Musica: in Italia il settore digitale sbaraglia quello tradizionale che registra un calo del 25%

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Secondo il rapporto sull'economia della musica curato della Fondazione Università Iulm, nel 2009 il fatturato del settore è stato pari a 3,7 miliardi di euro.

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Musica digitale

La Fondazione Università Iulm, nell’ambito del progetto di osservazione permanente del sistema musicale italiano, ha presentato presso la propria sede, il rapporto 2010 sull’economia di settore. Una attenta fotografia improntata sulle dinamiche evolutive sia in termini di trend che di flussi economici generati, e che ha messo in evidenza come nel 2009, il fatturato del settore sia stato pari a 3,7 miliardi di euro – circa il 9% in meno rispetto al 2008 – “Una diminuzione – hanno precisano gli analisti – dovuta al più generale crollo dei consumi”.

 

Secondo lo studio, infatti, le vendite dei dischi vanno a picco – la vendita dei dischi è calata del 25% – ma il ‘sistema musica’ in Italia è vivo e vegeto grazie al comparto del digitale e ai diritti  delle canzoni trasmesse nei negozi e nei centri commerciali.

Fondamentale in questo quadro, è apparso il contributo dei diritti Siae e di quelli discografici relativi alla musica diffusa in attività commerciali e pubblici esercizi come bar, ristoranti, centri commerciali e alberghi.
 

La musica digitale, in particolare, rappresenta il settore più promettente: nel 2009 le vendite hanno fatto registrare un valore complessivo di 44 milioni di euro e una crescita del 13% rispetto all’anno precedente: se aumentano le canzoni singole scaricate (+ 11%), ancora più importante è il dato relativo al downloading legale degli album, cresciuto in un anno del 32%.

Rispetto al 2008 diminuisce considerevolmente la percentuale di suonerie per telefonini scaricate (- 42%) ma è sempre più rilevante il flusso generato dagli ‘streams’ su YouTube: il pagamento alle case discografiche, infatti, viene fatto ogni volta che si clicca per vedere un video sul celebre sito web.
Secondo solo alla musica digitale, e’ il settore della raccolta dei diritti relativi alla diffusione di brani nelle attività commerciali e nei pubblici esercizi, come ad esempio le sale di attesa dei dentisti o le canzoni diffuse dagli altoparlanti dei centri commerciali. Con un incremento del 9% e un fatturato di 71 milioni di euro, l’impennata di questo comparto dimostra la crescente consapevolezza, da parte degli operatori professionali, circa l’obbligatorietà del pagamento dei diritti.

 

Il segmento ‘attività commerciali e pubblici esercizi’ però è l’unico a crescere nell’ambito della cosiddetta ‘Musica sparsa’ ovvero, quella diffusa all’interno di attività economiche (ludiche o ricreative): il fatturato generato dalla radio è sceso, infatti, dell’8% così come quello prodotto dai diritti televisivi, mentre il fatturato generato dalle discoteche ha subito ‘la tenuta del sistema musica.

“Buona poi, anche se la filiera sta attraversando una profonda rivoluzione che terminerà tra 5 anni – ha commenta Luca Barbarito, professore associato di Economia all’Universita’ Iulm e coordinatore della ricerca – Le vendite del mercato digitale non compensano ancora le perdite del mercato fisico. A questa filiera occorrerebbe una riforma strutturale nel comparto dei diritti la cui gestione diventerà sempre più rilevante. Una semplificazione ma allo stesso tempo un maggior rigore nei meccanismi di tutela degli stessi, aiuterebbero nella generazione di un maggior valore per tutti’.

 

“I dati del Rapporto Musica riflettono una realtà caratterizzata da una profonda evoluzione nelle modalità di fruizione di musica, paragonabile ad un vero e proprio ‘mutamento climatico’ che ha contribuito a ridisegnare il profilo del mercato – ha aggiunto Saverio Lupica, presidente di Scf Consorzio fonografici – Oggi i flussi economici generati dai ‘diritti discografici’ rappresentano una voce sempre più rilevante nell’economia delle case discografiche; per molte di queste imprese, costituiscono la fonte principale di ricavi”.
 

Per Paolo Franchini, segretario generale della Federazione editori musicali “la musica rappresenta un patrimonio importante e un settore fondamentale della produzione culturale del nostro paese” e “il rapporto sull’economia della musica, abbracciando l’intero universo produttivo di questo settore, è uno strumento indispensabile di analisi per chi vuole contribuire allo sviluppo dell’Industria Musicale in Italia”

 

‘Un quadro integrato e complessivo del mercato della musica in Italia e uno strumento fondamentale per comprendere la complessità socio-economica del fenomeno musica – afferma altresì Giorgio Assumma, presidente della Siae, aggiungendo che – per il 2009 il rapporto evidenzia come la maggior parte dei diritti d’autore derivi dalle pubbliche esecuzioni, quasi 94 milioni di euro, con un incremento del 2,4% rispetto al 2008 e sempre meno dai diritti derivanti dalle vendite dei supporti. E’ fondamentale in questo ambito il lavoro svolto dalla Siae, con i suoi 650 punti territoriali sparsi in tutta Italia. Il settore più promettente di tutto il sistema musica è però quello digitale: i diritti incassati dalla Siae per le utilizzazioni di musica online sono aumentati del 17% rispetto al 2008 e si prevedono ulteriori incrementi. Nel mese di luglio la Siae ha firmato un importante accordo con YouTube, per assicurare agli autori e agli editori un compenso che tiene conto dell’intensità di utilizzo delle loro opere sulla popolare piattaforma”.

 

Il presidente di Dismamusica Claudio Formisano ha invece concluso dicendo che “I dati relativi al 2009 rivelano una sostanziale tenuta del comparto degli strumenti musicali, ma non possiamo trascurare il fatto che questa tenuta di segno positivo, assume un significato diverso in una visione di più ampio respiro del mercato. I quattro anni precedenti al 2009 sono stati infatti caratterizzati da un ben più rilevante trend di crescita. Per recuperare la sua spinta alla crescita, il nostro settore è chiamato a generare senza soluzione di continuità progetti e iniziative tesi a superare il momento di stasi attuale”.

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