Privacy: esperti Facebook a lavoro per bloccare la trasmissione illecita di dati. Anche la politica chiede chiarimenti

di Antonietta Bruno |

E mentre la Cassazione accoglie i ricorsi per il divieto del suo utilizzo a persone colpite da misure restrittive, la Tornante Company di Michael Eisner si prepara al debutto di 'Fametown', il nuovo gioco online dedicato ad aspiranti attori.

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Facebook ammette le sue ‘colpe’ circa la trasmissione, attraverso il noto social network, di informazioni personali degli utenti a dozzine di società pubblicitarie e di data mining, affermando di avere avviato già una serie di interventi per risolvere al più presto l’increscioso problema denunciato appena due giorni fa dal Wall Street Journal. L’autorevole quotidiano, infatti, in seguito ad una indagine giornalistica, ha scoperto che ad essere coinvolti in questa rivendita di dati, sono state decine di milioni di utenti del social network compresi quelli che hanno settato con più attenzione le impostazioni sulla privacy.

 

Una questione di non poco conto che, com’era doveroso, ha allertato i vertici di Facebook che pare abbiano già contattato gli sviluppatori software per trovare un modo rapido e sicuro di correggere il problema, che riguarderebbe le applicazioni più popolari del social network tra cui  i giochi Farmville e Mafia Wars. Applicazioni incriminate proprio per la trasmissione di user ID e informazioni sugli utenti e i loro amici a società di marketing o di pubblicità via internet.

La società ha cercato di minimizzare l’entità del ‘disagio’ dichiarando alla stampa che il problema sollevato dal Wall Street Journal è meno grave di quello denunciato. “La conoscenza di uno user ID non consente a nessuno di accedere a informazioni private senza l’assenso esplicito degli utenti”.

 

Nel frattempo, due membri della Camera dei Rappresentanti – Edward Markey e Joe Barton – hanno scritto a Mark Zuckerberg per avere maggiori dettagli sulle applicazioni del social network e comprendere l’entità della violazione della privacy. Già lo scorso mese di agosto, Markey e Barton evidenziavano il problema riscontrato sulle pratiche di raccolta dati messe in atto da 15 diversi siti legati a Facebook. Alla domanda, non seguì però nessuna risposta immediata, fino a tre giorni fa quando Joe Barton, ha spiegato: “Nella maggior parte dei casi, gli sviluppatori non hanno intenzione di trasferire l’informazione, ma lo fanno a causa delle caratteristiche tecniche dei browser. Facebook è  comunque impegnato a garantire che anche il passaggio involontario di user ID venga evitato e che tutte le applicazioni funzionino in conformità con la politica aziendale”.

 

Anche Vernal, dunque, ha minimizzato i potenziali rischi scrivendo che conoscere l’ID di un utente “non permettere a chiunque di accedere alle informazioni private degli utenti stessi senza che ci sia il consenso esplicito di questi ultimi”. Ma il caso, non finisce con le sole rassicurazioni e Facebook, che ha già dato incarico ai suoi uomini di eliminare ogni problema che cozzi con le direttive di tutela dei dati personali e sensibili, il prossimo 27 ottobre dovrà presentarsi presso le autorità competenti per chiarire quali e quanti sono i potenziali utenti colpiti da questa grave violazione.

 

Facebook ‘amico-nemico’ degli utenti di tutto il mondo, dunque, ma anche mezzo indispensabile per comunicare alla ‘nuova maniera’, anche se a volte, diventa pericoloso e non soltanto in materia di privacy. Del suo ‘abuso’ si è occupata recentemente anche la Cassazione che ne ha vietato l’uso a chi si trova agli arresti domiciliari. “Niente Facebook per chi si è macchiato di qualche crimine, ma solo internet a scopo conoscitivo senza entrare in contatto con altre persone”.

Questa la sentenza dei magistrati, che hanno accolto il ricorso del sostituto procuratore di Caltagirone che chiedeva la custodia in carcere per un indagato che, ai domiciliari, comunicava sul social network nonostante avesse la prescrizione di limitarsi ai contatti con i soli familiari conviventi. “La moderna tecnologia – spiega la Cassazione – consente oggi un agevole scambio di informazioni anche con mezzi diversi dalla parola, tramite web e anche tale trasmissione di informazioni deve ritenersi ricompresa nel concetto di comunicazione, pur se non espressamente vietata dal giudice, dovendo ritenersi previsto nel generico ‘divieto di comunicare’ il divieto non solo di parlare direttamente, ma anche di comunicare attraverso altri strumenti, compresi quelli informatici, sia in forma verbale che scritta o con qualsiasi altra modalità che ponga in contatto l’indagato con terzi”.
Per quanto riguarda la violazione del divieto di comunicare, i supremi giudici aggiungono che “deve essere provata dall’accusa e non può ritenersi presunta dall’uso dello strumento informatico”.

 

Tra buono e cattivo tempo, Facebook si fa comunque strada e non rinuncia a lanciare nuovi giochi e applicazioni: dopo contadini e gangster ‘virtuali’, arriverà a breve anche ‘Fametown‘, nuovo gioco per aspiranti attori che vogliono diventare star di Hollywood. A riportare la notizia, stavolta curiosa e gradita a molti, è il New York Times. Il nuovo social game, che debutterà in rete nel prossimo mese di novembre e darà ai giocatori la possibilità di scegliere quale attore interpretare per ‘scalare la via del successo’ guadagnando punti attraverso provini con un cast e un regista virtuale, è stato realizzato da Diversion, una start-up di Los Angeles il cui unico investitore è l’ex amministratore delegato della Walt Disney, Michael Eisner che, dopo il suo distacco dalla Disney avvenuto nel 2005, e dopo una serie di ‘flop’ cinematografici e pesanti critiche sul suo operato, con la sua Tornante Company ha avviato uno studio che produce video per internet, e Fametown segnerà ora il suo debutto ufficiale nel  ricco mercato dei videogiochi online.

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