‘Sono le news, bellezza! Vincitori e vinti nella guerra della velocità digitale’. Un libro sul giornalismo dei nostri tempi

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Sono le news, bellezza!

Pubblichiamo di seguito la postfazione di Pier Luigi Celli, direttore generale dell’università Luiss Guido Carli di Roma, al volume ‘Sono le news, bellezza! Vincitori e vinti nella guerra della velocità digitale’, di Michele Mezza, Vice Direttore Sviluppo business e strategie tecnologiche Rai, edito da Donzelli, disponibile da oggi nelle librerie italiane.

 

 

L’idea che l’informazione possa fare a meno dei giornalisti, lo confesso, mi riempie di speranza. E non perché i giornalisti non siano all’altezza, spesso, del mestiere che fanno, ma perché nel tempo lo hanno talmente monopolizzato da credere di poter fare a meno dell’oggetto specifico purché viva la corporazione.

Così facendo hanno parecchio imbastardito le regole del gioco, le hanno riadattate a misura della tutela della posizione, intesa come logica di potere più che di servizio, e fatalmente hanno perso contatto con una realtà che nel frattempo galoppava e ora li sta mettendo con le spalle al muro.

Sia detto senza particolare acrimonia: la tecnologia ci sta vendicando, e ci sta risarcendo di molti disagi, a fronte di una categoria che, fattasi corporazione, si è sentita spesso abilitata a credersi al di sopra di tutto.

 

Forse un bagno di umiltà ci voleva, pur senza invocare l’umiliazione degli dei in decadenza.

L’informazione è un bene sostanziale, oggi più che mai, di fronte alla complessificazione dei sistemi sociali, all’evoluzione dei mercati economici e allo smarrimento delle ragioni politiche. Un bene che non può essere lasciato ai sacerdoti laici di una religione ormai priva di fondamenti.

E, dunque, tanto vale guardare in faccia con crudezza la drammatica esplosione di mezzi e la scarsa adeguatezza della cultura in grado oggi di maneggiarli.

 

E’la fine dei recinti, la moltiplicazione dei confini mobili, la capacità di reinserimento di soggetti “sparsi” e la restituzione della “voce” a quanti erano stati ridotti a spettatori-lettori, quello che si sta verificando a valle del terremoto innescato da innovazioni “democratiche”, sotto forma di piattaforme di libero accesso e di uso amichevole.

 

Così sta prendendo vita una nuova geografia delle professioni, in cui lo status, inevitabilmente, conterà meno della velocità di interpretazione e di presenza, destinato a diventare “reliquia” per quanti non capiranno che stanno finendo le stagioni del culto. Michele Mezza, che è un corsaro del mestiere e un curioso attaccabrighe dei luoghi deputati, ne traccia nel testo una sorta di sberleffo colto e impunito, in grado di rendere evidenti le magagne, impietosi i ritardi e i pregiudizi, accattivanti le sfide per quanto volessero misurarsi fuori dalle liturgie e dalle prebende.

 

Va bene così. Ci sarà sempre, ancora, chi, alzando il ciglio infastidito, tenterà la difesa di rito. Accadrà nelle grandi, come nelle piccole imprese. Lo abbiamo visto – e Mezza lo ricorda non senza un vendicativo furore – come una comunità di professionisti della comunicazione, quale è la Rai, si sia ritratta dinanzi alla sfida di Rai News 24.

Ma, allegri: il mondo è cambiato. C’è ora gloria per tutti quelli che hanno sofferto l’immobilità di un sistema anchilosato e, sognando, compatiti, andavano dicendo che il futuro c’è già: bastava farci caso con un po’ più di attenzione.

E una qualche dose di umiltà.

 

 

 

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