Italia
Leggo con interesse l’intervista a Enzo Mazza, Presidente della FIMI (e da qualche settimana anche della SCF) su diritto d’autore e risultati del G8 di Deauville.
Mazza, se non capisco male il senso della sua intervista, ritiene che il G8 Summit di Deauville, recentemente tenutosi, abbia escluso la via della autoregolamentazione e avanza seri dubbi sulla opzione autoregolamentare per risolvere i problemi legati al diritto d’autore in rete, lamentandosi al contempo delle istanze dei Big della rete (come Google) a tutela di una rete libera.
Per far ciò cita i punti 15 della dichiarazione finale mediante la quale i Capi di Governo dichiarano “siamo consapevoli della necessità di adottare leggi e disposizioni nazionali per garantirne il rispetto”.
“Rinnoviamo pertanto il nostro impegno ad agire con fermezza contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale che avvengono nel cyberspazio, grazi ad azioni che possano impedire le infrazioni attuali e quelle future”.
“Consapevoli che l’effettiva applicazione delle norme in materia necessiti di un’appropriata cooperazione internazionale tra stakeholders e settore privato”.
Nonostante la citazione appropriata io non penso, alla luce degli altri punti della dichiarazione e di altri documenti di analogo tenore, che sia questa la chiave di lettura che dovremmo dare alla dichiarazione finale del G8 francese, né ritengo che le osservazioni in tema di libertà di espressione siano sintomo di una strategia di appoggio alla cd pirateria, a meno di pensare che i cd over the top, cosi come tutti i movimenti a favore della libertà di espressione e di pensiero sulla rete del pianeta siano diventati (o siano sempre stati) complici della pirateria.
Cosi come non credo nemmeno che le grandi potenze non si siano poste il problema di garantire il libero accesso alla rete internet e di cercare di contrastare le norme che sono in grado di creare ostacoli al libero accesso alla rete.
Basta infatti leggere il titolo della stessa dichiarazione di Deauville ovvero “G8 DECLARATION RENEWED COMMITMENT FOR FREEDOM AND DEMOCRACY”, nonché il punto 11 relativo ad Internet della dichiarazione del G8 (che non a caso precede il punto relativo al copyright) che cosi si esprime “La libertà di opinione, di espressione, di informazione, di riunione e di associazione devono essere salvaguardati su Internet come altrove. La Censura arbitraria o indiscriminata cosi come le restrizioni di accesso a Internet sono incompatibili con gli obblighi internazionali degli Stati e sono chiaramente inaccettabili. Inoltre, essi ostacolano la crescita economica e sociale”.
La dichiarazione che riecheggia peraltro il documento della Casa Bianca sul Cyberspazio, firmata dal Presidente Obama, che ospiterà il prossimo G8 informatico, secondo la quale “Gli Stati Uniti saranno un infaticabile sostenitore delle libertà fondamentali di espressione e di associazione attraverso il cyberspazio, si adopereranno per potenziare gli attori della
società civile, difensori dei diritti umani e giornalisti nel loro utilizzo dei media digitali, e si adopereranno per incoraggiare i governi ad affrontare le minacce reali del cyberspazio piuttosto che imporre impropriamente delle responsabilità alle imprese e limitare la libertà di espressione o il libero flusso delle informazioni” mi sembra estremamente chiara nel considerare con sfavore strumenti di limitazione di accesso a internet per i “cittadini globali”.
Tornando al nostro “piccolo mondo antico”, cioè l’Italia, risiede nelle stesse preoccupazioni espresse dai Capi di Governo ( e dai Big della rete) il motivo per il quale in questi mesi decine di associazioni (si veda ad esempio l’iniziativa www.sitononraggiungibile.it ), e pressoché la totalità del mondo accademico (De Minico, Rodotà, Libertini ) nonché i dubbi degli stessi stakeholders delle TLC (Vodafone, Telecom). (Leggi Articolo Key4biz) hanno espresso notevoli perplessità sul sistema in via di introduzione da parte dell’AGCOM sul presupposto che il sistema prefigurato dall’Agcom sia in grado di creare rischi di privazione dell’accesso alla rete internet, senza una verifica preliminare da parte di in giudice.
E ciò si verifica proprio nella parte più voluta dai titolari dei diritto, ovvero l’inibizione all’accesso a determinati siti esteri mediante il sistema dell’avvelenamento dei DNS o dell’inibizione a livello IP che renderebbe di fatto l’AGCOM arbitro di cosa un cittadino italiano può o non può vedere dei contenuti esteri.
E’ proprio in quei settori che, come dimostra la giurisprudenza della Corte di Cassazione nel caso Pirate Bay, è necessario che intervenga la magistratura per decidere in quali casi si tratti di violazioni o quando si tratti di un uso lecito.
Magistratura che, peraltro in questi ultimi due mesi è intervenuta con immediatezza e precisione quando è stata chiamata a decidere (si vedano i casi btjunkie). E’ la nostra Costituzione peraltro a richiederlo.
Quanto allo sfavore nei confronti dell’autoregolamentazione e della possibilità che tale opzione sia in grado di risolvere il problema della pirateria anche qui penso che le osservazioni che Mazza attribuisce ai capi di governo siano in totale disaccordo con quanto previsto dalle nostre norme positive in materia.
Tra le norme fortemente volute dall’industria dell’audiovisivo qualche anno fa vi sono proprio quelle norme (il cd decreto urbani) e soprattutto la Legge 31 marzo 2005, n. 43, che ritengono l’autoregolamentazione ( con il recepimento da parte dell’esecutivo) l’unico strumento per contemperare le opposte esigenze in una chiave inclusiva.
Si legge infatti in questa norma “Al fine di utilizzare la rete quale strumento per la diffusione della cultura e per la creazione di valore nel rispetto del diritto d’autore, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri per i beni e le attività culturali e delle comunicazioni, promuove, nel rispetto delle normative internazionalmente riconosciute, forme di collaborazione tra i rappresentanti delle categorie operanti nel settore, anche con riferimento alle modalità tecniche per l’informazione degli utenti circa il regime di fruibilità delle opere stesse. Nell’ambito delle forme di collaborazione di cui al presente comma, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri per i beni e le attività culturali e delle comunicazioni, promuove anche la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, ne verifica la conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l’esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto. I codici sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri unitamente ad ogni informazione utile alla loro applicazione. I Codici sono resi accessibili per via telematica sui siti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministro per l’innovazione
e le tecnologie, dei Ministeri delle comunicazioni e per i beni e le attività culturali, nonché su quelli dei soggetti sottoscrittori. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica.
La scelta quindi di regolamentare il diritto d’autore da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni avrebbe potuto essere, in armonia con quanto richiesto dal nostro ordinamento, di sollecitare la Presidenza del Consiglio nel redigere i codici di autoregolamentazione, magari presiedendo lei stessa nel contradditorio delle parti alla redazione di tali codici, e non mediante la creazione di un sistema di “enforcement” calato all’improvviso dall’alto.
In ultimo mi sento di tranquillizzare tutti e lo stesso Mazza sul concetto di “rete libera”, che si identifica per tutti coloro che in questi mesi stanno cercando di proteggere la libertà di espressione e di pensiero in internet non come una ideologia, ma come una aspirazione.
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