Tlc: agli operatori mobili Ue non basta il boom dei dati. Arpu in calo del 20% in 3 anni

di Alessandra Talarico |

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Il boom dei dati non sembra essere sufficiente a raddrizzare la difficile situazione degli operatori mobili europei. E’ questa la conclusione di uno studio realizzato da  Wireless Intelligence, secondo cui tutti gli sforzi messi in atto dalle celcos per sostenere il boom del traffico dati – trainato dalle fameliche applicazioni come YouTube, Facebook o Netflix – hanno solo contribuito a stabilizzare l’Arpu (il ricavo medio per utente), ma non ne hanno determinato un aumento.

 

Secondo Wireless Intelligence, l’Arpu degli operatori mobili europei è sceso del 20% negli ultimi tre anni da 25 euro a 20 euro e mentre i servizi dati non sono riusciti a compensare le perdite legate alla diminuzione del traffico voce, la situazione delle società è aggravata dalla necessità di investire nelle reti di nuova generazione e di sostenere l’acquisto degli smartphone. Nonostante questo, sottolinea comunque lo studio, i margini operativi restano su livelli relativamente alti, a circa il 20%.

 

Le società stanno cercando di rimediare alla cupa situazione in diversi modi: con nuove strutture tariffarie, cercando di far partecipare i fornitori di contenuti agli investimenti sulle nuove reti, orientandosi su nuovi servizi.

Ma l’erosione dell’Arpu rimane il problema principale, causato principalmente dal declino dei prezzi al minuto dei servizi vocali, scesi nei 27 paesi Ue 0,16 a 0,14 euro.

I ricavi legati ai dati, nonostante il sensibile aumento del traffico, contribuiscono per meno del 15% all’Arpu totale, anche se in alcuni casi la percentuale sale al 33%. I profitti non-voice, inclusi gli sms, si collocano su una media di 6 euro, un dato raddoppiato dal 2007.

 

Gli operatori più importanti con attività nelle economie più sviluppate, registrano la più alta percentuale di profitti: i profitti non-voice di Vodafone hanno raggiunto il 33% sui maggiori mercati europei come Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. La percentuale di Orange in Francia è del 31% e quella di T-Mobile in Germania del 29%.

Decisamente diversa, invece, la situazione degli operatori giapponesi: Softbank ha fatto sapere che i profitti dati hanno superato quelli legati ai servizi vocali e hanno raggiunto il 54% nel 2010. Quelli di DoCoMo e KDDI si attestano, rispettivamente, al 49% e al 45%.

 

Andando di questo passo, sottolinea lo studio, ci vorranno almeno 5 anni perchè gli operatori europei raggiungano quelli giapponesi. Allo stesso tempo, si dovrà affrontare il continuo declino dei profitti voce e la progressiva saturazione di molti mercati. Problematiche alle quali si aggiunge la necessità di migliorare la qualità delle reti per sostenere la crescita della domanda.

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