La campagna

Facebook, 240 aziende congelano gli annunci pubblicitari. Chi sono gli inserzionisti in rivolta

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Le grandi aziende boicottano Zuckerberg, ma i primi 100 brand valgono solo il 6% delle entrate pubblicitarie del social network (70 miliardi di dollari nel 2019). Oggi a contare è la massa delle piccole imprese che investono in advertising, per questo è fondamentale comprendere che ruolo giocheranno ora.

Sono numerosissimi ormai i grandi brand che si stanno unendo alla campagna di boicottaggio della pubblicità su Facebook in segno di protesta contro i tanti contenuti violenti e di incitazione all’odio razziale e politico caricati nel tempo.

Solo in questi ultimi due giorni possiamo citare le dichiarazioni di adesione alla campagna di Adidas, HP, Ford e Levi Strauss, che si vanno ad aggiungere a quelle di Coca Cola, Honda, North Face, Unilever, Microsoft, CNN, Patagonia e tanti altri nomi popolari al grande pubblico.

Facebook e le aziende che hanno sospeso l’advertising

Facebook boycott: la lista aggiornata delle aziende che hanno aderito alla campagna di protestsa.

Sono 240 le aziende che hanno aderito alla campagna antirazzista contro Facebook, in rappresentanza di più di 400 brand.

Un’iniziativa, questa di #StopHateforProfit, lanciata la scorsa settimana dalla Anti-Defamation League (ADL) e la NAACP, due organizzazioni capo fila di un’a vasta rete di associazioni e gruppi antirazzisti e per la difesa dei diritti civili, a cui ormai hanno aderito oltre 240 imprese.

Facebook non è l’unico bersaglio, rientrano in questa campagna anche Twitter e altri social, ma è certamente quello più attenzionato, perché popolare e frequentato, quindi veicolo perfetto per rilanciare in rete messaggi di odio e violenza.

L’anno passato Facebook ha raccolto in advertising quasi 70 miliardi di dollari, cioè il 98% delle sue entrate annuali. Una miniera d’oro, dunque, che, a guardare bene, si legge in un articolo pubblicato su Cnn.com, si compone non solo dei giganti dell’economia e della finanza, ma anche di una miriade di piccole e medie imprese che sul social investono molto.

Ci sono 8 milioni di inserzionisti sulla piattaforma di Marck Zuckerberg, di questi, i 100 marchi più grandi hanno speso 4,2 miliardi in spesa pubblicitaria, cioè solamente il 6% del totale, secondo dati Pathmatics.

La stessa Facebook nel 2019 dichiarò ufficialmente che i primi 100 inserzionisti pubblicitari rappresentavano meno del 20% delle entrate. La realtà sarà nel mezzo, come spesso accade, ma di certo il dato è indicativo: a contare non sono sempre i big, ma anche i più piccoli nel loro insieme.

Chi sono gli inserzionisti in rivolta e il ruolo dei “piccoli”

E su questo Nicole Perrin, analista di eMarketers, ha precisato: “Facebook conta su un gran numero di inserzionisti di piccole dimensioni. Un dato da prendere in considerazione quando si parla del boicottaggio dell’advertising dei grandi marchi contro la piattaforma blu”.

Anche sei i grandi marchi decidono di portare avanti la campagna di protesta, il problema è nel comportamento dei più piccoli: seguiranno i big, o continueranno a lavorare con Facebook? Saranno inoltre capaci di sopravvivere senza gli annunci pubblicitari?

Non dimentichiamo che oggi gli inserzionisti hanno la possibilità di raggiungere, con contenuti mirati, personalizzati e profilati, 2,6 miliardi di utenti mensili su Facebook e un altro miliardo su Instagram (che è stata acquistata da Zuckerberg nel 2012, proprio in funzione di ricavare il più possibile dagli inserzionisti pubblicitari).

Oggi il mercato dell’advertising online è quasi un duopolio Facebook-Google, visto che assieme rappresentano il 50% circa della spesa pubblicitaria digitale e quasi il 30% di quella totale negli Stati Uniti nel 2019.

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