Pandemia

Cina e Covid: app di tracciamento e telecamere per tornare liberi. Il paradosso della sorveglianza digitale

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Come il grande Pase asiatico ha sconfitto la pandemia (per il momento) sacrificando le libertà individuali e collettive, attraverso una rete sterminata di applicazioni mobili e videocamere che tracciano e controllano ogni movimento. Una nuova frontiera inaugurata da Pechino: la sorveglianza emotiva e degli stati d’animo.

Nell’ultimo anno in Cina, secondo dati ufficiali di Pechino, non ci sono stati più di 100 casi al giorno di SarsCovid-19. Un numero assolutamente esiguo, se si pensa a quanto è grande il Paese e al fatto che i suoi abitanti raggiungono ormai la soglia di 1, 4 miliardi.

Se tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 la Cina era l’epicentro della grande pandemia globale di Covid-19, oggi la situazione si è del tutto rovesciata e i suoi cittadini sono invece liberi di muoversi, lavorare e studiare, esattamente come prima, o quasi.

La Cina traccia tutti per sconfiggere il virus

Fin dall’inizio tutti sapevano che per evitare il peggio era fondamentale tenere conto dei movimenti e soprattutto dei contatti che si verificavano tra persone sane e contagiate. Sostanzialmente bisognava tracciare gli individui.

Per questo scopo si svilupparono delle applicazioni mobili, ma se in Europa e Stati Uniti tale proposito è naufragato abbastanza presto, in Cina le cose sono andate molto diversamente.

Oggi nel grande Paese asiatico ci sono una miriade di applicazioni finalizzate alla raccolta di dati sugli spostamenti delle persone, i luoghi frequentati (accessi ad edifici e locali) e i contatti.

Ad esempio, ha raccontato il giornalista dell’Agence France-presse Sebastien Ricci in un lungo resoconto per Internazionale, il celebre social WeChat (versione locale di WhatsApp) fornisce un QR Code sanitario (utilizzabile come il nostro Green Pass) che bisogna sempre mostrare prima di entrare in un qualsiasi luogo: codice verde si entra, codice rosso si finisce in quarantena.

Addio alla privacy

Facile, facile, senza troppi problemi di privacy e trattamento dei dati personali, di cui in Cina pochi si curano e che il Governo minimizza (anzi, mai tanti dati sono stati concentrati nelle sue mani relativi alla popolazione, che in questo modo è costantemente controllata e sorvegliata).

Come ha spiegato il giornalista, per i cinesi le app di tracciamento “sono il prezzo da pagare per riavere la propria libertà dopo le restrizioni legate al virus. Un incredibile paradosso, che ci obbliga a rileggere e reinterpretare il nostro presente.

Non si tratta di un vero e proprio obbligo, nessuno con la forza è costretto ad identificarsi e verificare il proprio status di salute ogni volta che va in banca, al ristorante, in albergo, al centro commerciale, in un ufficio pubblico, al cinema o al museo, in una stazione dei treni o all’aeroporto, semplicemente se non mostri il tuo QR Code non entri da nessuna parte.

Ne consegue che ogni mattina è meglio verificare sempre che la batteria del proprio smartphone sia sufficientemente carica, perché è l’unico strumento che permette a questi cittadini di uscire di casa, muoversi e sbrigare semplici faccende quotidiane, e soprattutto di ritornarci.

In caso non si abbia uno smartphone dotato di fotocamera per l’uso del QR Code nessun problema, si va in giro con un pass appeso al collo in cui si indica provenienza e generalità relative all’identità del soggetto.

Il paradosso della sorveglianza elettronica per tornare liberi

Sembra tutto facile, quindi, ma appare anche piuttosto inquietante immaginarsi costantemente sottoposto a sorveglianza, tra applicazioni che tracciano gli spostamenti e telecamere di controllo in ogni via, incrocio ed edificio.

Perché tutta questa necessità di controllo della popolazione? In fondo il problema è antecedente alla pandemia, è qualcosa che viene da lontano, di cui si parla da anni e che ora, proprio grazie all’emergenza sanitaria, sembra assumere proporzioni da romanzo distopico.

A fine 2020 si contavano più di 600 milioni di sistemi di telecamere e videocamere di sorveglianza in tutta la Cina. Una telecamera ogni due abitanti (rispetto a una ogni sei negli Stati Uniti e una ogni 11 a Londra, che è tra le città più video sorvegliate al mondo dopo quelle cinesi, con 68 mila occhi elettronici ogni 1000 abitanti).

La Cina inaugura il controllo emotivo

Oggi in Cina c’è l’obbligo di riconoscimento facciale per chiunque possieda uno smartphone e ora spunta una nuova tecnologia per il controllo delle emozioni e degli stati d’animo delle persone. Le prime applicazioni sono state effettuate in 300 tra prigioni, centri di detenzione e strutture di custodia, con un network interno di circa 60 mila telecamere digitali in grado di rilevare appunto emozioni e stati d’animo degli internati.

Ulteriori applicazioni saranno estese alle scuole e ai centri per anziani, poi sarà la volta dei centri commerciali. La scusa ufficiale è che in questo modo si potrebbero evitare incidenti e situazioni pericolose per la comunità, ma in molti cominciano a chiedersi cosa ci sia davvero dietro a questa corsa ai dati legati alla nostra sfera più intima e privata, quella emotiva.

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