L’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Coronavirus non ha fermato la transizione verde delle principali città del pianeta, articolata in piani di azione tesi a migliorare i livelli di resilienza climatica e territoriale.
In una nuova indagine condotta dalla CDP, sono state selezionate le città che più di altre, a livello globale, hanno continuato a lavorare sulla sostenibilità ambientale, sulla riduzione delle emissioni inquinanti, sul miglioramento della qualità della vita dei cittadini.
La CDP è un’organizzazione internazionale non profit che fornisce a imprese, autorità locali, governi e investitori un sistema globale di misurazione e rendicontazione ambientale.
La lista delle “green cities” globali a maggioranza Usa/Ue
Ne è uscita una lista di 88 città green o green cities, la “A list”, che hanno fissato obiettivi climatici seguendo le indicazioni previste dall’accordo di Parigi, con i primi risultati concreti a livello di riduzione di emissioni, impatto ambientale e sfruttamento scriteriato del patrimonio naturale (tra cui le risorse idriche e il suolo).
Dal 2015 al 2020, le città che hanno fissato target ambiziosi in termini climatici e ambientali sono passate da 44 ad 88, mentre quelle che hanno adottato piani di resilienza climatica e territoriale sono passate da 26 a 88.
Europa e Nord America sono le regioni con il maggior numero di città inserite nella lista, tra cui: Barcellona, Bristol, Atene, Berlino, Baltimora, Berkeley, Boston, Cleveland, Copenhagen, Helsinki, Los Angeles, Miami, Parigi, San Francisco e Toronto, solo per nominare le più grandi e più celebri al mondo.
Ma ce ne sono anche di più piccole, come Murcia e Vitoria-Gasteiz in Spagna, Hermosillo in Messico, Boulder negli Stati Uniti, Lund in Svezia.
Per l’Italia, in centro classifica, troviamo il Comune di Torino e nuova entrata per il Comune di Firenze.
Per l’Asia troviamo invece Hong Kong, Taipei, Seoul, Canberra e Auckland per l’Australia.
Risultati concreti per un futuro sostenibile. L’importanza degli open data
Nonostante le difficoltà legate alla pandemia di Covid-19, c’è il 34% in più di nuove città nella lista.
Gli Stati Uniti hanno 25 città in lista, la quota maggiore, e questo nonostante la politica negazionista di Washington dell’era Trump, con il ritiro dagli accordi di Parigi del 2015.
In termini generali, 26 città lavorano con progresso alla neutralità climatica grazie all’uso massivo di fonti energetiche rinnovabili, con obiettivi fissati al 2050. Otto di queste, tra cui Copenhagen, Stoccolma e San Francisco hanno già raggiunto il 50% dei target prefissati dai rispettivi Consigli comunali.
Il 38% delle municipalità della lista ha fissato obiettivi zero emissioni inquinanti entro il 2050.
Affinché ogni città sia inserita nella lista, è necessario che siano accessibili i dati (open data) relativi alle emissioni inquinanti, anche pro capite, l’aver varato un piano d’azione per contrastare i cambiamenti climatici, aver completato una valutazione generale dei rischi e delle vulnerabilità legati alle anomalie climatiche e ai disastri naturali, l’aver definito un piano di adattamento climatico per gli anni a venire.
Resilienza climatica e territoriale
La resilienza climatica significa ridurre il rischio ed i danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) dei cambiamenti climatici in maniera efficace dal punto di vista socio-economico, nonché sfruttare i potenziali benefici della situazione.
La resilienza territoriale, invece, riguarda le strategie adatte ad alleviare un danno, dopo essersi materializzato, attraverso adeguate modifiche del sistema socio-economico e ambientale che ha vissuto lo shock, è spiegato dal Kyoto Club.
Prevenire gli impatti significa ridurre l’ammontare dei danni e dei costi futuri, soprattutto in termine di vite umane.