cose, delle smart cities e dei social network, è giunto il momento di favorire secondo Somalvico quella che definisce nell’occhiello ”un’interconnessione degli spazi fisici di fruizione collettiva dello spettacolo dal vivo”. Come già avviene con il cinema distribuito nelle sale cinematografiche in standard 4K (dove vengono già trasmessi anche eventi e concerti dal vivo) anche auditori e teatri debitamente attrezzati possono ridar vita a proprie stagioni musicali e teatrali fruendo come dal vivo in altissima qualità audio video di opere liriche, concerti, ma anche opere teatrali e drammaturgiche realizzate e riprese appositamente in grandi come piccoli centri ormai da molti decenni privi di stagione con la scomparsa quasi definitiva delle compagnie di giro, nonché, mostre conferenze, letture e altre performance dal vivo. Finita la stagione della pandemia con la moltiplicazione e frammentazione dei consumi e l’esplosione del videostreaming destinato in una casa bunker a fruizioni non solo familiari e spesso individuali sul proprio terminale videotelefonico si apre una nuova fase in cui si possono favorire nuove forme di fruizione collettiva in diretta sia dal vivo sia in remoto ma con una partecipazione rituale come dal vivo a grandi eventi anche nei più sperduti teatri disseminati nel territorio, Compito di una media company di servizio pubblico potrebbe diventare quello di trasformarsi in ottica crossmediale in una sorta di impresario, e di affiancarsi a sovrintendenti, assessori territoriali alla cultura e allo spettacolare alle grandi istituzionali nazionali e internazionali nella realizzazione di una grande social network dello spettacolo dal vivo della cultura e dell’arte in tutte le sue espressioni, un ruolo di orchestratore capace di intercettare, aggregare e promuovere le eccellenze musicali teatrali ed artistiche nei distretti digitali. Favorendo nuove forme di aggregazione e di sociabilità e nuove occasioni per riempire sale dalle più svariate dimensioni, magari con un grande passato, rimaste troppo a lungo scarsamente utilizzate se non addirittura rimaste chiuse da troppi anni. Una nuova occasione per visitare borghi, piccoli centri e le nostre centocittà e magari nella stagione estiva le loro piazze sfruttando giacimenti culturali alternativi alle grandi città turistiche della nostra Penisola. Una proposta per una riappropriazione collettiva di tali giacimenti per il dopo pandemia.
La casa bunker, la moltiplicazione e frammentazione dei consumi e gli effetti della pandemia. La risposta del Ministero italiano della Cultura con il progetto ITsART di una Netflix italiana
Quindici mesi di pandemia hanno riacceso i fari sulla necessità di disporre di un’efficiente infrastruttura di reti a larga banda sino alle case degli italiani per poter offrire loro adeguate condizioni di lavoro agile e smart, ovvero di telelavoro, ma anche di didattica a distanza e di telemedicina. Sono contemporaneamente cresciuti i consumi televisivi, sia quelli dei tradizionali servizi lineari e nelle fattispecie di quelli informativi trasmessi sulle televisioni generaliste, sia quelli di film e soprattutto fiction – e più in generale prodotti a utilità ripetuta – proposti dalle piattaforme Over-the-Top (OTT) in modalità on demand sia in chiaro in modalità Free VoD (YouTube, e altre app sui social network da un lato, Rai Play, Mediaset Play, …dall’altro) sia a pagamento in modalità SVoD o con modelli di bisiness ibridi (Netflix, Disney +, Amazon Prime Video, Apple Tv oltre a Dazn, Now Tv, Infinity, Tim Vision, Discovery+, Chili Tv, eccetera).
In un caso come nell’altro lo spazio domestico è diventato un bunker, una casa bunker in cui i vari confinati si sono rintanati vuoi in poltrona di fronte al televisore, vuoi sul proprio telefono o sul proprio personal computer collegandosi con le più svariate piattaforme, ivi comprese quelle utilizzate a scopi lavorativi che offrono servizi di videocomunicazione come Zoom che alimentano i nostri Webinar, letteralmente esplosi dalla primavera dell’anno scorso.
La casa bunker accentua i fenomeni di frammentazione dei consumi e solo in parte di loro condivisione e socializzazione fra i vari componenti di un nucleo familiare.
In questo contesto dopo lunghi mesi di lockdown è nato il progetto ITsART di una “Netflix italiana della cultura”, annunciato dal ministro Dario Franceschini che vuole essere – cito dal sito in costruzione –
“nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo” (1).
L’iniziativa ha suscitato diverse reazioni critiche fra cui quelle di uno studioso dell’economia dello spettacolo come Angelo Zaccone Teodosi, secondo il quale la piattaforma ITsART – promossa dal nostro Ministero della Cultura, con un capitale suddiviso fra la Cassa depositi e Prestiti, azionista di controllo con il 51% e Chili la controllante del piattaforma SVoD Chili Tv con il rimanente 49% – non avrebbe ancora definito un proprio chiaro e specifico modello di business (2) pur avendo già ottenuto la “benedizione” delle nostre Autorità di controllo (3). Al momento dell’avvio del servizio, il 31 maggio 2021 mantiene un profilo basso:
“Non è ben chiaro se i 700 contenuti offerti da oggi sono tutti in esclusiva – nota il Presidente di Isicult – , ma si ha ragione di ritenere che così non sia: la gran parte dell’offerta non è in esclusiva. […] E non viene precisato quanta parte dell’offerta è articolata in contenuti a pagamento (modalità cosiddetta “Tvod”), contenuti gratuiti (“Fvod”), e contenuti gratuiti con pubblicità (“Avod”). Un confuso contenitore di materiali audiovisivi – di cui una minima parte in esclusiva – insomma” – questa la motivata sentenza dello stesso Zaccone Teodosi (4).
Le misure per il rilancio degli spettacoli collettivi dal vivo nei loro alvei naturali. Per un social network di interconnessione fra gli spazi fisici (teatri, auditori, anfiteatri aule magne)
Nonostante l’avvio di alcune iniziative prese da alcune istituzioni locali per favorire in assenza di un proprio pubblico in sala, la distribuzione di propri eventi in ambito domestico, malgrado l’organizzazione di alcuni eventi e concerti con collegamenti con attori e cantanti che recitano e cantano da remoto, ovvero da propri studi di registrazione e palcoscenici domestici, sono mancati invece progetti – nella fattispecie da parte di istituzioni musicali e teatrali – destinati ai propri spazi e al rilancio della fruizione collettiva di eventi e spettacoli dal vivo, – e questo, al di là delle misure prese (come in altri luoghi e spazi pubblici quali scuole, ristoranti, trasporti) per proteggersi dal contagio.
Curiosamente le iniziative per lo sviluppo dell’Internet delle Cose, delle città intelligenti, o Smart city, hanno affrontato molti temi legati alla sicurezza dei trasporti, allo smaltimento dei rifiuti, ai semafori e collegamenti intelligenti, senza conducenti, e ai futuri servizi di trasporto attraverso droni, più che all’interconnessione intelligente degli edifici storici e in particolare di tutti quelli dotati di spazi di fruizione collettiva, quali biblioteche, aule magne, musei ma anche e soprattutto auditori, anfiteatri, teatri, sale da concerto, stadi, pizze e altri luoghi adibiti per la fruizione tradizionale di eventi e spettacoli dal vivo.
A fronte degli enormi investimenti previsti dal PNRR per lo sviluppo dei “tubi”, ovvero delle reti a banda larga e ultra larga sia fisse sia mobili di prossima generazione – parafrasando la filosofia promossa quarant’anni fa da Jack Lang che preconizzava che per ogni franco investito in un “tubo”, ossia nel cablaggio, un altro franco dovesse essere investito in servizi e programmi su di esso veicolati (5) – riteniamo sia giunta l’ora del tutto propizia in questa particolare contingenza storica – per investire spese ingenti del Piano di Ricostruzione europeo per le prossime generazioni per realizzare un social network costituito da spazi per la fruizione collettivi di spettacoli, a cominciare dai teatri.
Una rete sociale di teatri interconnessi per alimentare nuove stagioni dello spettacolo che consentano ai fruitori di partecipare come dal vivo anche da remoto all’evento in diretta, beneficiando di sofisticati terminali elettronici ad altissima qualità sonora e visiva ad eventi di grande rilievo ed effetto spettacolare tali fa giustificare l’acquisto di un biglietto nelle sale anche in assenza della presenza fisica di attori cantanti e musicisti, essendo ormai scomparse le compagnie di giro e diradatesi o comunque interrotte a causa del Covid 19 le tournée delle orchestre.
Per armonizzare i palinsesti di queste nuove stagioni ed organizzare grandi eventi fruiti e fruibili non solo da casa ma nei luoghi in cui erano stati concepiti, il ruolo di un servizio pubblico veicolo delle eccellenze provenienti dai e dirette ai vari territori che custodiscono in molti casi veri e propri patrimoni artistici troppo a lungo rimasti chiusi e abbandonati a sé stessi, può tornare ad essere di primaria importanza come lo fu al momento della nascita della radio e soprattutto ella televisione per le divulgazione delle grandi opere del teatro e della letteratura nella stagione della prosa televisiva e degli sceneggiati e delle riduzioni di opere teatrali e musicali alle esigenze del piccolo schermo, in questo per offrire grandi eventi al vivo in contemporanea su grandi schermi con immagini e suoni di altissima qualità.
Tutela delle industrie culturali deboli e promozione della cultura italiana dalla nascita della televisione alla fruizione di eventi e spettacoli attraverso la rete
L’auspicabile interazione tra servizio pubblico e industrie culturali cosiddette “deboli” – quelle che necessitano di un supporto da parte dello Stato e/o degli Enti locali e da sponsor privati, può e deve trovare un nuovo slancio nell’era crossmediale per favorire un autentico sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza diffusa nella Rete. In questa fase – come ci auguriamo – di prossima riapertura di cinema teatri e sale da concerto e di ritorno in aula dei corsi e delle lezioni dal vivo, sia per la Rai sia per il Ministero italiano della Cultura, sia soprattutto per gli enti locali e gli assessorati incaricati di promuovere il turismo, i beni culturali, i musei e le stagioni concertistiche e teatrali nei propri territori è davvero urgente disegnare nuovi scenari e possibilmente riprendere, sotto nuove forme, un impegno serio dei media di servizio pubblico nei confronti innanzitutto del teatro, della musica e più in generale dello spettacolo dal vivo. Il teatro teletrasmesso è stato un grande patrimonio di educazione nazionale degli italiani negli anni Cinquanta quando anche il piccolo schermo richiamava nei bar nei cinema grande attenzione con eventi dal vivo come Lascia o raddoppia?. L’inizio della diffusione in diretta alla metà degli anni Novanta delle partite di calcio delle singole squadre del campionato di calcio sulle piattaforme digitali satellitari a pagamento un quarto di secolo or sono aveva favorito fra i tifosi nuove forme di aggregazione in bar e ristoranti per sostenere collettivamente le imprese della propria squadra del cuore. In questi anni Venti la riscoperta nel proprio territorio di un teatro settecentesco o ottocentesco, ma anche di uno spazio scenico novecentesco adibito per l’avanspettacolo o il cabaret, attraverso la loro interconnessione tramite Internet può costituire una occasione straordinaria per la loro riscoperta e per una loro nuova e del tutto soddisfacente valorizzazione. Discorso analogo andrebbe fatto naturalmente per la stagione di concerti ed opere liriche.
E’ giusto ricordare al proposito che la televisione nasce in Italia con la diretta dal vivo. Lo studio televisivo è un teatro di posa (e di prosa), in diretta, in modo che il ritmo del programma televisivo coincide in quella fase iniziale della televisione con quello di uno spettacolo dal vivo. Il palinsesto del Canale Nazionale (allora primo e unico canale televisivo della Rai), è settimanale con appuntamenti fissi e rigidi, che diventano abitudinari, distribuiti come una dieta educativa e di intrattenimento nell’arco dell’intera settimana: musica seria, lirica, prosa sono offerti in prima e con cadenza prestabilita in un certo giorno della settimana. Con l’emergere negli anni Ottanta del secolo scorso della seconda fase commerciale questi schemi scompaiono (la corsa agli ascolti ridisegna i palinsesti lungo l’arco della singola giornata e non più della settimana) insieme a varie prerogative dei servizi pubblici. La fase mista a centralità commerciale ha infatti modificato a partire dagli anni Ottanta e Novanta i caratteri tradizionali della funzione originaria del servizio pubblico. Succede così che il teatro e la musica classica scompaiano prima dal palinsesto di prima serata, poi anche della seconda. Si può quindi affermare che la competizione fra pubblico e privato in quella stagione non solo aveva determinato un livellamento culturale qualitativo (verso il basso) dei programmi (per effetto della guerra degli indici di ascolto), e, in definitiva, una sorte di progressiva omologazione fra una televisione pubblica sempre più privata e una televisione commerciale che si appropriava di funzioni tipiche del servizio pubblico, prima fra tutte quella dell’informazione e della formazione dell’opinione.
La competizione fra piattaforme televisive e piattaforme OTT sull’offerta audiovisiva a pagamento
Sembra interessante a questo punto riflettere sulla situazione attuale in Italia, e ciò alla luce dell’innovazione tecnologica in corso e dell’ormai affermato, e sopra descritto, carattere misto del sistema radiotelevisivo e del primato assunto da metà degli anni 2000 sino alla fine degli anni Dieci da News Corporation e oggi da Comcast attraverso Sky Italia nata come piattaforma digitale satellitare a pagamento e che solo dal 24 settembre 2019 ha lanciato un decoder, la versione di SkyQ via fibra, cioè collegabile anche in rete, che non obbliga quindi a disporre del segnale da antenna satellitare per la visione dei canali.
Anche sul segmento dell’offerta a pagamento si va realizzando un sistema che potremmo definire ibrido con la competizione fra piattaforme televisive e piattaforme web in particolare Over-the-Top.
Il primato di Sky Italia è sempre più conteso da piattaforme come Netflix e, più recentemente, anche da altre piattaforme come Amazon Prime Video, Disney +, Apple Tv e soprattutto da Dazn che si è appena aggiudicata i diritti della Serie A. Si tratta di imprese, queste ultime (ad eccezione di quella promossa dal gruppo Disney) che sono nate nel web e per il web in concorrenza diretta con pay tv e piattaforme televisive via satellite nel dominio dei contenuti più pregiati, i cosiddetti prodotti premium calcio, film e fiction di alto profilo.
Negli ultimi quattro decenni e in ogni caso sino alla prima metà degli anni Dieci anche la Rai si sta posizionando su questo segmento ma con un’offerta in chiaro. Allorché Rai Cultura assorbe Rai Educational, e soprattutto quando Rai Play alla fine del 2019 si arricchisce di nuovi contenuti on demand non più limitandosi ad offrire per un’intera settimana, in modalità catch tv, i palinsesti dei propri canali lineari, non si può negare che in materia di promozione della cultura, dello spettacolo e dell’editoria, la RAI – fatta eccezione per la radiofonia e per Radio3 che è riuscita nel tempo a mantenere elevati standard qualitativi, sia pur rivolti ad una nicchia che rimane piuttosto esigua di radioascoltatori, aveva disatteso la propria missione. Al contrario della BBC, delle emittenti pubbliche tedesche e di quelle scandinave: la tendenza del servizio pubblico in Italia ad essere rimasto troppo a lungo e sempre più mass-mediale con l’ossessione dell’audience, rinunciando al contempo a legittimarsi, come aveva fatto nella prima fase, presso le élite intellettuali del secondo dopoguerra, ha limitato anche il potenziale espressivo proveniente dalla attività artistiche dei settori culturali cosiddetti deboli.
Proseguire la trasformazione in ottica crossmediale della Rai intesa come media company di servizio pubblico Rai cultura e Rai Play e la nuova stagione del teatro e della musica grazie agli archivi della Rai e all’esplosione dei consumi OTT “al di sopra della Rete”
Nonostante la tecnologie di radiodiffusione digitali, satellitare e terrestre, abbiano consentito la disponibilità trasmissiva di molti canali, nei nuovi palinsesti almeno sino ai primi anni Dieci era stato dato scarso o scarsissimo spazio al cinema d’autore, era stata trasmessa sempre meno prosa, così come molto ridotto era stato il programma di musica colta, mentre le rubriche di informazione culturale su novità editoriali, su letteratura, saggistica e ricerca scientifica che avevano un loro specifico rilievo nei palinsesti di cinquant’anni fa (basti pensare al rotocalco l’Approdo) erano state confinate nelle ore notturne dopo gli ultimi telegiornali. Venivano insomma sino ad allora relegate in piccoli spazi notturni e solo una forte volontà e determinazione come quella avuta dai dirigenti di Palcoscenico era riuscita a riportarli in orari accettabili.
Le cose per fortuna sembrano cambiare. Almeno sembrano apparire di recente segnali incoraggianti per assicurare un’inversione di tendenza. Da alcuni anni, infatti, grazie a Rai Cultura e Rai Play, e nell’ultimo anno di pandemia anche sulle reti generaliste, il teatro sembra finalmente uscito da una condizione di quasi totale invisibilità.
La Rete, negli ultimi due anni ha dimostrato come questa tendenza – almeno virtualmente – possa essere rovesciata dando vita in modalità OTT a nuove collane tematiche di spettacoli fruibili a richiesta in modalità di fruizione sia individuale sia collettiva del tutto svincolate dalle esigenze dell’ascolto e che potranno concorrere a valorizzare pienamente il ruolo della Rai come fornitore di contenuto in collaborazione con le grandi istituzioni culturali del Paese.
Ad esempio con il Teatro alla Scala come avvenuto in occasione dell’evento proposto senza pubblico a Sant’Ambrogio, ovvero il 7 dicembre 2020 in sostituzione del tradizionale evento di apertura ella stagione invernale scaligera.
Ma facciamo un passo indietro di oltre mezzo secolo.
Nel loro “Rapporto sulla Rai” della fine degli anni Sessanta, tre esperti quali Gino Martinoli, Giuseppe De Rita e Salvatore Bruno avevano delineato un territorio che comprende
“il mercato dello spettacolo, il mercato dell’informazione, l’editoria, l’educazione, l’industria dell’apprendimento” osservando come “in una realtà e in una politica culturale così povere quali quelle correnti in Italia, le possibilità offerte da una azienda operante in termini e con mezzi industriali e garantita dal controllo pubblico sono quasi illimitate: non profittarne, pur nel rispetto delle regole del gioco e degli equilibri su cui la Rai vive, ci sembrerebbe quasi incomprensibile”(6).
Mutatis mutandis oltre mezzo secolo dopo questa valutazione andrebbe altresì autenticamente interpretata come una sorta di dichiarazione d’intenti espressa dai tre saggi per il futuro del servizio pubblico: apparentemente quasi lapalissiana in un’ottica imprenditoriale e di sviluppo, la valutazione espressa 53 anni fa può costituire la premessa della vision per il nuovo servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni.
In effetti la piattaforma Rai Play è stato il punto di partenza del processo di trasformazione della Rai da broadcaster puro in Media company di servizio pubblico, in grado di operare su diverse piattaforme (radiodiffusione terrestre, satellitare, over-the-top, secondo differenti modelli di offerta e di business, proponendo contenuti e servizi e costruendo una relazione diretta (attraverso un canale di acquisizione e trasmissione dati con i propri clienti). Si tratta di un passaggio strategico e culturale, che ha comportato profonde conseguenze su tutta la filiera aziendale. Destinato ad aprire nuovi e promettenti orizzonti
Un nuovo paradigma per la Rai del Terzo Millennio: da broadcaster a orchestratore di eccellenze nei distretti digitali
Infocivica (Associazione che pubblica Democrazia futura), insieme all’Università del Molise e all’Acquario romano, sede dell’ordine degli architetti della capitale, a metà degli anni Dieci ha promosso la Comunità di Pitagora, che, sulle orme di Adriano Olivetti e di Massimo Fichera, ibridando saperi tecnici e letterari, artistici ed imprenditoriali, si proponeva di sperimentare questo nuovo paradigma per la Rai del terzo millennio: da editore di servizi radiotelevisivi lineari a orchestratore ibrido di servizi editoriali e di contenuti d’eccellenza su reti sociali partecipative.
Nell’era crossmediale lo sviluppo del socialnetworking, ovvero di una circolazione di prodotti e servizi veicolati da tanti luoghi fisici ed indirizzata verso ogni utente collegato, modifica i paradigmi della comunicazione, circoscrivendo il ruolo esercitato tradizionalmente dal broadcaster radiotelevisivo ed assegnando una nuova missione al servizio pubblico in una logica di sussidiarietà.
E’ arrivato il momento – quando la lunga crisi pandemica è ancora in corso – di riprendere questo progetto, lanciando una proposta praticabile non appena si sia raggiunta la cosiddetta immunità di gregge: realizzare una sorta di anteprima altamente spettacolare che prefiguri questo nuovo servizio pubblico cross mediale, un’altra televisione a fruizione collettiva e partecipativa dal vivo in piazze, teatri, auditori, e aule magne delle nostre scuole e delle nostre città.
I distretti territoriali possono diventare il motore di questo nuovo processo di comunicazione, assegnando un importante ruolo delle istituzioni pubbliche locali e ai fornitori territoriali di contenuti che potrebbero essere in qualche modo “ordinati” da un servizio pubblico più circoscritto nella sua attività di broadcaster e di produttore di contenuti e sempre più attivo in un ruolo di “impresario” e di “orchestratore” di centri di eccellenza territoriali interconnessi grazie alla rete.
In Italia l’eccellenza musicale e teatrale, l’eccellenza scientifica e accademica, dalla moda dall’arte e dal design, possono essere esposte e declinate in una moderna enciclopedia cross mediale (7) coordinata da un nuovo servizio pubblico al contempo broadcaster e social network, capace di realizzare nuove forme di palinsesto pensate non esclusivamente per raggiungere in maniera lineare o interattiva le utenze domestiche ma anche per alimentare nel territorio, in una prospettiva di social networking, determinati luoghi fisici di fruizione collettiva (teatri, auditori, sale concerto, anfiteatri accademici, piazze, …), proponendo eventi dal vivo alimentati da contenuti live ripresi in altri luoghi collettivi.
Pensiamo così in Italia ad un servizio pubblico di tipo crossmediale che dia vita ad una moderna enciclopedia crossmediale non generata spontaneamente dagli utenti come Wikipedia né abbandonata al suo destino e sapientemente recuperata da aggregatori di contenuto come la piattaforma YouTube di Google, ma orchestrata, coordinata e certificata da un nuovo servizio pubblico incaricato di definire standard (format editoriali, specifiche tecnologico-produttive), policies di tutela e cronologie di sfruttamento dei diritti di voci convalidate da un autorevole Consiglio Scientifico; ad un servizio pubblico che rappresenti una nuova grande agenzia informativa, educativa e di intrattenimento e in grado di valorizzare una vasta gamma di prodotti e servizi di una televisione a utilità ripetuta, una sorta di stock TV custodita in nuovi appositi repository digitali capace di replicare e superare il modello di Netflix per contenuti culturali di nuova produzione e di repertorio.
Da produttore in casa a orchestratore, promotore e veicolo instradatore di contenuti di eccellenza nei territori su nuove reti sociali. Le nuove stagioni musicali e teatrali con compagnie di giro virtuali
Pensiamo quindi ad una Rai che affianchi alla propria produzione di contenuti di informazione, educazione e di programmi ad utilità immediata, un ruolo di coordinamento, promozione e valorizzazione di una vasta gamma di prodotti e servizi di una televisione a utilità ripetuta, una stock tv di magazzino destinata ad essere custodita in nuovi appositi depositi digitali (8).
Tali prodotti e servizi, realizzati secondo principi di eccellenza definiti attraverso precisi indicatori e parametri e in una logica di sussidiarietà, assegnerebbero al servizio pubblico un ruolo di carrier instradatore di contenuti di eccellenza provenienti dalle nostre centocittà, “veicolo di collegamento e di connessione” delle istituzioni culturali, di “fiancheggiatore” dei sovrintendenti nel coordinamento delle strategie di orchestrazione dei contenuti e dei palinsesti degli eventi sia promossi da soggetti locali terzi con il contributo di soggetti e sponsor privati (ad esempio chi organizza sfilate di moda o concerti) sia su iniziativa diretta delle istituzioni locali medesime (assessori al turismo, allo spettacolo, alle fiere, eccetera).
Nella fattispecie – seguendo quanto avviene con il circuito di sale cinematografiche digitali collegate via satellite o via rete a fibra ottica – è plausibile poter alimentare nuove stagioni di spettacoli teatrali, musicali ed altri eventi dal vivo – con eventi e spettacoli diffusi in altissima qualità sonora e video. L’attrezzatura di queste sale con apparati tecnologici adeguati a riprese di alta qualità.
Il collegamento up link del segnale degli eventi prodotti, da un lato e per la ricezione e fruizione dall’altro possono consentire infatti una sorta di pay per view theatrical, ovvero in sala, attraverso un abbonamento stagionale al ciclo di eventi sotto forma di season ticket o il pagamento “à la carte” per eventi speciali nell’ambito di festival, rassegne ad hoc.
Verrebbe dunque a realizzarsi una forma originale di socialnetworking pensato sostanzialmente per una circolazione di eventi dal vivo da tanti luoghi fisici verso altrettanti luoghi fisici, ovvero per fruizioni collettive di prodotti alimentati in rete e realizzati secondo principi di sussidiarietà.
Basti pensare al contributo che questi eventi possono fornire da un lato ad una nuova vasta gamma di collane editoriali di eventi musicali e teatrali fruibili su vari supporti elettronici, dall’altro per alimentare grandi musei virtuali dei beni culturali in senso lato e non solo dello spettacolo dal vivo.
Proprio questo se non abbiamo capito male, è il senso del progetto della “Netflix italiana della cultura” e, se così è, non si comprende davvero per quale ragione la Rai non debba essere al centro di questa nuova grande iniziativa per rilanciare le industrie culturali deboli.
Eventi dal vivo fruibili con una piattaforma/social network che collega grandi spazi collettivi di fruizione di spettacoli teatrali e musicali costituirebbero un formidabile veicolo di promozione nel mondo dei nostri giacimenti culturali, del nostro variegato territorio, del nostro genio artistico, creativo, musicale e drammaturgico nonché dei prodotti della nostra cultura materiale e, al contempo, uno strumento guida appropriato per attirare milioni di turisti dopo la riapertura delle nostre frontiere.
Per fare ciò è necessario utilizzare la leva tecnologica per veicolare prodotti di alta qualità tecnica, tramite il consolidamento dello standard HD e, in prospettiva, lo sviluppo di nuovi standard tecnologici di alta qualità (3D, 4K, 8K), tramite le varie piattaforme tecnologiche (terrestre, satellite, OTT).
Sulla base del processo di convergenza in atto dei sistemi di comunicazione e delle tecnologie broadcasting e broadband – di cui abbiamo abbondantemente parlato nel nostro Focus di approfondimento sulle reti a banda larga e ultra larga (9) -, è necessario definire un paradigma che tenga conto di tale evoluzione, identificando uno scenario evolutivo che si basa su un modello funzionale che veda non solo il singolo utente ma anche l’edificio che ospita spettacoli dal vivo al centro di un sistema integrato di comunicazione, che lo rende sempre connesso (always connect) ed interattivo, in ogni caso “acceso” funzionante ogni volta che ciò si renda necessario.
Il valore degli archivi per rilanciare nella Grande Tela Multimediale lo spettacolo dal vivo dei nostri centri di eccellenza
L’Archivio Rai può da un lato fungere da coordinatore e orchestratore degli archivi delle nostre istituzioni culturali, dall’altro rappresentare un prezioso supporto per rilanciare e promuovere in rete la lunga tradizione dello spettacolo dal vivo, per fornire alle grandi platee internazionali svago e cultura per il tempo libero. Il teatro, il balletto, l’opera lirica hanno storicamente ben rappresentato l’offerta proposta nel corso del Novecento, prima dall’EIAR (10), poi dalla Rai – soprattutto nella stagione del monopolio – dai grandi concerti sinfonici della radio, al teatro del giovedì della televisione negli anni Cinquanta.
Con la dilatazione delle opportunità legate alla televisione in rete (anche sotto forma di abbonamenti pay per view e season tickets e della varietà dei modelli di business delle piattaforme SVoD), la Rai può tornare in prima linea e farsi promotrice del grande spettacolo culturale italiano, a cominciare dai centri di eccellenza milanesi come La Scala (11) e il Piccolo Teatro, che possono fare del dopo Covid – 19 attraverso un Piano Marshall, della cultura e dello spettacolo dal vivo la grande occasione di rilancio di un settore – quello delle industrie culturali deboli – che ha dato grande lustro a compositori, musicisti e commediografi italiani in tutto il mondo.
Con un ruolo editoriale attivo di selezione al dettaglio di prodotti di tanto di nicchia quanto di eccellenza provenienti da tutta la nostra Penisola e non di mero “operatore all’ingrosso” come quello operato dalla Cassa Depositi e Prestiti per alimentare la rete a fibra ottica di Open Fiber sulla quale sembrerebbe intenda veicolare una piattaforma dai contorni così incerti – almeno per ora – come sembra essere ITsART.
Telepalconet. Le ragioni della proposta di una diretta per lo spettacolo dal vivo dopo la pandemia
- Obiettivo generale è la realizzazione di un social network nel mondo reale prima che nell’universo virtuale, ponendo l’accento sul networking, il vero valore aggiunto del progetto. Riteniamo infatti che la condivisione in rete dei teatri e di altri luoghi per spettacoli dal vivo renda possibile una “rimaterializzazione” del mondo virtuale (12), ovvero faciliti nuove modalità di fruizione collettiva extradomestica (e non più solo individuale) di un’estesa gamma di prodotti e contenuti editoriali multiformi realizzati con vari format (mostre, eventi teatrali, musicali, opere filmate, recital, performance ecc.) derivanti dall’interazione nella rete ovvero dalla crossmedialità con il mondo esterno (13);
- Vogliamo dunque sperimentare i nuovi confini (o meglio i non confini) della comunicazione in rete (nonché ridefinire la missione del servizio pubblico – non solo informativa ma anche formativa ed educativa e perché no? di svago dei cittadini;
- Ci proponiamo altresì di assicurare tutti i cittadini senza discriminazioni qualsivoglia modalità di accesso e interconnessione alla rete, in quanto ciò è nel frattempo diventato uno dei diritti primari dell’uomo e della donna per assicurare a tutti senza discriminazioni un pieno sfruttamento di tutte le opportunità offerte dalla società dell’informazione e della conoscenza.
Rimane dunque da realizzare – ai tempi delle smart cities, dei droni e delle automobili prive di conducente – un grande sogno: quello di riportare lo spettacolo dal vivo anche nei teatri dei piccoli centri che, in un tempo ancora non troppo remoto, conoscevano ancora quella che continuiamo a definire per i teatri delle grandi città come la stagione, e beneficiavano allora di un ricco cartellone grazie all’arrivo in quelle piccole località – sia pure magari per una o poche repliche – di quelle che si chiamavano le compagnie di giro.
Una diretta streaming in rete ad altissima qualità audio e video in collegamento da un grande teatro italiano che svolga una funzione di hub e di pivot per un circuito di teatri anche lontani dai grandi centri.
Una proposta per il dopo pandemia
La Rai, riprendendo la cultura della sperimentazione avviata negli anni Ottanta da Massimo Fichera, e che ebbe un momento importante nella trasmissione in alta definizione delle partite del Campionato mondiale di calcio di Italia ’90 in alcune sale debitamente attrezzate nelle sue sedi regionali, – potrebbe organizzare questa diretta streaming al momento del raggiungimento dell’immunità di gregge e del congedo si spera definitivo dalla pandemia:
- consentirebbe una fruizione di uno spettacolo non solo nel luogo in cui si svolge dal vivo l’evento o da chi vi si trovi collegato attraverso un televisore domestico, un tablet o addirittura un telefonino attraverso Internet ma in un certo numero di sale interconnesse da definire;
- realizzata in ultra alta definizione tale diretta assicurerebbe nelle migliori condizioni tecniche una fruizione collettiva ed extradomestica dello spettacolo anche da remoto, in una sorta di tele-contiguità come se ci si ritrovasse spettatori di fronte alla scena in tutti i luoghi e gli spazi collettivi collegati all’hub centrale il cui si svolge dal vivo l’evento;
- come per il cinema, anche per il teatro e più in generale per lo spettacolo dal vivo nell’era dell’Internet delle cose, e quindi degli oggetti, degli edifici e delle città intelligenti, questa diretta streaming prefigurerebbe un social network di teatri, auditori, aule magne universitarie, anfiteatri interconnessi come TelePalcoNet, ossia un circuito di spazi collettivi di pubblico interesse (che potrebbe estendersi anche nella stagione estiva ad eventi organizzati in piazze, siti archeologici e, a fini promozionali turistici, nei borghi più belli e in altri luoghi (quali ad esempio quelli classificati come patrimoni e beni comuni per l’umanità) debitamente attrezzati per una fruizione in remoto come dal vivo di grandi eventi. Non solo esclusivamente per favorire il rilancio di un’importante filiera come quella rappresentata dai lavoratori dello spettacolo, quella del turismo oppure a scopi didattici, ma in primis per garantire una nuova coesione sociale e coesione culturale delle Centocittà del Belpaese.
Note al testo
(2) Angelo Zaccone Teodosi, “ItsArt, la ‘Netflix italiana della cultura’ rimanda il lancio a fine aprile (e forse riapriranno i cinema)”, Key4biz, 9 aprile 2021. Cfr. https://www.key4biz.it/itsart-la-netflix-italiana-della-cultura-rimanda-il-lancio-a-fine-aprile-e-forse-riapriranno-i-cinema/354931/.
(3) Angelo Zaccone Teodosi, “ITsART, le authority (Agcm e Agcom) benedicono la Netflix della cultura”, Key4biz, 9 marzo 2021. Cfr. https://www.key4biz.it/itsart-le-authority-agcm-e-agcom-benedicono-la-netflix-della-cultura/349322/. Si veda il testo della Delibera dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato dell’8 marzo n . https://www.key4biz.it/wp-content/uploads/2021/03/Agcm_Cdp-Chili_8.3.2021-1.pdf
(4) Angelo Zaccone Teodosi, “ITsART, partenza ‘low profile’ per la Netflix italiana della cultura”, Key4biz, 31 maggio 2021. Cfr. https://www.key4biz.it/itsart-partenza-low-profile-per-la-netflix-italiana-della-cultura/362799/.
(5)Sull’alleanza fra “chi posa i tubi” e “chi concepisce i programmi e i nuovi servizi” ovvero sulla necessaria “alleanza fra gli ingegneri e i saltimbanchi” preconizzata dall’allora neoministro della cultura dopo l’elezione di Francois Mitterrand all’Eliseo si veda Bruno Jobert, Pierre Muller, L’Etat en action. Politiques publiques et corporatismes, Paris, Presses Universitaires de France, 1987, 238 p. [in particolare le pp. 113-115].
(6) Gino Martinoli, Salvatore Bruno, Giuseppe De Rita, “Rapporto sulla Rai”, Mondo economico, Supplemento,5 aprile 1969
(7) Si veda la nostra presentazione del progetto di glossario: Bruno Somalvico, “Questo strumento”, Democrazia futura. Numero zero, ottobre-dicembre 2020, p. 155.
(8) Dotata di una piattaforma di rete CDN (Content Delivery Network) ovvero di una piattaforma di server altamente distribuita che aiuti a minimizzare il ritardo nel caricamento dei contenuti del web, tale piattaforma, come nel caso di Netflix, potrebbe ricorrere altresì ad una molteplice rete di PoP (Point of Presence) in grado di memorizzare nella cache una versione dei contenuti web medesimi, e ciò al fine di consentirne la consegna locale in tempi brevi.
(9) Si veda l’introduzione di Pieraugusto Pozzi e Bruno Somalvico, “La posta in gioco: tecnologie mercati imprese regole e PNRR a Oltre la rete unica: la via italiana alla connettività in queste stesso numero alle pp. 119-129. Cfr. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-oltre-la-rete-unica-la-via-italiana-alla-connettivita/360715/.
(10) Un concerto aveva aperto le trasmissioni ufficiali dell’URI nell’ottobre 1925. Il 16 ottobre 1928 l’EIAR mandava in onda il primo concerto radiofonico del complesso Abbado-Malipiero. I concerti per la stagione 1928-1929 saranno trasmessi il secondo e il quarto martedì del mese.
(11) La Scala fin dal 1996 ha iniziato a formare il suo archivio digitale e da ormai un decennio ha potenziato tutti i suoi siti avviandosi sulla strada della condivisione di un grande patrimonio collettivo. Nell’era del tutto digitale e in rete lo spettacolo dal vivo può diventare uno dei pezzi più pregiati delle nuove eidoteche, ovvero dei depositi digitali della televisione “immagazzinata” su nuvole e supporti digitali
(12) Le comunicazioni virtuali possono essere la matrice, a loro volta, per una rimaterializzazione degli spazi fisici reali, per modalità di fruizione in remoto di eventi live dal vivo. Su grande scala – ad esempio quella di un’area industriale dismessa – non si possono solo creare spazi espositivi fisici ma aree cross mediali attrezzate dotate di edifici intelligenti connessi fra loro ognuno generante e ricevente informazioni dall’altro a loro volta depositate in una nuvola, nel nuovo deposito digitale della società dell’informazione e della conoscenza. Architetti ed urbanisti insieme a ingegneri ed artisti, produttori e impresari, sceneggiatori e drammaturghi, pianificatori e regolatori territoriali, creatori e programmatori informatici, possono creare una nuova comunità di missionari del servizio pubblico eseguendo le prove generali di un nuovo “concerto” capace di esaltare il genio creativo artistico musicale, teatrale e architettonico italiano.
(13) L’era delle comunicazioni cross mediali digitali interattive e del socialnetworking consentono pertanto modalità di trasmissione a distanza anche per spettacoli teatrali classici destinati ad essere fruiti negli stessi luoghi collettivi per i quali erano stati originariamente concepiti. Consentono ai teatri e agli auditori se adeguatamente attrezzati di beneficiare di tante caratteristiche storicamente acquisite dalla televisione, quali l’universalità e la capillarità della sua penetrazione nel territorio, ponendo lo spettacolo dal vivo al centro di una grande rete sociale di comunicazione.