VINCITORI
Si è svolto a Firenze il IX Congresso dell’Associazione per la storia della lingua italiana, organizzato in collaborazione con l’Accademia della Crusca e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. Un incontro tutto dedicato alla salute della lingua italiana, con 70 studiosi italiani e stranieri che hanno discusso e lo faranno fino a domenica di ‘Italiano’ e sue possibili evoluzioni.
Il dato che subito è emerso, nei primi lavori del Congresso, è che l’italiano ha subito negli ultimi vent’anni un forte processo di dealfabetizzazione, soprattutto negli adulti. In molti si attendevano di vedere sul podio degli imputati, oltre la televisione, i new media, Internet, i device mobili di ultima generazione e i media tablet, come fattori guida di tale involuzione. Eppure, ascoltando gli interventi, si è capito invece che il problema è altrove.
“Solo il 20% degli italiani ha tutti gli strumenti che servirebbero per un uso responsabile della nostra lingua, che tra l’altro non è messa a rischio da Internet che è usato da pochi, anche per deficit di scrittura e lettura“. Così si è espresso, infatti, Tullio De Mauro, noto linguista e professore emerito dell’Università La Sapienza, che ha aggiunto: “Si leggono pochi libri, tre quarti dei comuni italiani non ha una biblioteca, solo il 38% sa navigare in Internet, il 34% legge abitualmente un quotidiano“. Un’analisi molto chiara sui problemi che affliggono la nostra lingua e il nostro rapporto con essa. “La televisione negli anni ’50 e ’60 ha fatto vedere che l’italiano si poteva parlare – ha sottolineato De Mauro – ma dai primi anni ’90 c’é stato un progressivo imbarbarimento delle trasmissioni, anche se ci sono nobili eccezioni. La lingua italiana sta abbastanza bene, i timori riguardano noi italiani più che la lingua“.
Anche Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia della Crusca, è stata molto chiara sul rapporto tra lingua italiana e mezzi di comunicazione elettronica e digitale: “Oggi il parlato influisce sullo scritto e i due versanti si influenzano, si integrano. La nostra lingua non è messa a rischio da Internet, chat o sms. Basta sapere che si tratta di una specie di linguaggio settoriale“.