Parler, il social network che piace tanto ai sovranisti e ai seguaci di Donald Trump è stato messo offline.
Dopo la decisione di Twitter di chiudere a tempo indeterminato il suo profilo, Apple, Google e Amazon hanno deciso di boicottare il social più utilizzato dalla base elettorale del quasi ex presidente degli Stati Uniti.
Amazon ha disattivato l’hosting del sito Parler dai propri server
Mentre le prime due hanno semplicemente rimosso la piattaforma dai loro app store, accusando il social di non prendere le misure necessari affrontare i discorsi di odio e violenza, la società di Jeff Bezos l’ha espulsa dal suo servizio di web hosting, dopo le ripetute violazioni delle sue regole.
Novantotto, per la precisione. Amazon ha infatti inviato una lettera ai vertici del social network dove li elencava uno ad uno, spiegando che l’azienda offre servizi a clienti di qualsiasi colore politico ma non può tollerare l’impossibilità (o la non volontà) di cancellare determinati commenti. Stessa giustificazione fornita da Apple, che ha comunicato a Parler come “non ci sia posto sulla nostra piattaforma per minacce di violenza e attività illegali”.
Il social ha avuto un ruolo di primo piano nell’assalto di Capitol Hill lo scorso 6 gennaio. Si sapeva da giorni che qualcosa sarebbe successo, in vista della ratifica della elezione di Biden come 16° presidente Usa, e l’organizzazione di questa aggressione è avvenuta proprio sul social network.
Al momento infatti il sito è offline. La sospensione è stata confermata anche dal CEO John Matze, il quale ha spiegato che “c’è il rischio che il sito sia offline per una settimana. Ci siamo preparati ad aventi come questo non facendo affidamento su infrastrutture proprietarie di Amazon ma sviluppando prodotti proprietari”. Parler quindi in breve tempo cercherà di sviluppare un sistema di hosting di proprietà per poter ritornare online.
Cos’è e come funziona Parler
Fondato nel 2018 da due imprenditori informatici statunitensi John Matze e Jared Thompson, il social sembra aver acquisito una certa fama soprattutto tra gli attuali esponenti di destra americani che l’hanno considerato una valida alternativa a Twitter.
Infatti, il modello del nuovo social appare molto simile a quello di Twitter ma con la netta differenza che Parler si autoproclama social senza censura e a favore della libertà di parola.
Così come su Twitter, anche su Parler, si possono pubblicare messaggi fino a mille caratteri, “votando” o condividendo con i propri follower quelli degli altri.
I termini di servizio sui contenuti permessi sono un po’ vaghi e contraddittori, ma in generale la politica di Parler è di non rimuovere né segnalare quelli che diffondono bufale, lasciando semmai il compito di smentirle agli altri utenti.
A testimonianza di ciò, le parole del senatore statunitense Ted Cruz che si dichiara orgoglioso di farne parte “Parliamo liberamente e mettiamo fine alla censura della Silicon Valley”.
L’ingresso del leader della Lega
Prima che il sito venisse messo offline il leader della Lega Matteo Salvini, aveva annunciato il suo ingresso nella community con un post.
“Amici, da oggi anche su Parler. Happy to be on Parler, love from Italy”, recita il messaggio di Salvini, che in poche ore accumula 7500 followers. Poco dopo il sito è stato messo offline.
In Italia, come nel resto del mondo, si registra la crescita di social network alternativi sempre più utilizzati dagli utenti, dove tuttavia mancano regole e controlli con il conseguente rischio di abusi e illeciti e diffusione incontrollata di fake news, contro i quali è difficile, se non impossibile, adottare adeguate misure di contrasto.
Thierry Breton, tante perplessità sui social network
Il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, ha espresso le sue “perplessità” per la decisione delle piattaforme online di bandire il presidente Usa Donald Trump dai social network “senza controllo legittimo e democratico”, sottolineando che questo giustifica i progetti europei di regolamentazione dei giganti digitali. Si legge in un editoriale pubblicato da Le Figaro e l’on-line Politico Usa.
Secondo Breton il fatto che un “amministratore delegato possa staccare l’altoparlante del presidente degli Stati Uniti senza alcuna forma di controllo e contro-potere” desta più interrogativi.
L’ex ministro francese all’Economia ha indicato l’8 gennaio 2021, giorno in cui Twitter ha sospeso definitivamente l’account di Trump dopo i disordini di Capitol Hill, come una data spartiacque per le piattaforme digitali. “Questa data rimarrà come riconoscimento da parte delle piattaforme” on-line “della loro responsabilità editoriale e del contenuto che trasmettono. Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo”.