Wikileaks: ecco cosa pensano davvero gli Usa dei loro ‘alleati’. Allertata anche l’Italia

di Alessandra Talarico |

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La Casa Bianca mette le mani avanti e avvisa i Paesi interessati dalle rivelazioni, ma per la Farnesina ‘I rapporti fra Italia e Usasi basano su solidità e collaborazione di fatto. Ci sono interessi comuni che non possono essere scalfiti dai messaggi di Wikileaks.’

 

Circa 2,7 milioni di email scambiate tra il  dipartimento di Stato americano e diversi sedi diplomatiche potrebbero finire presto pubblicate su Wikileaks. Documenti quanto meno imbarazzanti che conterrebbero commenti poco lusinghieri su diplomatici e leader mondiali – Italia compresa – e che potrebbero compromettere le relazioni tra gli Usa e diversi suoi alleati.

Gli Stati Uniti non hanno mancato di manifestare la propria contrarietà e una certa dose di nervosismo di fronte all’eventualità della nuova ondata di pubblicazioni – che potrebbe anche mettere a rischio i rapporti con diversi paesi come Russia e Israele –  e hanno già avvisato alcuni dei loro alleati, tra cui Italia, Gran Bretagna, Australia, Canada, Norvegia e Danimarca, dell’imminente pubblicazione di questi ‘poco diplomatici’ documenti riservati.

 

Per  il ministro degli esteri, Franco Frattini, i documenti relativi all’Italia sarebbero “di scenario”, mentre per il titolare della Difesa, Ignazio La Russa, “qualsiasi cosa venga fuori, non sarà certo un documento di Wikileaks ad interrompere o anche solo a peggiorare il consolidato rapporto con gli Stati Uniti’.

La Farnesina, dal canto suo, ha assicurato che “i rapporti fra Italia e Stati Uniti si basano su solidità e collaborazione di fatto” e che “ci sono interessi comuni che non possono essere scalfiti dai messaggi di Wikileaks”.

“Siamo in stretto raccordo con i nostri alleati americani, c’è un raccordo costante” ha affermato il portavoce Maurizio Massari, che ha comunque invitato alla prudenza.

 

Secondo quanto riportato dalla britannica SkyNews i nuovi documenti, a differenza di quelli pubblicati a luglio, non conterrebbero prove di crimini di guerra – a ottobre sono stati resi pubblici oltre 400.000 documenti riservati sulla guerra in Iraq che rivelano episodi di torture e violenze nelle carceri – ma commenti imbarazzanti su diplomatici e leader mondiali tra cui il premier russo Vladimir Putin, il presidente afgano Hamid Karzai e il capo di Stato pachistano Asif Ali Zardari. Comunicazioni confidenziali tratte da verbali di riunioni, analisi di avvenimenti in altri paesi e trascrizioni di colloqui riservati, che, secondo il quotidiano russo Kommersant, conterrebbero commenti sulle caratteristiche ‘poco attraenti’ dell’establishment russo, ma anche – come riportato dal Jerusalem Post e dal New York Times – prove schiaccianti del sostegno degli Usa ai ribelli turchi del PKK (definiti “guerrieri per la libertà e cittadini turchi”) forse come contropartita del supporto fornito dalla Turchia ad al Qaeda, tesi confortata sempre dai documenti in mano a Wikileaks.

 

Altri problemi potrebbero sorgere anche col vicino Canada, poiché – come riporta sempre la stampa – i documenti proverebbero  che Washington ha esercitato pressioni particolari su Ottawa per convincerla a rimpatriare detenuti di Guantanamo.

 

Nessuno, al momento, sa quando questi documenti verranno pubblicati: a quanto pare diversi quotidiani Usa ed Europei li avrebbero già visionati e già lunedì scorso il New York Times ha avvisato la Casa Bianca dei contenuti scottanti che – secondo  il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley “contengono informazioni sensibili e potrebbero rivelare preziose fonti degli Usa”, oltre che mettere a repentaglio vite umane e la sicurezza dello Stato.

 

Cresce, insomma, in tutto il mondo l’attesa per la pubblicazione di questa nuova ‘bomba’ mediatica innescata da Julian Assange, sul quale – lo ricordiamo – pesa un mandato di cattura internazionale per violenza sessuale, dopo il no di un tribunale svedese al ricorso presentato dal fondatore di Wikileaks.

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