Italia
Reintegrare il contributo statale meglio noto come Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), attualmente ridotto a 288 milioni di euro – ripristinare le agevolazioni fiscali; l’approvazione entro dicembre da parte del Governo della legge dello spettacolo dal vivo (legge quadro già approvata dalla Commissione Cultura in cui è prevista la defiscalizzazione per le imprese che investono) e lo stop alla delocalizzazione delle produzioni cineaudiovisive. Sono queste le richieste al Governo Berlusconi degli oltre 250 mila lavoratori del settore cinema e spettacolo, scesi oggi in piazza per prendere parte alla giornata di mobilitazione nazionale indetta da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil contro, appunto, i tagli previsti nella finanziaria 2011 e che in Italia hanno già portato alla perdita di 150 mila giornate di lavoro.
Questo soprattutto perché nel nostro paese cresce il fenomeno della delocalizzazione delle produzioni all’estero per abbattere i costi. Strategie che penalizzano ulteriormente il settore e che per Giulio Scarpati, presidente del sindacato degli attori, significano “perdita di lavoro per attori, troupe, tecnici, perché quando si gira all’estero gli attori protagonisti sono italiani ma le maestranze vengono prese sul posto. La Rai per prima investe all’estero e non fa rientrare l’Iva e l’Enpals per i lavoratori”.
Tagli, anche indiscriminati, che per gli addetti ai lavori e i sindacati, altro non sono che un volere penalizzare un settore che “rischia di diventare un privilegio di pochi, sia a livello di fruizione che di produzione”, e questo nonostante la crescita, negli ultimi anni, di un buon 30%.
Il Governo però, non la pensa così e il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, continua a sostenere la sua tesi secondo cui “in questo Paese sotto il termine ‘cultura’ si è realizzato un grande imbroglio”. “Una cosa è la cultura, una cosa sono le rappresentazioni e una cosa è lo spettacolo – sottolinea il ministro – Lo Stato finanzia i beni pubblici. Non necessariamente finanzia i beni privati. La cultura è un bene pubblico e va finanziato. Lo spettacolo no”. “In passato – ha aggiunto Brunetta nel corso di un intervento televisivo improntato proprio sulla problematica dei tagli al Fus – sulla base di commissioni clientelari uno presentava un copione e riceveva un milione, due milioni a fondo perduto. Quando quei quattro di Liverpool hanno commercializzato le loro canzoni – conclude Brunetta – quelle sono diventate cultura. E poi sono state tutelate”.
Pensieri non condivisi dalle categorie settoriali.
Angelo Barbagallo ad esempio, vicepresidente dell’Anica – l’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive – ha ricordato che tra calo degli investimenti e delocalizzalizone in Italia le giornate di lavoro sono calate del 50%: “Bisogna in qualsiasi modo recuperare quelle giornate – ha detto – nell’ultimo periodo ci sono state tante manifestazioni unitarie dello spettacolo, ma la richiesta del rinnovo per tre anni degli incentivi fiscali tax shelter e tax credit per chi investe in questo settore, davvero vitale per la nostra industria, finora è rimasta totalmente inascoltata”. “Un governo liberale deve invece desiderare il mercato – ha continuato – per questo servono regole certe altrimenti non possiamo in alcun modo diventare competitivi”.
“Sono stupefatto nel constatare che dopo un mese di manifestazioni questo Governo non ha avuto ancora il coraggio di convocare tutte le parti intorno ad un tavolo. Ce lo aspettavamo”, aggiunge lo sceneggiatore Andrea Purgatori, coordinatore dei ‘100 Autori’. “Questo è un settore che sta riducendo molti con il cappello in mano e sta facendo ricchi solo alcuni, che non vogliono che ci siano regole e mercato. Apriamolo noi il tavolo della discussione – esorta Purgatori – i produttori abbiano il coraggio di usare la loro unica arma, il diritto d’autore, con questo e con i governi a venire”
Per Articolo 21, presente tra gli altri alla giornata di sciopero, “…l’impegno per l’autonomia della cultura e per la dignità dei lavoratori del settore, molti dei quali precari, è parte integrante della battaglia per l’articolo 21 della Costituzione e contro tutte le forme di bavaglio nei confronti di ogni forma espressiva”.
“Per queste ragioni – si legge in una nota a firma di Federico Orlando, Giuseppe Giulietti e Tommaso Fulfaro – riteniamo sacrosanta anche la richiesta che sia finalmente introdotta nel nostro Paese, una tassa di scopo a carico dei grandi gruppi televisivi che tanto debbono alla industria della cultura, del cinema e dello spettacolo. Chi ha beneficiato del conflitto di interessi, Rai compresa, deve ora contribuire a sostenere chi rischia di morire soffocato dalla indifferenza e dalla insipienza del governo”.
‘La prima cosa che va fermata è la legge 122-2010, che è stata già approvata, e che prevede che non solo i teatri, ma anche i musei e gli enti della cultura in generale, non potranno investire più del 20% del budget 2009″. Ad affermarlo, sono Piero Maccarinelli, Andrea Giordana e Massimo Monaci, quest’ultimo direttore del teatro Eliseo che in segno di protesta, ha anche sospeso lo spettacolo previsto per questa sera ‘Clara Schumann’ con Giuliana Lojodice.
“La finanziaria – aggiungono – prevede un taglio generale dell’80% agli investimenti in cultura. Se questa legge non viene cancellata subito sarà la paralisi totale di tutto il settore’.
E mentre i primi due sottolineano il problema della delocalizzazione all’estero delle produzioni Tv italiane e ricordano che la categoria attori è quella che “nel 2008 ha rientrare soldi nelle casse dello Stato a fronte di nessun reinvestimento nel settore”, Monaci ricorda che ‘Bondi e Letta hanno promesso che il Fus sarà reintegrato e il tax-credit e il tax-shelter rinnovati, ma in finanziaria non c’è traccia di tutto ciò. Allora dicono cose false. Se è così – tuona ancora il direttore dell’Eliseo – il ministro dichiarasse fallimento e desse le sue dimissioni. Moralmente sarebbe l’unica cosa da fare”.
Durante la mattinata – alla quale con ogni probabilità seguiranno nuove forme di protesta – e che, iniziata con l’assemblea dei diretti interessati nel salone del cinema Adriano di Roma e proseguita con il concerto di Zubin Mehta al Carlo Felice di Genova, proseguirà anche nel pomeriggio con l’incontro previsto presso Camera del Lavoro di Milano, si è verificato anche un ‘fuori programma’.
I lavoratori dei settori musica, cinema, prosa e teatro scesi in piazza anche a Torino, da piazza Carignano si sono spostati davanti al Teatro Regio per poi bloccare per qualche minuto via Po.
“Fino a tre anni fa i lavoratori discontinui lavoravano circa 80 giorni all’anno, oggi, con i tagli alla cultura le giornate di lavoro si sono ridotte oltre la metà e alcuni di loro non arrivano nemmeno a 40 giorni – ha spiegato Pietro Gabriele della segreteria regionale Slc-Cgil Piemonte- Molti di coloro che sono oggi presenti al presidio stanno rischiano il posto di lavoro. Abbiamo già fatto un’intesa di massima con l’Agis per attivare gli ammortizzatori in deroga, compresi i contratti di solidarietà, ma crediamo non siano sufficienti, per questo chiediamo di attivare un tavolo di crisi, con regione, provincia e comune di Torino”.