Frequenze Tv: ai broadcaster o alle telco? Per Agcom ‘Tv importante, ma tlc determinanti’. Botta e risposta Confalonieri-De Benedetti

di Alessandra Talarico |

Corrado Calabrò su newco per NGN: No a costruzioni barocche destinate a fare la fine della nave svedese Wasa, affondata subito dopo il varo 'perché troppo pesante in cima rispetto al baricentro'. La CDP disposta a investire.

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Carlo De Benedetti - Fedele Confalonieri

Il dividendo digitale, ossia le frequenze lasciate libere dal passaggio alla Tv digitale, è un tesoretto che fa gola a diverse industrie, ma l’Authority italiana per le tlc, sulla base delle indicazioni della Commissione europea, sta accelerando la loro assegnazione ai servizi mobili, per garantire un ulteriore sviluppo della banda larga ed evitare il collasso delle attuali infrastrutture, gravate da un traffico cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Mentre il presidente Calabrò sottolineava che Agcom sta facendo di tutto per assegnare alle tlc 71 MHz sulla banda degli 800 MHz sui canali da 61 a 69 – “La Tv è importante, ma le telecomunicazioni sono determinanti”, ha detto –  la questione delle frequenze che si libereranno in seguito al passaggio al digitale è stato al centro del botta e risposta tra due pesi massimi del mercato media italiano: il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri e il presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso,  Carlo De Benedetti.

Secondo quest’ultimo, bene ha fatto la Commissione europea a indirizzare i governi verso la destinazione di tali importanti risorse all’industria del wireless: i nuovissimi dispositivi ‘tablet’ per la connessione mobile a internet – di cui l’iPad è il principale rappresentante – sarebbero infatti molto più efficaci della televisione per la crescita della società. “Il problema – ha spiegato De Benedetti – è la banda: le frequenze sono un bene limitato e per raggiungere l’obiettivo europeo bisognerà che qualcuno dia quel bene alla collettività,  per il suo miglior uso, per l’informazione”.

La Ue, di fatto, ha deciso che dal 1° gennaio 2013, una parte dello spettro lasciato libero dalla Tv analogica – la sottobanda 790-862 MHz (ovvero le onde che coprono lunghe distanze e possono attraversare gli edifici) – dovrà essere destinata all’introduzione di nuovi servizi wireless, così da poter conseguire l’obiettivo di garantire al 100% della popolazione Ue la copertura in banda larga veloce entro il 2013, apportando al contempo vantaggi sia ai fornitori di servizi e ai fabbricanti di apparecchiature – che potranno svolgere le loro attività a livello transfrontaliero – sia per i consumatori in viaggio, per i quali sarà più semplice utilizzare i servizi di roaming. Un approccio analogo ha costituito la base per l’affermazione dei cellulari GSM negli anni Novanta.

 

Una decisione che secondo Confalonieri, invece, è ‘penalizzante‘.

“La proliferazione delle offerte, la quantità maggiore di banda necessaria per le trasmissioni in alta definizione, richiederà maggiore disponibilità di banda per gli operatori digitali terrestri” e in questo contesto – ha detto il presidente Mediaset –  “…l’ipotesi di liberare per la gara rivolta ai servizi mobili, uno spicchio importante di spettro televisivo comporta per la Tv  un’ulteriore contrazione di spazio fisico disponibile e rischia di essere penalizzante per la competitività della piattaforma digitale terrestre”.
Per Confalonieri, dunque, i dettami europei dovrebbero essere ‘almeno’ coordinati  “con le esigenze dei broadcaster di sperimentare ed attuare nuove tecnologie diffusive e soprattutto con l’utilità vera dei servizi che gli operatori di Telco offrirebbero ai consumatori”.
 

De Benedetti e Confalonieri si sono invece trovati d’accordo circa l’importanza per il sistema-Paese degli investimenti sulla banda larga di nuova generazione.

Per il primo, le autostrade dell’informazione sono più importanti di quelle fisiche e, dal momento che “non si può concepire la trasmissione di contenuti digitali se non via fibra”, è dunque di fondamentale importanza investire per rendere le infrastrutture a banda larga più sicure, efficienti e accessibili.

Ma, ha osservato ancora, “…le telco oggi non hanno più soldi per investire, le hanno indebolite comprandole”. Chi si accollerà, dunque, gli investimenti?.

Mentre De Benedetti ha avanzato l’idea di una fiscalità di genere o una fiscalità specifica, “come è stato fatto con il Cip6 nell’ambito energetico”, Confalonieri si è invece tirato fuori – “Mediaset è solo spettatrice”, ha detto, aggiungendo tuttavia che  “…l’infrastruttura di rete è cruciale per lo sviluppo economico del Paese e per la competitività delle nostre imprese, soprattutto medio-piccole e deve avere nell’impulso della politica di governo il driver più forte”.

Pur non ritenendo che l’Iptv “sia il driver della domanda di banda o un driver tale da rendere di per sé remunerativi gli investimenti necessari” per la realizzazione della NGN, Confalonieri ha quindi spiegato che comunque Mediaset “sarà interessata ad utilizzare per le sue offerte anche la banda larga, e che questa dovrà essere disponibile indiscriminatamente a parità di condizioni per tutti gli operatori”.

 

Anche Paolo Bertoluzzo, Ad di Vodafone Italia, ha sottolineato che per la NGN serve “un’operazione di sistema”, sostenuta  “da regole per la migrazione alla fibra che dicano chiaramente che la rete deve essere aperta”.

Sul tema della creazione di una società comune per lo sviluppo dell’NGN – idea riproposta ieri dal presidente Antitrust Antonio Catricalà – si è quindi espresso ancora Calabrò, secondo cui si tratta di una ‘costruzione barocca’ destinata a fare la fine della nave svedese Wasa, affondata subito dopo il varo “perché troppo pesante in cima rispetto al baricentro”.

Il numero uno di Agcom ha osservato che non si può costringere Telecom Italia a cedere la rete, né ci sono i soldi per espropriarla. Per questo, l’unica strada percorribile è quella di agire in modo diverso in base alle aree geografiche, così come suggerito anche dalla Commissione europea. Nelle aree remunerative, dunque, può operare il mercato, ed è quello che già sta succedendo nelle principali città italiane, dove gli operatori stanno ciascun realizzando progetti individuali. Discorso a parte per le aree a media e bassa densità: per le prime – sulla base anche del memorandum of understanding uscito dal Tavolo con Paolo Romani – si dovrà realizzare una sola rete, presumibilmente con la partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti che ha rinnovato la propria disponibilità a investire purché su una sola infrastruttura e con qualche certezza in più sul ritorno economico di lungo periodo. Nelle aree a bassa remunerazione, ha detto infine Calabrò, non c’è alternativa: “Lo Stato deve scucire perché quegli 800 milioni di euro che sono stati congelati, sono stati congelati al sole e si sono squagliati, e sono diventati 100 milioni”.

 

Sul versante dei contenuti, quindi, Carlo De Benedetti si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, ammettendo di nutrire “ammirazione e, sinceramente, invidia” per Google, ma sottolineando anche che la società, dovrebbe smettere di “trarre profitti colossali da contenuti che prende da noi e che a noi costano”.

Google, ha aggiunto, “…raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, ma veicolando i nostri contenuti’.

“Regaliamo un traffico pazzesco agli operatori di comunicazioni con il fatto che si scaricano dati. Noi diamo traffico e loro non ci dicono neanche grazie ma dovrebbero dire, come si dice in queste circostanze, un grazie sentito”, ha continuato De Benedetti, ricordando che in questo contesto è stato chiesto  l’avvio di una procedura di infrazione da parte dell’Antitrust italiano.

Secondo De Benedetti il modello da replicare è quello dell’iTunes di Apple, basato sulla condivisione dei profitti: “…non si può prendere e utilizzare una cosa e non pagarla”, ha concluso.

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