NGN: la Lombardia e la fibra. Accordo tra MSE e Regione per banda larga e ultra larga. Un modello replicabile?

di di Raffaele Barberio |

Il progetto avanzato di rete regionale NGN si è fermato. Da qui la necessità di cercare un modello capace di mettere tutti o quasi d’accordo, per dar luogo alla nuova rete e definire i nuovi servizi.Le anticipazioni di Key4biz.

Italia


Raffaele Barberio

Novità per la Lombardia e per il suo progetto avanzato di rete regionale NGN.
Come è noto il progetto è stato in passato indicato come un possibile modello di territorializzazione delle reti NGN, attraverso l’impegno della Regione Lombardia.
Il progetto lombardo è andato avanti mese dopo mese, fino a fermarsi di fatto per mancanza di risorse e di un chiaro modello di business, cosa che ha fatto il paio con la difficile negoziazione costruita intorno al cosiddetto tavolo Romani.
Dei tre modelli possibili e teoricamente perseguibili, per sbloccare lo stallo, il primo è giunto già al capolinea. Parliamo di quello configurato come iniziativa pubblica promossa dalla Regione ed eventualmente da altri soggetti, ed è considerato tale da tutti per l’indisponibilità di risorse pubbliche adeguate. Ma era un risultato per alcuni versi scontato.
Rimangono le altre due soluzioni: quella del graduale processo di sostituzione della fibra con il rame, ma con obbligo di migrazione per gli operatori e quella del cosiddetto switch-off, ovvero di un modello operativo che unisca i principali operatori (incumbent e OLO) e che preveda al momento della dismissione del rame un riconoscimento economico a Telecom Italia per l’eventuale conferimento di valore (e di quota partecipativa) all’interno della società di gestione (una soluzione, in un certo senso, simile a quella che si sta profilando per la Provincia Autonoma di Trento).
Difficile prevedere quale delle due si affermerà, salvo altre possibili soluzioni ibride.
Da qui la necessità della ricerca di un modello capace di mettere tutti o quasi d’accordo, accomunati dalla necessità di dar luogo alla nuova rete e con essa alla definizione di nuovi servizi.
In questo quadro va collocato l’accordo di collaborazione sottoscritto il 20 maggio scorso da MSEDipartimento per le Comunicazioni e la Regione Lombardia, nato forse dall’esigenza di creare prerequisiti operativi e giuridici sin qui non previsti.
Ma entriamo nel dettaglio dei punti fondanti dell’accordo di collaborazione tra MSE e Regione Lombardia.
Viene sottolineata innanzitutto l’esigenza di “…condivisione delle risorse da parte di soggetti pubblici e privati, attraverso lo strumento del partenariato pubblico-privato”.
Viene effettuato un richiamo al ruolo del MSE da un lato come abilitatore e “…sollecitatore di investimenti in materia di infrastrutture per l’innovazione e lo sviluppo di reti e servizi di comunicazione elettronica” e, dall’altro, come “…coordinatore di progetti di implementazione della banda larga anche attraverso la stipula di accordi di programma con le regioni interessate”.
Tutto questo per dire che il MSE dichiara di voler partecipare attivamente al Progetto Banda Larga e alle sperimentazioni di Banda Ultra Larga (BUL), attraverso, oltre che il Dipartimento per le Comunicazioni, le proprie controllate Infratel e Invitalia.
Come raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di realizzazione del Progetto BUL?
Con la creazione di una “società veicolo”, costituita da Regione Lombardia e MSE, per la realizzazione e gestione del progetto, la realizzazione delle reti e infrastrutture, utilizzando al meglio le infrastrutture esistenti, quando possibile, compresa la fibra ottica fino all’elemento verticale per l’utilizzo finale (all’interno dei condomini). La società veicolo prevede una governance con partecipazione paritaria tra Regione Lombardia e MSE, “…anche con riferimento alla successiva partecipazione degli operatori ovvero di altri soggetti di diritto privato“.
Insomma un accordo di collaborazione che potrebbe rappresentare un possibile modello operativo replicabile o nelle altre Regioni o da estendere a livello nazionale.

Parallelamente, appena una settimana prima, lo scorso 13 maggio, è stata sottoscritta dagli stessi soggetti (da un lato il Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento delle Comunicazioni e dall’altro la Regione Lombardia) una Convenzione per lo sviluppo della banda larga nelle aree rurali bianche C e D della Regione Lombardia, con una netta azione motivata dalla lotta al digital divide in quelle zone.
Un piccolo passo, come qualcuno potrebbe obiettare, la cui rilevanza è però data, anche qui, dalla replicabilità del modello in altri contesti regionali (già si citano le Regioni che potrebbero far parte dei primi schemi pilota).
Le risorse della Convenzione per le aree bianche sono state intercettate tra i fondi FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Regionale) destinati allo sviluppo rurale (per il 60%) con un’integrazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze (40%).
I Fondi FEASR prevedono infatti complessivamente 1,02 miliardi di euro, di cui 154,5 milioni destinati all’Italia per sviluppare l’infrastruttura a larga banda nelle aree rurali dell’Unione Europea. Nel Piano strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) 2007-2013, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha ricondotto e collegato la priorità strategica relativa alla banda larga all’obiettivo prioritario dell’Asse 3, Misura 321 “Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale” del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013.
L’iniziativa relativa alla Lombardia per le zone rurali bianche appare pertanto come il primo di una serie di accordi che può assegnare nuove risorse alle Regioni in materia di sviluppo della larga banda nelle aree rurali.
La Regione Lombardia affida in questo caso al MSE la realizzazione del progetto e le infrastrutture realizzate rimarranno di proprietà della stessa Regione Lombardia, ma date in gestione per la manutenzione ordinaria e straordinaria, in regime di concessione, al ministero o meglio a società da essa delegata (ancora una volta Infratel).

In conclusione due atti molto differenti, ma che colpiscono per alcune precise ragioni:

  • la contemporaneità di sottoscrizione della Convenzione prima e dell’accordo poi (appena una settimana l’uno dall’altro);
  • l’insistenza sullo stesso territorio (la Regione Lombardia);
  • la complementarità dell’iniziativa (la Convenzione sulle aree di digital divide, l’accordo sulle aree BUL ad alta densità).

Una concomitanza che offre qualche ottimistica considerazione sulla ricerca di soluzioni che riescano a sbloccare la condizione di stallo del cosiddetto tavolo Romani.
Siamo ancora alle dichiarazioni di volontà e occorre aspettare il punto di vista degli operatori.
Ma è probabile che qualcosa si stia sciogliendo su quell’impervio versante…

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