Europa
Dovrà rimanere in carcere Julian Assange: la Svezia ha fatto ricorso contro la decisione del giudice Howard Riddle di concedere al 39enne fondatore di Wikileaks la libertà provvisoria fino alla prossima udienza l’11 gennaio, dietro pagamento di una cauzione da 240 mila sterline. Assange, accusato di crimini sessuali dal Governo svedese per vicende accadute la scorsa estate, resterà dunque in cella almeno per le prossime 48 ore, fino a quando, cioè, la High Court of Justice si pronuncerà sul ricorso svedese.
La sentenza che concedeva ad Assange la libertà su cauzione era stata accolta da forti applausi in un’aula gremitissima ed era giunta subito all’esterno poichè i giudici hanno concesso ai presenti l’uso di Twitter.
Il fondatore di Wikileaks, che si è sempre detto innocente, dovrà aspettare il nuovo pronunciamento dei giudici e il deposito della cauzione, impresa questa non facile nonostante l’impegno di molte celebrities, visto il ‘boicottaggio’ delle società di carte di credito. E anche una volta libero, dovrà rispettare severe misure restrittive: portare un braccialetto elettronico per essere sempre rintracciabile, rinunciare al passaporto e sottostare all’obbligo di domicilio (risiederà in un’abitazione messa a disposizione dal fondatore dell’associazione giornalistica Frontline Club, Vaughn Smith) e di firma, potrà uscire da casa solo in determinati orari.
Prima di entrare in tribunale, Assange aveva espresso – con un messaggio letto dalla madre Christine alla televisione australiana Channel 7– vive critiche a Visa, Mastercard e Paypal (le tre società che hanno bloccato i bonifici che donatori di tutto il mondo avevano emesso in favore di Wikileaks e sono state per questo oggetto di una serie di attacchi da parte degli attivisti pro-Assange), accusandole di essere “strumenti della politica estera americana”.
Nel messaggio reso noto dalla madre, Assange aveva rinnovato il vigore delle proprie convinzioni e la fedeltà agli ideali espressi da Wikileaks, ma aveva anche lanciato un appello per la protezione del proprio lavoro e dei propri cari “da atti illegali e immorali”.
In attesa della pronuncia del Tribunale di Londra, il sito delle ‘soffiate’ non ha cessato di pubblicare cablogrammi inerenti all’Italia. Un Paese in cui, secondo l’ambasciatore americano a Roma David Thorne, il premier Silvio Berlusconi non avrebbe esitazioni ad usare il proprio potere per favorire Mediaset a svantaggio della concorrente Sky e dell’informazione via internet.
Thorne, che cita come fonti dirigenti della Pay-Tv, esprime queste convinzioni in un documento confidenziale inviato a Washington in data 3 febbraio, alla vigilia dell’approvazione del decreto Romani, che – pur essendo necessario per adeguarsi alla direttiva Ue sui servizi di media audiovisivi – era finito nell’occhio del ciclone per alcune norme che, secondo i detrattori, avrebbero messo il bavaglio alla rete, equiparando siti internet tradizionali, blog, motori di ricerca, versioni online quotidiani e riviste ai servizi audiovisivi, e quindi obbligandoli a sottostare alle stesse leggi della settore televisivo tradizionale.
‘Funzionari di Sky ci hanno detto che il viceministro Romani sta guidando gli sforzi all’interno del governo italiano per aiutare Mediaset di Berlusconi e per mettere Sky in svantaggio”, scrive Thorne, secondo cui ‘questo è uno schema familiare: Berlusconi e Mediaset hanno usato il potere di governo in questo modo sin dai tempi dell’allora primo ministro Bettino Craxi”.
Il decreto Romani, scrive Thorne nel ‘cable’, “…sembra essere scritto per dare al governo margini di manovra per censurare o bloccare qualunque contenuto su internet che si ritenga diffamatorio o che si pensa possa incoraggiare attività criminali’ e potrebbe addirittura rappresentare ‘un precedente per nazioni come la Cina, che copierebbero o citerebbero questa ‘giustificazione’ per il giro di vite sulla libertà di parola’.
Polemiche e timori, quelli riportate nel dispaccio di Thorne, che erano state evidenziate a suo tempo dal New York Times, secondo cui “…In Italia, dove il premier Silvio Berlusconi possiede la maggior parte dei media privati e controlla indirettamente quelli pubblici, c’è una forte spinta per regolamentare internet in maniera più determinata rispetto al resto dell’Europa” .
Tornando ad Assange, mentre una schiera di VIP si è fatta avanti in suo favore – il regista Michael Moore ha versato 20.000 dollari per la cauzione e ha offerto il suo server per permettere a Wikileaks di continuare il suo lavoro di pubblicazione “dei crimini celati e commessi a nostro nome, con i nostri soldi delle tasse” – il popolo americano appare spaccato sulla vicenda: se, secondo un sondaggio pubblicato sul Washington Post, il 59% degli americani è convinto che il 39enne australiano vada arrestato e processato per aver divulgato cablogrammi “lesivi dell’interesse pubblico” e solo il 29% ritiene che la vicenda non sia di interesse penale, per i lettori della rivista Time, Assange è ‘l’uomo dell’anno’. Con oltre 382.000 preferenze, il fondatore di Wikileaks ha battuto con un distacco di 150.000 voti il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan.
Un altro riconoscimento arriva anche da Rolling Stone Italia, che assegna ad Assange il riconoscimento di “Rockstar dell’anno”: Assange, spiega la rivista, “È l’angelo sterminatore di ogni segreto dei poteri. È l’Uomo che cadde (dalla Rete) sulla Terra. La sua somiglianza col David Bowie del film di Nicolas Roeg del 1976 (“The man who fell to earth”) è semplicemente impressionante….Assange è icona come Che Guevara sulle magliette, come Mao per Andy Warhol. È il capo pop della fine della diplomazia e della sicurezza imperiale. Assange è la vera stella rock&roll degli Anni Tremila.“
Intanto, la petizione on-line che chiede al Governo americano e a tutti quelli impegnati nella repressione di Wikileaks di porre fine alle loro attività vessatorie – ha superato oggi le 600 mila firme.
Sulla vicenda, nonostante la giornata campale del governo italiano, è intervenuto anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, affermando che in una videochat del Tg1 ha ffermato di considerare Assange “un criminale” per aver diffuso notizie ‘pericolose’ per la pace e in grado di “compromettere i rapporti diplomatici che sono l’unica alternativa alle guerre”.
Assange, ha aggiunto il titolare della Farnesina, ‘ha compiuto un reato grave per il quale è perseguito in almeno 10 Paesi’, e cioè “…si è introdotto illegalmente in file riservati che riguardano notizie sulla sicurezza di un Paese”.
Dall’Europa, intanto, la notizia che anche il vecchio Continente avrà il suo Wikileaks: si chiama Brussels leaks e al momento è composto soltanto da una home page in lingua inglese che informa degli obiettivi del sito: “disseminare le informazioni alla gente responsabile” e ‘rendere più trasparenti le decisioni prese dietro le porte chiuse’ della Commissione, del Consiglio e del Parlamento Ue.
Le prime rivelazioni di Brussels Leaks – annunciano i suoi promotori – riguarderanno i settori dei trasporti e dell’energia.