In tutto il mondo, specialmente in Europa, Stati Uniti, Cina, Giappone e Sud Est asiatico, si sta proseguendo con una vera e propria corsa alla realizzazione di impianti solari ed eolici per aumentare la capacità di generare energia pulita da fonti rinnovabili.
Il problema è che gli impianti fotovoltaici ed eolici a loro volta producono rifiuti. L’industria delle rinnovabili anch’essa sta correndo per rendere più efficace l’economia circolare delle sue componenti, ma il percorso da compiere per arrivare ad un risultato soddisfacente è lungo.
Energia pulita e rifiuti
Ad oggi, secondo la US Environmental Protection Agency (EPA), entro il 2050 gli Stati Uniti produrranno circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti legati agli impianti fotovoltaici, la Germania 3 milioni, la Cina 20 milioni di tonnellate, il Giappone e l’India 7,5 milioni a testa.
Le tecnologie solari possono anche raggiungere i 30 anni di vita, ma il problema dello smaltimento di questi materiali esiste da tempo e si fa sempre più serio, visti i numeri.
In tre anni, solo negli Stati Uniti, le installazioni di pannelli solari sono raddoppiate, passando da poco meno di un milione a oltre due milioni di unità.
Gli USA puntano sul green, ma a quale costo?
Entro il 2024, secondo quanto annunciato dal Presidente americano Joe Biden, che ha incaricato dell’esecuzione del provvedimento direttamente il dipartimento degli Interni, gli Stati Uniti dovranno produrre 20 gigawatt di nuova energia pulita da fonti rinnovabili, come parte di un ampio piano di decarbonizzazione dell’economia e dell’industria americana.
Viene da chiedersi: a quale costo, oltre quello che ambiente e salute già pagano per i combustibili fossili?
Il problema è che spesso riciclare queste componenti, soprattutto di impianti solari ed eolici, costa più che produrle nuove, cosa che incentiva le imprese a rivolgersi alle discariche, invece che al ciclo virtuoso del riciclo e del riuso.
Un impianto fotovoltaico a terra, una volta smontato, richiede una bonifica del terreno fino a un metro di profondità, prima di qualsiasi altro utilizzo (soprattutto se agricolo).
Le pale eoliche poi sono enormi, anche solo per smaltirle correttamente servirebbero aziende specializzate.
Quando parliamo di tecnologie legate alle fonti rinnovabili, inoltre, non prendiamo in considerazione solo i grandi impianti, ma anche quelli domestici. Questi ultimi, purtroppo, si perdono nell’illegalità, perché nonostante risulti in crescita il settore, non aumenta parallelamente la domanda di smaltimento dei rifiuti tecnologici associati.
Le batterie e i materiali rari (e inquinanti) di cui sono fatte
Materiali ricchi di minerali rari e preziosi, ma che per l’ambiente sono dannosi, se non tossici. Litio, cobalto, argento, solo per citarne alcuni, sono fondamentali per questa industria e la riduzione del loro utilizzo è necessaria, sia per abbassare i costi di produzione e i prezzi di vendita, sia per ridurre il loro impatto ambientale.
Dal 2010 ad oggi, ad esempio, la quantità di argento nei pannelli solari si è ridotta del 70%, secondo dati diffusi da una ricerca condotta dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e dall’EPA.
Lo studio mette in evidenza, in aggiunta, che anche la mobilità elettrica ha i suoi problemi, quasi tutti legati alle batterie, sia per la realizzazione, sia per il riciclo e il corretto smaltimento.
Estrarre ad esempio litio da vecchie batterie di auto elettriche da riciclare costa quasi cinque volte di più che estrarlo da una miniera, secondo l’Institute for Energy Research.
Le batterie però possono vivere una seconda e terza vita senza problema, grazie al riuso in altri settori, che richiedono meno efficienza, come l’illuminazione pubblica in Giappone ad opera della Nissan o l’alimentazione di alcuni data center di General Motors negli Stati Uniti.
Riuso adattivo, un’illusione?
Sembrano delle buone idee, ma l’EPA non ha dubbi: “Il riuso adattivo non fa altro che rimandare il problema di come smaltire queste batterie e i loro materiali di base, che se lasciati alle discariche, autorizzate o ancora peggio illegali, possono causare incendi, esalazioni tossiche, rilascio di sostanze chimiche altamente inquinanti nell’ambiente, fino alla contaminazione di falde acquifere”.
Buone notizie, invece, arrivano dal settore eolico, secondo quanto riportato da Utliity Dive.
Grazie ad un programma di promozione dell’economia circolare della Veolia North America, è possibile recuperare il 90% del materiale che costituisce la pala, quasi tutta fibra di vetro, da impiegare poi nella produzione di cemento, con l’ulteriore risultato di ridurre le emissioni di CO2 del 27% circa.