Dal 2016 il dominio .cloud è accessibile a tutti nel mondo, dal 2019 anche in Asia, diventando sempre più famigliare ad aziende, professionisti e anche semplici cittadini.
Sono passati cinque anni dal suo lancio ufficiale a livello globale e oggi si contano oltre 210 mila registrazioni attive.
Il dominio .cloud nel mondo
Di queste, ne abbiamo 80 mila in America e 25 mila in Asia. In Europa è l’Italia il paese con il maggior numero di registrazioni del dominio .cloud, 40 mila nella sola Italia, 15 mila sia in Germania, sia in Francia, 10 mila circa nel Regno Unito.
È stata Aruba ad aggiudicarsi il dominio di primo livello .cloud nel 2014, approfittando della liberalizzazione dei nuovi nomi di dominio decisa dall’Icann, con il fine di valorizzare uno dei servizi di maggior rilievo degli ultimi anni, il cloud.
Aruba è cloud provider di primo piano in Italia ed in Europa, anche nel settore dei servizi di data center, web hosting, e-mail, PEC e registrazione domini.
I domini di primo livello
Nel linguaggio informatico, il .cloud è un Top Level domain (TLD) appartenente alla categoria dei “New gTLDs” (New Generic Top Level Domain), cioè di quei domini nati in seguito alla liberalizzazione promossa da Icann nel 2012, che ha consentito alle singole aziende di promuovere e creare, sotto determinate regole, principi e garanzie, nuovi domini di primo livello personalizzati.
Il TLD offre informazioni molto rilevanti a chi naviga: .it identifica la nazionalità del sito o la provenienza geografica di un’azienda, ma anche dove si trova il pubblico a cui si rivolge, in questo caso italiano; .com, invece, informa il navigante sul tipo di attività economica in cui si cimenta un’azienda, come la vendita di servizi e prodotti nel settore del commercio.
Il .cloud identifica un settore economico ben specifico, cioè quelle startup e imprese, anche piccole e medie imprese, con forte vocazione innovativa e alto contenuto tecnologico, tra cui la fornitura di servizi cloud.
Crescita del cloud in Italia
Servizi che durante questa lunga pandemia di Coronavirus hanno segnato in Italia una crescita del +16% sull’anno precedente, secondo rilevazioni Anitec-Assiform, segnando di fatto un’evidente necessità di comunicare e di connettersi con gli altri, di essere sempre visibili e pronti all’interazione; esigenza resa ancor più evidente dalla crisi sanitaria che stiamo vivendo ormai da oltre un anno.
Secondo l’Istat, in Italia abbiamo assistito ad un vero e proprio balzo in avanti delle imprese che hanno utilizzato servizi cloud, passate dal 23% del 2018 al 59% del 2020.
Internet dopo la pandemia di Covid-19
Smart working, didattica a distanza, ecommerce, accesso a piattaforme di intrattenimento mediatico, per guardarsi film, serie tv ed eventi sportivi o televisivi, comodamente dal proprio divano, sono stati possibili proprio grazie al cloud.
D’altronde, oggi, i siti web non offrono più solo testi ed esperienze multimediali, ma tanto streaming di contenuti audiovisivi, principalmente è emersa l’esperienza della collaborazione online, delle video conferenze, dei webinar e delle video interviste, tutti servizi accessibili ad aziende e cittadini grazie allo sviluppo della nuvola.
Secondo uno studio Deloitte, tra il 2021 e il 2025, si stima che l’aumento dei ricavi del mercato cloud rimarrà superiore al +30%, in quanto le aziende adotteranno questa tecnologia per rispondere a una serie di sfide strategiche, come diventare più efficienti, più agili e più rapidi nell’introdurre innovazioni.