L’“affaire ItsArt” si complica ed il mistero si infittisce: mercoledì 3 marzo alle ore 14, presso l’Aula del II piano di Palazzo San Macuto, la Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, presieduta da Alberto Barachini (Forza Italia), è convocata per ascoltare l’audizione del titolare del Ministero della Cultura (così si chiama da qualche giorno, da cui l’acronimo “Mic”), Dario Franceschini.
Al centro dell’audizione di dopodomani, la nuova società “ITsArt” (che sta per “Italy is Art”), partecipata al 51 % da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e al 49 % da Chili, che gestirà la piattaforma digitale della cultura, promossa dal Ministero della Cultura per “supportare” il patrimonio artistico-culturale italiano.
Come abbiamo già ben segnalato su queste colonne, mercoledì della scorsa settimana l’Amministratore Delegato della Rai Fabrizio Salini è intervenuto in audizione in Commissione Vigilanza Rai, ed ha cercato di rispondere ad una raffica concentrica di domande – provenienti da esponenti di più partiti – sulla incomprensibile mancata inclusione di viale Mazzini nella piattaforma digitale (vedi “Key4biz” di venerdì scorso 26 febbraio, “Rai, si conferma la navigazione a vista”).
Fabrizio Salini ha sostenuto – tra l’altro (in un intervento giudicato dai più piuttosto confuso) – che “ci sono state delle interlocuzioni con il ministero, si è parlato della piattaforma, ma la ‘mission’ della Rai è un’altra, è un servizio pubblico e la missione è di portare la cultura a un più ampio pubblico possibile gratuitamente. Attualmente stiamo interloquendo con Cdp sulla possibilità di mettere a disposizione i contenuti culturali della Rai”.
La piattaforma ItsArt: Mollicone (Fdi) “il non coinvolgimento Rai è un mistero”
Particolarmente critico il Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia (Fdi) nonché membro della Vigilanza Rai Federico Mollicone, che ha evocato addirittura l’esistenza di un “giallo”: “Franceschini non avrebbe chiesto alla Rai e RaiPlay il coinvolgimento per ItsArt, avendo forse già chiaro il coinvolgimento di un soggetto privato diverso dal servizio pubblico. Non sappiamo cosa sia stato proposto alla principale azienda culturale nazionale, se vendere i propri prodotti culturali o produrne di nuovi. Un giallo da chiarire: per questo abbiamo chiesto, congiuntamente anche ai colleghi di maggioranza del Pd, l’immediata convocazione del ministro Franceschini in Vigilanza Rai”. Mollicone si domanda se un coinvolgimento attivo di Viale Mazzini nel progetto ItsArt richiederebbe una modificazione del vigente “contratto di servizio” tra Stato e Rai: va “bene l’interlocuzione fra Cassa Depositi e Prestiti e Rai per la distribuzione dei contenuti culturali, un primo passo per la costituzione di una piattaforma che possa competere con gli Over The Top, ma è necessario modificare il contratto di servizio, o la Rai rischia di perdere fette di mercato”. Mollicone rivendica che Fratelli d’Italia ha proposto un rafforzamento di RaiPlay in occasione della risoluzione che la Vigilanza ha votato – all’unanimità – sul piano industriale della piattaforma proprietaria Rai per i contenuti online. In quella occasione, fu proposto anche il termine “RaiPlayPlus”, per evidenziare una qualche forma di offerta “pay”. Conclude che, invece, “per tutta risposta, scopriamo che il Governo usa una piattaforma diversa come Chili per ItsArt, facendo pagare ogni singolo prodotto video con un modello di business superato”.
Avendo noi dedicato molto interesse – per primi e con oggettiva maggiore attenzione di chiunque altro – all’ardita intrapresa di “ItsArt” (e non essendo stati peraltro nemmeno tra i più feroci commentatori), riteniamo opportuno un aggiornamento rispetto a quel che abbiamo scritto qualche settimana fa (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 5 febbraio 2021, “Il Governo Draghi staccherà la spina al CdA Rai? E ‘ItsArt’ parte a “fine febbraio, forse marzo”?”
In verità, dopo quel che abbiamo scritto su queste colonne, nulla, proprio nulla, è emerso di più concreto, se non a livello giustappunto di… tempesta mediatica, e di qualche dettaglio del “dietro le quinte”, ma nulla di sostanziale.
Sul sito web di ItsArt, nessuna novità ad oggi, rispetto a quello che è stato annunciato ormai mesi fa: permane un criptico “Stiamo arrivando”…
Le ultime “notizie” sono… indirette: il 19 gennaio l’agenzia stampa Radiocor (gruppo Il Sole 24 Ore) cita “fonti che hanno lavorato all’operazione”, e rivela alcune informazioni, per esempio che “dopo le polemiche sull’assenza della Rai nell’azionariato, Viale Mazzini, così come altri partner, potrebbe rientrare in un secondo momento”, ma si tratterebbe in sostanza soltanto di partnership commerciali: altre piattaforme, cioè, potrebbero conferire i propri contenuti all’interno della strategia editoriale di ItsArt.
L’agenzia stampa rivela che la piattaforma sarà “operativa da subito in Italia e in Gran Bretagna”, e sarà estesa pian piano agli altri Paesi europei, per poi, entro il 2022, essere distribuita nei principali Paesi del mondo (e qui si cela una ambizione senza dubbio à la Netflix!).
La strategia di ItsArt riguarderà principalmente il modo di veicolare i contenuti, mentre la produzione non rientra, per il momento, nella “mission” aziendale. Infatti, l’investimento totale, pari a circa 28 milioni, è veramente assai contenuto (anzi proprio insignificante) al confronto con quello messo in campo dai “competitor” che fanno anche produzione. I target da raggiungere saranno vari, poiché si privilegeranno tutte le forme d’arte e si punterà a raggiungere più generazioni, magari veicolando lo stesso contenuto in modalità diverse. Un punto di riferimento potranno essere i clienti che hanno già Chili, ma la piattaforma si rivolgerà anche alle “community ad hoc”, tipo quelle di musica lirica o sinfonica.
Si partirà con un numero contenuto di dipendenti, meno di un centinaio, che poi man mano saranno incrementati. La sede legale è a Milano, mentre quella operativa sarà a Roma.
Si ricordi che – come emerge dallo statuto di ItsArt – Cassa Depositi e Prestiti ha un ruolo di primo piano nella gestione; alla Cassa, che ha il 51 % della società, spettano azioni di “tipo A”, che garantiscono il voto plurimo in assemblea, cioè tre voti per ciascuna azione “A” posseduta. Inoltre, la Cdp ha diritto di prelazione e diritti di gradimento nel caso di cessione di azioni da parte di Chili. È infine previsto un “lock up” di cinque anni al trasferimento delle azioni.
Tacchia (Ceo di Chili): “credo che più che Netflix, It’s Art sia la Disney della cultura e dell’arte”
Il 19 gennaio, il brillante collega Federico Pontiggia (che scrive anche su “il Fatto Quotidiano”) pubblica un’intervista a Giorgio Tacchia, Ceo di Chili, sul sito della Fondazione Ente dello Spettacolo (Feds) “Cinematografo.it”, e il Ceo annuncia che ItsArt sarebbe partita “a fine febbraio” (l’intervista è rilanciata anche sul sito web di Chili). È questione di giorni, quindi?!
In questa intervista, Tacchia risponde anche alla “querelle” con Rai. Domanda Pontiggia: “perché Chili e non il Servizio Pubblico, ovvero RaiPlay?”. Risponde Tacchia: “abbiamo partecipato a una gara e abbiamo vinto: perché altri abbiano perso, non posso e non voglio dirlo. Certo, avere una piattaforma scritta da noi, che sappiamo manutenere in proprio, ha giovato. Poi, non è solo streaming, ma marketplace: capite bene quanto possa essere utile a una mostra, un evento, un museo”. La piattaforma sarà “svod” o “tvod”: “transazionale. E prevediamo anche l’Avod, come già per Chili, soprattutto per veicolare l’archivio”. Qual è l’obiettivo? “fare soldi: più ne facciamo, più ne verranno girati a chi produce contenuti”. Con quale “business model”, non è dato sapere! Ricordiamoci che ItsArt non prevede acquistare o produrre contenuti, ma dovranno essere i teatri, gli enti lirici a decidere “cosa” mettere a disposizione sulla piattaforma. Secondo alcune anticipazioni, il modello sarà quello del “revenue sharing”, ovvero “lo stesso di Spotify e di ITunes”, ma – ha scritto Anna Rotili su “Prima Comunicazione” del 26 febbraio 2021 – “lo sbilanciamento sarà a favore di chi ci dà il contenuto, cui prevediamo di restituire dal 50 % al 90 % del prezzo di vendita del biglietto in relazione all’attrattività. Percentuali che pensiamo di poter soddisfare sia perché non dobbiamo sostenere i costi di impianti della tecnologia sia perché abbiamo l’ambizione di raggiungere un pubblico più vasto possibile andando subito all’estero”.
Domanda ancora Pontiggia: “dica la verità, quanto le ha dato fastidio l’etichetta “Netflix della cultura”?”. Il Ceo risponde, con discreta ambizione: “no, nessun fastidio, anzi: per ogni abbonato a Netflix e Disney +, a Chili ne arriva mezzo. È la nostra strategia: prossimità e complementarità. Quella di Franceschini è stata la semplificazione di un concetto, quello di un servizio con un contenuto di un certo tipo e a pagamento. Personalmente, credo che più che Netflix, It’s Art sia la Disney della cultura e dell’arte”.
In un’intervista a Davide Nitrosi su “Quotidiano.net”, sempre Giorgio Tacchia, il 4 febbraio 2021 ha precisato oltre, rispetto alle modalità di pagamento dell’offerta: come si pagheranno i contenuti su ITsArt? “uno per volta. Ma quelli che non sono prime visioni assolute, possono essere messi a disposizione gratuitamente con la pubblicità. Chili ha conferito la sua piattaforma mantenendo i suoi modelli di business. Abbiamo anche la possibilità di fare ticketing e vouchering, vendendo biglietti per musei, cinema, mostre, teatri”. Niente abbonamenti? “magari più avanti, quando la piattaforma avrà dei numeri importanti. Il core business sarà la vendita di eventi nuovi. In Italia ci sono 40mila iniziative culturali all’anno. La piattaforma offre uno strumento di visibilità per portare ancora più gente nei teatri o nei musei. Ma è anche complementare”.
Il 5 febbraio scorso, la testata specializzata “Exibart”, titolava “A chi serve ITsART? E perché l’arte non è stata interpellata?”, commentando: “Netflix della cultura o buco nell’acqua? Il Forum dell’Arte Contemporanea promuove un incontro sulle prospettive della nuova ITsART, per cercare di capire chi davvero “salverà” la piattaforma”. Rispetto a Viale Mazzini: “operazione piuttosto singolare, visto che in Italia abbiamo la Rai, che un canale – e per di più pubblico – dedicato alla cultura già ce l’ha, ma che risulta essere la grande assente dal mirabolante Netflix voluto dal Mibact” (clicca qui per approfondire il dibattito emerso durante l’incontro del 6 febbraio).
Una tesi di laurea Luiss con collaborazione di Piepoli: la gran parte degli italiani è favorevole ad ItsArt?
Master in Comunicazione e Marketing Politico e Istituzionale
L’unica vera “novità” dei giorni scorsi è stata una qual certa attenzione che alcuni quotidiani e testate web hanno dedicato ad una curiosa iniziativa: sabato 20 febbraio, è emerso una sorta di “assist” da parte della Luiss, ovvero sul sito web del Master in Comunicazione e Marketing Politico e Istituzionale – Mics (diretto dal conduttore del “Tg1” Rai Francesco Giorgino) della “School of Government” della Luiss, è stato pubblicato un post/articolo che propone alcuni dei risultati di una ricerca che viene presentata come iniziativa Luiss d’intesa con l’Istituto Piepoli, ma che abbiamo poi verificato essere una iniziativa realizzata nell’ambito della tesi di laurea di Lucia Ritrovato, Responsabile della Comunicazione Strategica della Fondazione Musica per Roma (lavora per Claudia Mazzola, che è Presidente della Fondazione MpR ed al contempo – in opinabile… “conflitto d’interessi” – Direttrice dell’Ufficio Stampa Rai).
L’iniziativa è stata rilanciata dall’Ansa, con un dispaccio di martedì 23 febbraio.
Secondo questa indagine, su un campione che viene definito – non si sa sulla base di quale metodica – “rappresentativo della popolazione italiana” dai 18 anni in su (con un totale di 500 persone intervistate), il 49 % si sarebbe detto favorevole a una piattaforma “ott” (ovvero “over the top”) dedicata interamente alla cultura, il 23 % avrebbe risposto con un “probabilmente sì”, mentre solo il 5 % ha dichiarato di non avere alcun interesse nel progetto.
L’attenzione per la piattaforma si rivelerebbe alta nella fascia di età tra i 18 e i 34anni (70 %) e ancora più alta (76 %) tra gli “over 55”.
Per quanto riguarda le modalità d’acquisto per l’accesso ai contenuti, il 62 % sosterebbe di preferire la modalità del “singolo biglietto”, scegliendo di volta in volta l’evento da seguire, mentre il 28 % è a favore di un “abbonamento”.
Più in disaccordo invece per ciò che concerne la scelta del “device” da utilizzare per la fruizione della piattaforma, il 46 % degli intervistati infatti preferirebbe la smart tv, contro il 24 % a favore del pc e il 20 % a favore di entrambi. Il 10% dichiarerebbe di non guardare “eventi digitali”.
In sostanza, secondo questa ricognizione (sulla cui metodologia – ribadiamo – nulla di preciso è dato sapere), gli italiani sarebbero interessati all’accesso a questa sorta di nuovo “palcoscenico virtuale”, pagando un biglietto per vivere comodamente “a distanza” sulla “smart tv” la musica, il teatro, il cinema, la danza e ogni forma d’arte, “live” e “on demand”.
Nella ricerca, si legge – tra l’altro – che “nel 2020 le nuove tecnologie e la forza del digitale hanno assunto un ruolo decisivo per non disperdere quel legame fortissimo sviluppatosi tra l’uomo e la cultura e il web è stato “invaso” per mesi, a partire dallo scorso marzo, di podcast letterari, live concert, streaming e reading, pièce teatrali on demand. Ora, ed i dati lo segnalano chiaramente, il pubblico si è mostrato più “abituato” ad un linguaggio e ad un’unica piattaforma dedicata alla cultura, come quella proposta da Franceschini. Vedremo quale impostazione e quale direzione avrà”.
Ritrovato (Luiss-MpR): “con la cultura non si mangia = con il web non si mangia?”
Si domanda giustamente l’autrice della tesi di laurea (non ancora pubblica), Lucia Ritrovato, “sul piatto ci sono due domande evidenti: riuscirà una piattaforma ott a rappresentare il sostentamento di intere filiere produttive legate al mercato culturale? Riuscirà a farlo mettendo insieme produzione, distribuzione, monetizzazione? Si tratta di una questione tanto più importante quanto più grave è stata finora la crisi dell’intero settore delle produzioni live, con la perdita stimata da Federculture di oltre il 40 % sui bilanci degli enti culturali. Pesantissime le conseguenze sui livelli occupazionali di un mondo già contrassegnato dalla precarietà di diverse figure professionali. Dalla frase “con la cultura non si mangia” a quella “con il web non si mangia” è un attimo. Tutti gli sforzi devono perseguire l’evidente scopo di creare sostentamento alla filiera e non solo quello di colmare un vuoto dettato dall’assenza di live”.
Conclusivamente, molta confusione e molta nebbia ancora, rispetto alle annunciate “sorti magnifiche e progressive” della piattaforma ItsArt.
Ci piace chiudere facendo nostro quel che scrive in modo ironico il noto critico cinematografico ed organizzatore culturale Giorgio Gosetti Di Sturmeck (tra l’altro Direttore della Casa del Cinema di Roma) sulle colonne del mensile “Ciak”, in un articolo intitolato “Come ci ha cambiati un anno in piattaforma” (marzo 2021): “quanto alla nascitura piattaforma ItsArt (con Chili nel motore) il futuro è sulle ginocchia di Giove che – com’è noto – ha poco interesse per le vicende degli umani”.
Non resta che sperare che il Ministro Dario Franceschini, mercoledì, sveli il mistero del non coinvolgimento della Rai. Chi redige queste noterelle è convinto che si tratti di un errore strategico (di politica culturale e mediale) grave, e che nulla avrebbe impedito a Rai di lavorare al meglio con Cassa Depositi e Prestiti, utilizzando – tra l’altro – la propria controllata preposta a presidiare giustappunto proprio le attività di business commerciale di Viale Mazzini, qual è RaiCom S.p.a..
Clicca qui, per leggere un estratto dell’indagine dell’Istituto Piepoli sulla piattaforma Cdp-Chili “ItsArt”, resa nota il 20 febbraio 2021 da Lucia Ritrovato sul sito web del Master in Comunicazione e Marketing Politico e Istituzionale (Mics) della Luiss.