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‘Troppo potenti, vanno spezzettate’. Anche gli Stati Uniti hanno paura delle big tech

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Ieri si è svolto a Washington l'evento dell'anno di Capitol Hill. I quattro Ceo delle big tech in molte occasioni si sono trovati nell’imbarazzo di dover rispondere con “Un non sono d’accordo, non mi risulta” senza argomentare delle valide spiegazioni.

A Capitol Hill qualcuno l’ha definito l’evento dell’anno, seppur virtuale.

Ieri, Jeff Bezos, Sundar Pichai, Mark Zuckerberg e Tim Cook hanno testimoniato al Congresso americano. I ceo delle “big four” dell’hitech sono finiti sotto torchio, costretti a difendersi dalle accuse di pratiche anticompetitive dopo 13 mesi di indagini condotte sul modo di fare business delle loro aziende.

Big tech Vs Usa

Queste aziende sono diventate troppo potenti, ancora di più con la pandemia, bisogna fare qualcosa“, l’atto di accusa che si leva dall’aula della commissione antitrust della Camera dove i quattro protagonisti vengono definiti “titani, imperatori dell’economia online“.

Un’audizione trasformatasi presto in un processo a 360 gradi, condizionato anche dalle minacce sparate da Donald Trump a qualche ora dall’inizio dello show: “Se il Congresso non riesce a portare correttezza e onestà nelle Big Tech, cosa che avrebbe dovuto fare anni fa, lo farò io con dei decreti”, ha scritto su Twitter il grande assente. “A Washington tutti parlano ma nessuna azione è stata intrapresa per anni, e la gente di questo paese è stanca di ciò”, ha aggiunto il presidente americano.

Il Congresso: ‘Troppo potere’

Il Congresso, durato ben 5 ore, ha visto andare in scena numerosi argomenti. Si è parlato dell’abuso di posizione dominante di Google e dell’acquisizione di Instagram da parte di Facebook; delle condizioni troppo stringenti che Apple impone per l’ingresso nell’App Store e di quel che Amazon fa dei dati dei venditori terzi che ospita sulla sua piattaforma.

David Cicilline (D-RI), presidente democratico della sottocommissione per l’antitrust, il diritto commerciale e amministrativo della magistratura interna, ha aperto l’udienza avvertendo dell’influenza esercitata dalle più grandi società tecnologiche americane. “Poiché queste aziende sono così centrali nella nostra vita moderna, le loro pratiche e decisioni commerciali hanno un effetto fuori misura sulla nostra economia e sulla nostra democrazia. Ogni singola azione di una di queste aziende può interessare centinaia di milioni di noi in modi profondi e duraturi “, ha affermato Cicilline.

I quattro Ceo che in molte occasioni si sono trovati nell’imbarazzo di dover rispondere con “Un non sono d’accordo congressmen, non mi risulta” senza argomentare delle valide eccezioni ai rilievi, dati alla mano, avanzati dai deputati, supportati dai risultati di una inchiesta fiume e di tante testimonianze contrarie raccolte da concorrenti o ex collaboratori delle varie società.

Amazon

A fare la prima domanda all’uomo più ricco del mondo è stata la democratica Pramila Jayapal, che ha fatto riferimento a uno scoop del Wall Street Journal secondo cui la sua società si è indebitamente appropriata di dati di terze parti per sviluppare suoi prodotti concorrenti. Bezos non ha negato il contenuto del report, dichiarando: “Non posso rispondere sì o no. Ciò che posso dirle è che abbiamo una policy che vieta l’uso di dati dei venditori per agevolare gli affari dei nostri marchi privati, ma non posso garantire che questa regola non sia mai stata violata. Il fatto che Amazon produca e venda prodotti in competizione diretta coi venditori non è intrinsecamente un conflitto di interessi”.

Google

Incalzato dal presidente Cicilline gli ha chiesto perché Google “si appropria di contenuti di imprese oneste”: il riferimento è alla sempre più marcata tendenza di Big G di includere risultati direttamente nei suoi risultati di ricerca. Pichai ha negato, pur senza entrare nello specifico. Poi gli è stato domandato se Mountain View usa la sua posizione dominante del traffico sul web per sbarazzarsi della concorrenza. L’ad di Google ha risposto: “Come altre società cerchiamo di carpire i trend dai dati che possiamo visualizzare, e li usiamo per migliorare la nostra offerta di prodotti agli utenti”.

Facebook

A Zuckerberg, invece, gli è stato chiesto dalla Jayapal, le mosse che hanno portato Menlo Park ad acquistare Instagram nel 2012 per un miliardo di euro, citando le parole del suo fondatore Kevin Systrom: “Temeva che lei entrasse in «modalità distruzione» se non le avesse venduto Instagram”, ha detto la deputata, chiedendo a Zuckerberg se Facebook avesse mai minacciato Instagram di sviluppare un prodotto simile al suo per facilitare la compravendita. Il fondatore di Facebook ha avuto da obiettare sulla “ricostruzione” dei fatti, e ha spiegato che al tempo era già manifesto che Instagram e Facebook competessero nello stesso campo.

Sulla concorrenza sleale il ceo di facebook ha dichiarato: “Facebook deve affrontare una forte competizione internazionale, che include piattaforme come TikTok, Twitter e Snapchat, ma anche Apple, Amazon e Alphabet sono allo stesso modo nostri competitor. Un quadro che, secondo lui, di per sé, dovrebbe smontare l’ipotesi di una posizione dominante.

Apple

Il Ceo di Apple è stato interrogato sul caso della rimozione – avvenuta a settembre del 2018 – dall’App Store di alcune applicazioni dedicate al parental control, proprio in concomitanza con la presentazione di Screen Time, l’app di Apple con cui i genitori possono regolare il tempo che i loro figli trascorrono con lo smartphone in mano (Qustodio e Kidslox, due delle app colpite dal ban, avevano presentato un reclamo ufficiale alla Commissione europea). Per Cook è stata una scelta per ragioni di privacy: “Eravamo preoccupati per la sicurezza dei bambini”.

Le conclusioni

Quella di ieri è la discussione più importante sui monopoli delle big tech dagli anni Novanta. E’ il punto di arrivo di un anno di lunghe investigazioni da parte della sottocommissione Antitrust della commissione Giustizia della Camera. Inchiesta che ha portato finora alla produzione di circa 1,3 milioni di pagine di documenti e a centinaia di ore di audizioni e incontri a porte chiuse.

Alla fine, dopo cinque ore e mezza, Cicilline ha concluso dicendo che la commissione pubblicherà un rapporto con conclusioni e fasi successive. “Questa udienza mi ha chiarito un fatto: queste società così come sono oggi hanno il potere di monopolio. Alcuni devono essere spezzettate, tutti devono essere adeguatamente regolati e ritenuti responsabili “, ha concluso Cicilline.

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