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La guerra economica tra Stati Uniti e Cina non conosce tregua e ora, dopo l’esclusione di Huawei dall’affare 3Leaf, legata ad una decisione politica, ulteriori motivi di attrito sembrano aggiungersi a quelli preesistenti. Ieri sera Bill Plummer, vice president External affairs dell’azienda cinese in america, ha dichiarato: “Siamo assolutamente a disposizione del Governo americano per chiarimenti e ulteriori verifiche sul nostro business negli Stati Uniti e pensiamo che ogni azione di controllo sia dovuta e necessaria per fugare ogni dubbio“.
Un’inusuale richiesta di investigare sul proprio business, questa di Huawei in terra USA, che però potrebbe portare vantaggi in termini di immagine all’opinione pubblica americana e mondiale. Qualche giorno fa il colosso delle infrastrutture di telecomunicazioni cinese aveva rinunciato, su pressioni di Washington, all’acquisto di 3Leaf, azienda operante nel settore della virtualizzazione e con base nella Silicon Valley. Ufficialmente per il giudizio negativo del CFIUS (Committee on Foreign Investment in the United States), che sostiene di non aver ricevuto nessuna richiesta di autorizzazione e certificazione da Huawei e che vede nell’operazione finanziaria un elevato livello di pericolo per la sicurezza nazionale.
Huawei però, ha sostenuto in un comunicato stampa Ken Hu, presidente di Huawei USA, ha sottoposto una tempestiva richiesta al Bureau of Industry and Security presso il Dipartimento del Commercio prima di concludere l’acquisto, in maggio, e il Dipartimento ha certificato che non era necessaria alcuna autorizzazione per esportare la tecnologia 3Leaf. Dopo aver saputo che il CFIUS (Committee of Foreign Investiment of the United States) era interessato alla transazione di 3Leaf, Huawei ha sottoposto richieste, preliminare e formale, per l’inizio della revisione della transazione, a novembre 2010.
L’11 febbraio 2011, infine, il CFIUS ha formalmente notificato a Huawei la raccomandazione di ritirare la sua proposta di acquisto. “Inizialmente abbiamo rifiutato – ha commentato Hu – ma abbiamo in seguito deciso di accettare la raccomandazione e di ritirare la domanda di acquisto, secondo i termini indicati dal CFIUS, a causa dell’impatto significativo di questa notizia e dell’attenzione generata dalla transazione“.
Huawei è impegnata in un investimento a lungo termine negli Stati Uniti, dove ha già oltre 1000 addetti impiegati su base locale. Nel 2010 ha acquistato prodotti e servizi da società americane per un valore che si aggira intorno ai 6,1 miliardi di dollari. Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo negli Stati Uniti sono cresciuti del 66% su base annuale ed hanno raggiunto la cifra di 62 milioni di dollari nel 2010.
Quanto accaduto può essere inteso come un chiaro messaggio dell’amministrazione Obama agli investimenti cinesi in Nord America, visti come fonte di ingerenze presenti e future da parte di Pechino negli affari finanziari e politici interni. Un timore che fa leva anche sul fatto che il controllo del Governo cinese sulle proprie aziende è molto forte e non aiuta certamente sapere che il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha prestato servizio come ufficiale nell’esercito del Paese asiatico.
A riguardo, sul sito web si Huawei, è stata diffusa ieri una seconda nota stampa sulla vicenda 3 Leaf, in cui si dichiara in modo esplicito che: “Non sussistono motivazioni valide per quanto accaduto, ne emergono fatti in cui Huawei sia implicata in vicende di spionaggio militare e finanziario che possano mettere a repentaglio la sicurezza degli Stati Uniti d’America“. Il comunicato continuava sottolineando che: “L’azienda non lavora per il Governo della Repubblica Popolare della Cina, ne ha mai violato le leggi sulla proprietà intellettuale sul territorio americano o altrove nel mondo; esempi ne sono i 600 milioni di dollari pagati a Qualcomm, la vittoria in sede giudiziaria su Cisco e la rottura con Motorola, rea di aver sottratto dati riservati per conto di Nokia Siemens Network“. Nel 2010, Huawei ha pagato 222 milioni di dollari alle compagnie occidentali in diritti legati alle licenze e 175 milioni di dollari solo a compagnie americane.