Stati Uniti
Le tecnologie mobili rivestiranno un ruolo di primaria importanza per la crescita di internet nel prossimo futuro, grazie soprattutto alla loro diffusione nei mercati emergenti, dove spesso rappresentano l’unico modo per accedere al web. Lo ha sottolineato in un’intervista al Wall Street Journal uno dei padri fondatori della rete, quel Vinton Cerf che attualmente svolge anche il ruolo di “chief Internet evangelist” di Google.
Tra i diversi gli argomenti affrontati nel corso dell’intervista, Cerf si è soffermato, in particolare, sui timori legati al prossimo esaurimento degli indirizzi internet basati sul protocollo Ipv4 e sul difficoltoso passaggio al nuovo protocollo Ipv6.
Cerf ha spiegato che le difficoltà risiedono soprattutto nell’incompatibilità tra i due sistemi: “Il problema è che per comunicare, tutti dovrebbero avere un indirizzo Ipv6”.
A livello residenziale, poi, può succedere che il router, o il firewall o il box che traduce gli indirizzi di rete potrebbe non sapere come trattare un pacchetto Ipv6. Pur disponendo, quindi, di un sistema operativo compatibile col nuovo protocollo (Windows 7 o Apple), bisognerà aiutare gli utenti ad aggiornare tutti i sistemi e questo non sarà un passaggio facile.
Riguardo la questione sicurezza, Cerf ha quindi sottolineato che sono i browser internet le componenti più vulnerabili e “ingenue” verso i virus. Una soluzione è rappresentata in questo senso dall’open source: “le piattaforme aperte – ha spiegato – permettono alla gente di individuare il problema e di risolverlo. E’ una questione importante, che darebbe agli utenti uno strumento in più per difendersi dai siti infetti. Attualmente i browser che permettono ai programmi nocivi di infilarsi nel Pc e corromperlo rappresentano la sfida maggiore da vincere”.
Cerf si è quindi soffermato sul tema della Net Neutrality, il principio in base al quale tutto il traffico internet deve essere trattato allo stesso modo, senza discriminazioni di contenuti o dispositivi, affermando che la posizione di Google è ferma sull’impegno verso un internet aperto, “in cui l’utente può andare dive vuole”. Dal punto di vista del business, ha aggiunto, “le persone potranno inventare nuove applicazioni senza dover chiedere il consenso all’Isp”.
I recenti fatti di politica internazionale hanno riacceso i riflettori sul ruolo di internet nei regimi autoritari e repressivi: le rivolte in Tunisia, Egitto e Libia hanno dimostrato che i social network e i cellulari possono svolgere un ruolo di primo piano nel permettere alle persone di organizzarsi e di far conoscere al mondo quello che le Tv di Stato non oserebbero mai mostrare. E anche per questo le reti sono state immediatamente bloccate dalle autorità di questi Paesi.
Cerf dice di essere rimasto molto sorpreso dalla reazione del governo egiziano di fronte alle proteste del popolo: “Quello che questa reazione ci dice è che le tecnologie di comunicazione si sono evolute nell’ultimo ventennio e hanno permesso alle persone di far sentire la loro voce. Quello cui stiamo assistendo è una responsabilizzazione verso la democrazia che prima non esisteva, ma è difficile prevedere quello che succederà. Dal punto di vista politico – ha osservato – il blocco di internet col passare del tempo potrebbe ritorcersi verso chi l’ha attuato”.
Google, tra l’altro, sa bene che vuol dire avere a che fare con un regime che censura internet: lo scorso anno la società ha chiuso il motore di ricerca cinese e ha deciso di dirottare le ricerche degli utenti verso i server di Hong Kong, per aggirare la censura in atto nel paese.
Col passare del tempo, ha affermato Cerf, sembra che la Cina abbia compreso l’importante ruolo economico della rete in un contesto globale: “Internet permette di coordinare la produzione, vendere prodotti, capire quello che vogliono i consumatori. ma alla luce della forte diversificazione della popolazione, è difficile capire l’impatto sociale di queste tecnologie”.
Google, ha affermato ancora Cerf, non è fuggito dalla Cina, che resta un enorme mercato “in cui vogliamo continuare a essere presenti. Dobbiamo capire quello che funziona e così farà il governo, che dovrebbe comprendere quello che è meglio per la sua gente”.
Cerf, infine, ha sottolineato di auspicare che il governo Usa segua l’esempio di quello australiano che ha messo sul piatto diversi miliardi per la realizzazione di una rete nazionale in fibra ottica che porti l’ultra banda larga nelle case, nelle scuole, negli ospedali, nelle aziende.
“Spero che anche il nostro governo ragioni in questi termini: c’è bisogno di investimenti a lungo termine, perché i risultati si vedranno sul lungo periodo. Nel caso specifico dell’Australia, penso che il governo abbia capito che una volta che tutti i cittadini avranno la disponibilità di connettersi a questa infrastruttura, sarà un vantaggio per tutti”, ha concluso.