Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
La tv a pagamento è sempre stata accompagnata da un pregiudizio, a dirla tutta quasi una verità inconfutabile fino a non molto tempo fa: anche se siamo sommersi da pubblicità che annunciano le nuove stagioni di Gomorra o Stranger Things e, soprattutto nei social, se ne parla in continuazione, si tratta comunque di un prodotto di nicchia.
Il 2020 l’anno della Tv on demand
Prendiamo Game of Thrones, una delle serie – tra quelle disponibili solo pagando – più famose degli ultimi anni: il finale andato in onda l’anno scorso, The Iron Throne, in Italia ha infranto diversi record di Sky totalizzando un totale di poco più di un milione di spettatori; per capirci, circa il 75% di una qualsiasi tra le più di 5.400 puntate di Un posto al sole su Rai3.
Intendiamoci, i ragionamenti delle pay tv non si fanno sui grandi numeri, considerando che loro possono contare su un abbonamento (anche se non lucrativo come in passato) mentre le reti in chiaro si basano solo sulla raccolta pubblicitaria ed eventualmente le sovvenzioni statali.
Ma fino al 2020 si è trattato pur sempre di una bolla, sempre più variegata (laddove c’era solo Sky sono arrivate, come sappiamo, Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, Apple TV+ e così via) ma perlopiù limitata a profili ben definiti di telespettatori (solitamente benestanti, abitanti in città medio-grandi e con un elevato livello di istruzione). Poi, con la pandemia, le cose sono cambiate, e forse di nicchia non si può più parlare.
Tv on demand: in tre anni utenti triplicati
Il coronavirus ha costretto tutti quanti a fare i conti con l’on demand come filosofia, e non solo come approccio legato ai contenuti televisivi: perfino la spesa fatta consegnare a casa a causa del lockdown non è più un aggirarsi tra i banchi di un supermercato e farsi suggerire un acquisto dalle merci esposte, ma prendere la propria lista e cercare a uno a uno i prodotti già appuntati nella lista.
La televisione ovviamente non fa eccezione, tanto che anche le reti più tradizionali, come quelle Rai, si sono dotate di una piattaforma on demand (RaiPlay) pensata per soddisfare le esigenze di chi non vuole sentirsi obbligato ad accendere la televisione a una certa ora del dato giorno, e poi rimanere davanti allo schermo senza pause. L’aumento della visione in streaming ha riguardato tutti gli operatori, e anche chi è stato colpito durissimo dalla crisi e dalle sue conseguenze – come Disney, che ha dovuto chiudere i suoi parchi a tema, da sempre una fetta molto consistente del suo fatturato – ha trovato un’ancora di salvezza nei contenuti audiovisivi a pagamento.
Secondo la ricerca effettuata da EY, in collaborazione con Fastweb e Discovery, gli abbonati a piattaforme on demand a pagamento a luglio 2020 erano già 10 milioni, per un totale di 15,8 milioni di utenti, visto che in più di un caso c’è la possibilità di condividere lo stesso abbonamento con più persone della famiglia. Se pensiamo che solo tre anni fa erano poco più di 4 milioni, si capisce come la crescita sia stata impressionante, e il lockdown è stato un’arma in più: tra gennaio e luglio gli utenti sono aumentati di due milioni e gli abbonamenti di un milione e mezzo.
Si salva la televisione che cambia
Dove vengono visualizzati i contenuti a pagamento? La televisione resta saldamente in testa alla classifica, con il 63% degli utenti. Una tenuta della modalità più tradizionale che deriva anche dall’evoluzione delle smart tv, ormai tranquillamente assimilabili a un PC o a un tablet con uno schermo gigante, con il relativo corredo di app e funzionalità avanzate. Fino a poco tempo fa, infatti, una delle barriere maggiori a una maggiore diffusione della Tv on demand a pagamento era rappresentata dalla difficoltà di accesso, non immediatamente aggirabile per chi non aveva troppa dimestichezza con le nuove tecnologie. Ora perfino i telecomandi hanno già i loro bravi pulsanti “Netflix” o “Prime” e l’esperienza d’uso è in tutto e per tutto simile a quella della fruizione dei canali tradizionali. Al secondo posto c’è lo smartphone, a dispetto dello schermo angusto, seguito dal PC e solo al quarto posto, con il 5%, dai tablet, che si confermano dispositivi “ibridi” – portatili ma non troppo, con schermo grande ma non troppo – e forse destinati a essere superati.
Naturalmente larga parte del successo l’ha avuta anche la riduzione di costo degli abbonamenti tv on demand, che è scesa anche sotto i 10 euro (Disney+, ad esempio, costa solo 6,99 euro al mese, Apple TV+ 4,99 euro al mese; su SOStariffe.it si possono trovare tutte le offerte più convenienti per il periodo in corso). Così, anche tante famiglie che non avevano mai guardato null’altro che le reti Rai e Mediaset, e al più La7, si sono trovati di fronte una ricchezza inedita di trasmissioni originali, serie tv, film, cartoni animati, documentari e altro ancora. Proprio come lo shopping online, altro settore di grande successo nei mesi di lockdown.
La tv streaming? Questione di abitudine
Come ha fatto notare il critico televisivo più famoso d’Italia, Aldo Grasso, sul Corriere della sera, «il 2020 – anno del coronavirus — sarà anche ricordato per la decisa accelerazione nelle abitudini televisive degli italiani, con un boom della visione on demand e dello streaming». Questo grazie a tre indizi: il record assoluto dell’Auditel Digitale attraverso i vari device, il già citato aumento dei fruitori della tv streaming durante i mesi della pandemia, l’aumento del tempo medio passato su piattaforme streaming rispetto alla tv classica, tale da far ipotizzare un futuro sorpasso.
E poi, naturalmente, c’è lo sport, sempre con la spada di Damocle di una possibile sospensione delle attività più seguite, come il campionato. Ma anche senza la Serie A, pare che la strada sia tracciata anche nelle abitudini degli italiani, come è già del resto capitato in altri Paesi europei. Conclude ancora Grasso: «Schermi e video on-line accompagnano la giornata di una crescente parte di popolazione: contenuti di news e sport di breve durata la mattina; serie tv e intrattenimento di media durata il pomeriggio; contenuti «scripted» (film e serie) più lunghi, in co-visione familiare, la sera». Una tv davvero on demand, insomma, capace di adattarsi sempre più a noi e alle nostre esigenze; cosa che siamo invece ben poco disposti a fare per le offerte sempre uguali e poco stimolanti. Come un tempo, l’alternativa è a un pulsante del telecomando di distanza.
Fonti
https://www.ilsole24ore.com/art/la-tv-on-demand-fa-pieno-abbonati-ADMawvs