Nuova intervista di inizio settimana su Rete Unica con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners di Madrid.
Questa volta al centro dell’intervista i seguiti dell’annuncio di Enel di procedere alla cessione della propria quota in Open Fiber, il percorso della cosiddetta Rete Unica e, cosa più rilevante, il quadro di stabilità politica generale del Paese che potrà sostenere gli esiti di questa partita in una direzione o in un’altra, anche in considerazione alle ingenti risorse attese con l’arrivo dei fondi del Next Generation EU.
Key4biz. Si direbbe che i mercati finanziari non abbiano mostrato particolari reazioni all’annuncio del consiglio di amministrazione (CdA) di ENEL del 17 dicembre di dare mandato all’AD per la vendita della quota, o di parte di essa, detenuta in Open Fiber . È così?
Francesco De Leo. In effetti ci si sarebbe aspettati una maggiore vivacità in termini di scambi sui mercati. A fine di quella giornata TIM ha chiuso con un rialzo di +1,17%, appena sotto la soglia dei 38 centesimi, ed ENEL a 8,16 euro (-0,16%). In una certa misura, la decisione presa dal CdA di ENEL di cedere una quota fra il 40% e il 50% di Open Fiber era già stata ampiamente anticipata dai mercati e segue un piano preciso. Come si dice in questi casi: “buy on rumors and sell on news”.
Key4biz. I principali mezzi di comunicazione in Italia hanno dato ampio risalto alla giornata di giovedì scorso, sottolineando che si tratta di un passo decisivo verso la Rete Unica. Lei non si sarebbe atteso una maggiore presa di beneficio da parte di TIM?
Francesco De Leo. Sono dell’avviso che non abbia molto senso guardare alle fluttuazioni giornalieri o addirittura nell’arco della stessa giornata. Occorre mantenere un minimo di prospettiva, e poi bisogna tenere presente che il 17 dicembre i mercati hanno preso nota di due eventi che hanno un rilievo non trascurabile: (1) la conferenza stampa dell’on. Giorgia Meloni, con l’on. Alessio Butti alla Camera dei Deputati sul tema della Rete Unica con l’adesione al dettato dell’Europa che richiede una rete wholesale only non verticalmente integrata, ed il report di UBS che conferma una “guidance” sul titolo a 23 centesimi. Il video della conferenza stampa è di Fratelli d’Italia ha circolato diffusamente nelle sale di trading delle principali case di investimento e il report di UBS non ha sicuramente contribuito a rasserenare i mercati.
Key4biz. Alcuni commentatori hanno sostenuto che con il CdA del 17 dicembre si sia anche “celebrata” l’uscita di ENEL dalle telecomunicazioni e che quindi saranno CDP e TIM a governare lo sviluppo della Rete Unica. Ma è proprio così?
Francesco De Leo. Come ho già detto le scelte di ENEL sul tema erano già state ampiamente anticipate dai mercati, almeno dallo scorso mese di agosto. Il 17 dicembre il CdA di ENEL ha dato mandato al management di cedere al fondo Macquire fra il 40% e il 50% di Open Fiber. Si sono dati tempo fino al 30 giugno e sono state inserite delle clausole nel caso in cui l’accordo non si perfezioni entro quella data. La strada è ancora tortuosa e sei mesi sono un tempo molto lungo. “Wait and See”, come direbbero gli analisti.
Key4biz. Ma quali sono i fattori che potrebbero intervenire nell’iter di perfezionamento dell’accordo?
Francesco De Leo. I mercati e gli analisti non operano in un “vacuum”, in uno spazio temporale differente da quello che viviamo in queste settimane e in questi giorni. L’eco delle dichiarazioni dell’on. Giorgia Meloni è stato registrato con molta attenzione dalle principali “investment house”: il richiamo all’ Europa ed agli orientamenti della Commissione Europea, il ribadire che la Rete Unica dovrà essere “wholesale-only e non verticalmente integrata” non sono parole passate inosservate, anche perché pronunciate da chi oggi (ndr. on. Giorgia Meloni) è Presidente dei Conservatori e Riformisti Europei, un rilievo istituzionale che ne avvalora il peso e l’indirizzo. Per certi versi, anche un fatto nuovo, perché di fatto riconosce la piena adesione al dettato europeo di forze che non necessariamente in passato erano state così “tenere” nei confronti di Bruxelles. E in parte, costituiscono un segnale, un preludio ai cambiamenti in arrivo nei prossimi mesi, che si leggono fra le righe.
Key4biz. Non sia evasivo, ci spieghi meglio cosa intende?
Francesco De Leo. Guardi, i mercati e gli investitori internazionali non emettono giudizi arbitrari sul tema degli assetti di governo a livello politico, non sono a favore di uno schieramento o di un altro. Registrano solamente i fatti, ne decifrano i “segnali” e contestualmente modificano, con un “click”, l’allocazione dei loro portafogli di investimento. In alcuni casi “sbagliano”, ma in linea di tendenza “ci prendono”. Nel corso delle ultime 72 ore hanno registrato quello che la politica in Italia sta cercando di stemperare nei toni, ma a che è, a tutti gli effetti, una crisi di governo.
Key4biz. E quindi? Che cosa vorrebbe dire?
Francesco De Leo. Se di crisi si tratta e come sarà superata, lo sapremo solo agli inizi di gennaio 2021. E’ chiaro agli osservatori, che se l’azione del governo attualmente in carica non dovesse rivelarsi all’altezza della terza ondata della pandemia (che ogni probabilità si abbatterà sul Paese a partire della seconda metà di gennaio) è sempre più probabile che emergeranno pressioni “da più parti” per un Governo di Unità Nazionale (quindi supportato da un ampio arco di forze anche dell’opposizione): le dichiarazioni dell’on. Giorgia Meloni e le iniziative “diplomatiche” di ricucitura con i principali partner europei, portate avanti dall’on. Giancarlo Giorgetti (vice segretario federale della Lega), sono state interpretate dai mercati come un passo verso un superamento dell’attuale stagione di governo.
Key4biz. In che senso parla di “pressioni da più parti”?
Francesco De Leo. Non credo che si possa nascondere a lungo che il 2021 sarà ancora un anno molto difficile per le economie dell’Eurozona: non è utile per acquisire credibilità nei confronti dei mercati finanziari internazionali e a lungo andare si rivela controproducente. Con il debito accumulato ad oggi (176% sul PIL), il nostro Paese deve necessariamente trovare un raccordo con l’Europa. E questo vuole dire rispettare gli orientamenti della Commissione Europea, evitando incrinature ed incomprensioni che potrebbero riflettersi negativamente sulla parte dei fondi del programma Next Generation EU destinati all’Italia. La Commissione Europea si è sottratta fino ad ora dal vedersi trascinata nella querelle, tutta “locale”, sul tema della Rete Unica. Ma ne osserva con attenzione gli sviluppi ed ha accesso un faro sull’Italia, in ottica Next Generation EU.
Key4biz. Quindi ci potrebbero essere degli impatti sui fondi destinati all’Italia, o almeno in quella parte del programma Next Generation EU destinata al digitale?
Francesco De Leo. I mercati “registrano” fatti e dichiarazioni, analizzano e ne traggono le conseguenze. È chiaro che, in parte, mancano della capacità di leggere fra le righe i “bizantinismi” della politica italiana, per cui sono sempre possibili correzioni tardive, in positivo. Ma nel caso attuale la situazione è più seria del previsto, perché dei 209 miliardi di euro destinati all’Italia, solo una parte sono sovvenzioni a fondo perduto, circa 87/88 miliardi, il resto è debito e dovrà essere restituito. Non credo che sia un caso che lo scorso mese di agosto, Mario Draghi abbia richiamato l’attenzione sul “debito cattivo e il debito buono” e che più di recente abbia sottolineato con preoccupazione che la crisi attuale innescata dal COVID-19 e la contestuale immissione di liquidità nei mercati ha elevato il numero delle “zombie companies”, che a tendere non sarà sostenibile.
Key4biz. Ci vuole dire che anche lei è fra quelli che si attendono l’arrivo di Draghi?
Francesco De Leo. Guardi, non c’è molto da dire, se non constatare che è molto probabile che in questi giorni, in queste ore da parte dei nostri principali partner europei e dei mercati sia emersa la necessità di avere ampie rassicurazioni che i fondi del Next Generation EU verranno impiegati per una reale trasformazione del Paese. Non si tratta di una novità, ma è prassi comune nel mondo dei mercati finanziari, dai fondi di private-equity ai fondi di investimento o di debito, che quando il profilo di rischio e la posta in gioco diventa molto elevata ci sia l’interesse ad assicurarsi una leadership all’altezza delle sfide che si devono affrontare. E il track-record diviene il fattore dirimente. Non ci sarebbe, dunque, nulla di cui sorprendersi se per le pressioni internazionali più che per quelle della politica italiana, il nome di Mario Draghi venisse indicato come lo spartiacque con il passato e quindi l’apertura di una nuova stagione di governo.
Key4biz. Perché allora, a fronte delle decisioni prese dal CdA di ENEL in merito alla cessione della quota in Open Fiber, i mercati sono rimasti ancora attendisti sul tema della Rete Unica?
Francesco De Leo. I mercati e gli investitori hanno registrato nei giorni passati un’accelerazione della crisi politica e senza una continuità dell’azione di governo sull’arco dei prossimi 2 anni ci sono timori che difficilmente si riuscirà a portare a buon fine la realizzazione del progetto “Rete Unica”. Il MEF (e in seconda battuta il MiSE) con il coordinamento di Palazzo Chigi ha dettato l’agenda sotto il profilo politico, in alcuni casi intervenendo direttamente a mercati aperti. Se dovesse materializzarsi un cambio di leadership nei prossimi mesi, ci si potrebbe attendere un orientamento più coerente al dettato europeo, e con ogni probabilità una maggiore attenzione e rigore nelle comunicazioni ai mercati.
Key4biz. Quindi, ancora una volta, i mercati dovranno confrontarsi con l’evoluzione del contesto politico e le ricadute sul progetto della Rete Unica: ma con che attese?
Francesco De Leo. L’Italia in questo preciso momento è sotto il riflettore dei mercati e non solo per l’accelerazione della crisi politica. Alcuni problemi di fondo non sono stati affrontati quando si poteva ancora intervenire. Ci sono timori per due fattori, in parte collegati, che insieme potrebbero andare ad impattare sul profilo di rischio del Paese: l’incremento tendenziale, a partire dal primo trimestre 2021, dei crediti deteriorati (Non Performing Loans, NPL) nei bilanci delle banche e la correzione al ribasso (in un range del -30/40%) del valore degli asset immobiliari, fino ad oggi considerati un bene rifugio da larga parte dei risparmiatori italiani e dagli investitori. Chi si troverà al governo a partire dai prossimi mesi, non potrà più eludere il problema. E quindi, se il tema della “Rete Unica” non sarà superato a breve, è molto probabile che chi si troverà a guidare un nuovo esecutivo non avrà il tempo per occuparsene. I mercati ne traggono le conclusioni, anticipando un iter ancora lungo e tortuoso.
Key4biz. Ma davvero solo il nostro Paese è così vulnerabile di fronte all’incertezza che segna questa fase di transizione?
Francesco De Leo. Ha ragione, non è così. Se si analizzano i pattern, i modelli che determinarono l’evoluzione del capitalismo industriale nei 50 anni fra il 1880 e il 1929, se ne deriva la netta impressione che in parte ci si trovi nelle stesse condizioni. Oggi come allora, i fattori chiave del cambiamento sono legati a tecnologie che presentano un forte impatto deflattivo come l’automobile, l’energia e le telecomunicazioni. L’elettrificazione del settore automotive, gli sviluppi nell’energy storage ed il 5G sono strettamente interconnessi e stanno accelerando più rapidamente di quanto fosse prevedibile. È possibile che la Germania si trovi a dover affrontare sfide non cosi fondamentalmente diverse da quelle vissute a cavallo degli anni fra i due conflitti mondiali. Oggi, nel complesso, il solo settore automotive tedesco presenta circa 442 miliardi di euro di debito (Volkswagen Group 174 miliardi, Daimler AG 152 miliardi e BMW 116 miliardi): se si tiene presente che ogni gruppo automobilistico ha creato la sua “banca” per finanziarizzare l’acquisto dei propri modelli, è possibile che con la crisi in corso larga parte di quel debito sia a rischio. La Germania è un paese con forte vocazione all’export, in particolare verso la Cina, in una fase in cui si sta entrando in una fase di lenta, ma progressiva de-globalizzazione. Le banche tedesche hanno avuto un ruolo importante nel finanziare la crescita dell’export proprio di quelle aziende che ora si troveranno a dover gestire una fase di contrazione: anche in Germania il problema delle “zombie companies” non è trascurabile e deve essere affrontato. Non è da escludere che ne possano derivare sorprese negative. Quindi, vuoto per pieno, o “all in all”, fatto salvo il rapporto debito/PIL, i problemi dell’Italia non sono così diversi da quelli della Germania: da noi il rischio è dovuto alla possibile “bolla” immobiliare in presenza di quote crescenti di NPLs (Non Performing Loans) nei bilanci delle banche, mentre in Germania c’è più preoccupazione per le conseguenze di una “bolla” legata alla transizione del settore automotive, a fronte di una progressiva fragilità delle banche tedesche. Se poi si tiene conto che le economie manifatturiere di questi due Paesi sono fra loro strettamente interconnesse è chiaro che le probabilità di un deterioramento del profilo di rischio sia un fattore oggi non trascurabile. In una crisi di queste proporzioni, come quella che stiamo affrontando, e frequente che quelli che in passato erano fattori di forza si trasformino in punti di debolezza.
Key4biz. Tornando alla Rete Unica, perché i mercati vedono difficile un superamento della fase attuale di incertezza?
Francesco De Leo. Non ci sono dubbi che le economie dell’eurozona saranno sottoposte a stress sistemici nel corso del 2021. E quindi, la qualità della leadership e di visione farà, ancora una volta, la differenza. I mercati hanno in generale un orientamento “binario”. Sono disposti a dare credito a o un Premier che abbia acquisito un ampio endorsement in termini di voto popolare o a figure di alto profilo, che per la propria storia e i risultati ottenuti in termini di track-record esprimano legittimazione ed autorevolezza. In sintesi, i mercati si attendono che i leader politici che si trovano ad affrontare la crisi attualmente in corso siano legittimati o per via di un passaggio elettorale o in virtù dei meriti acquisiti sul campo. Non ci sono vie di mezzo. E dal momento che il “sentiment” dei mercati è che non ci sia spazio, a breve, per un passaggio elettorale, se ne deriva che la seconda soluzione sia la più probabile.
Key4biz. Ma davvero è così semplice? Non c’è un problema anche di ridefinire un progetto-paese?
Francesco De Leo. Ha assolutamente ragione. Sul tema della Rete Unica il contrasto è ancora più evidente. Il Governo attuale sembra favorire la prospettiva di una rete unica, verticalmente integrata sotto il controllo di un gruppo sostenuto da capitali privati, in larga misura sotto il controllo di un investitore estero. Il progetto Open Fiber nacque, al contrario, da un’intuizione del Governo di Matteo Renzi, per dare una scossa al Paese che era in ritardo sulla diffusione della larga banda, con l’obiettivo di creare un operatore wholesale only, indipendente e non verticalmente integrato e che fosse in grado di esportare questo modello anche su altri mercati. Sulla stampa nazionale è stato ampiamente riportato il contrasto fra il leader di Italia Viva (Iv), Matteo Renzi, e l’attuale capo del Governo, Giuseppe Conte. I mercati finanziari non hanno impiegato molto per registrare che anche su questo punto, sulla visione del futuro del Paese, le posizioni non potrebbero essere più distanti. E quindi si attendono più tensioni e maggiore incertezza, con tutto quello che ne deriva per i piani che sono stati messi a punto dall’attuale esecutivo. A breve, agli inizi di gennaio, si saprà quale sarà la visione del Paese che avrà prevalso: ma chi si troverà ad avere responsabilità di governo non potrà fare a meno di confrontarsi con l’Europa. Pensare che sia praticabile un percorso diverso, non è nei fatti possibile, né auspicabile. E questo i mercati lo sanno molto bene.