VINTI
Le reti sociali interessano anche i filosofi, si potrebbe dire leggendo l’articolo scritto dall’inglese Roger Scruton, professore all’Institute for the Psychological Sciences della Virginia, sulla rivista ‘Vita e Pensiero‘ dell’Università Cattolica di Milano.
“L’esistenza dei social network come Facebook, che sono oggi la porzione di comunicazione reale più ampia tra persone reali, non riguarda semplicemente un tentativo di sostituire una realtà virtuale con un’altra – ha dichiarato il filoso inglese, secondo quanto si legge in una nota dell’Adn Kronos – al contrario, i social network sono parassiti rispetto alle relazioni reali che incoraggiano e che essi stessi alterano“.
La rete di Mark Zuckerberg non è un facilitatore di amicizie e relazioni umane, bensì un luogo in cui i rapporti sociali sono mutuati ed esasperati, in cui si spinge “la gente a mettersi in mostra e, dall’altra parte, a diventare dei ‘guardoni’ anch’essi di quanti si espongono online“. Scruton, che già in altri libri si è occupato del rapporto tra mezzi di comunicazione e religione, e di Internet e terrorismo, investe i social network di una duplice responsabilità: da una parte l’aver stimolato ben oltre il dovuto il livello delle relazioni di amicizia tra le persone in rete, dall’altra l’aver generato solo simulacri di rapporti, la gran parte dei quali fittizzi e privi di basi concrete.
Molte persone, alla ricerca di un nuovo status sociale sul web di cui sono prive nella vita reale, sono così a rischio di isolamento ulteriore, proprio per l’enorme capacità di persuasione e di manipolazione percettiva del mezzo sui reali livelli di socialità degli individui. Un panorama di ipocrisia e pura estetica dell’amore e dell’amicizia, questo offerto da Internet e le sue piattaforme di socialità virtuale, che allarma il filosofo cattolico e che dovrebbe far riflettere di più sull’evoluzione odierna delle nostre relazioni sociali.
In occasione della presentazione di un suo recente libro uscito negli USA, “The Use of pessimis and the danger of false hope” (Oxford University Press), il docente inglese aveva già trattato l’argomento, sottolineando quanto Facebook, Twitter e Second Life rappresentino per l’umanità intera un pericolo per troppo tempo sottovalutato: “Per la preponderante capacità di isolare le persone, di renderle avulse al contatto fisico, avvolgendole nella falsa illusione di tenerle ancora più vicine“. Un’opinione che possiamo con sicurezza ritenere obsoleta e fuorviante, però, alla luce degli effetti reali delle reti sociali sui rapporti umani in genere, tutt’altro che indeboliti e virtualizzati.