Molti giovani presenti sui social network come Facebook o Instagram sono attratti da essi come se essere costantemente connessi fosse una questione di vita o di morte.
Sono ipnotizzati spesso per il puro desiderio di mettersi in mostra, per esprimere una forte carica egocentrica o per compensare gracilità che non ammetterebbero mai di persona.
La voglia di essere popolari, ricevere più like o commenti è ciò che può spingere molti giovani ad entrare nel mondo dei social. E sono tanti i ragazzi che per diventare più popolari esibiscono foto del proprio corpo, seguendo ed ispirandosi agli influencer più noti.
Quello dei social, però, è un mondo pieno di insidie per i più giovani.
Passare ore online ha fatto diventare molti ragazzi vittime di cyberbullismo, fenomeno sempre più diffuso che consiste nell’invio di messaggi, foto o video altamente offensivi nei confronti della vittima discriminandola e facendola sentire inadatta.
Con la quarantena causata dall’emergenza Covid-19 molti giovani si sono rifugiati nei social network, considerandoli come i mezzi più importanti per rimanere in contatto con i propri amici.
Articoli pubblicati durante la quarantena sul sexting (invio di messaggi o foto a sfondo sessuale) o sull’utilizzo di App di incontri come Tinder potrebbero aver spinto sempre più giovani ingenui ed ignari dei pericoli presenti sui social ad usare questi mezzi per interagire.
I social sono una porta sul mondo dove si possono incontrare nuove persone le quali a volte hanno fini che vanno oltre una semplice amicizia.
L’adescamento degli adolescenti online è una pratica diffusa tra i “predatori” del web che spingono i ragazzi a stabilire una relazione intima e sessuali con loro tramite una manipolazione psicologica.
Parliamo di ragazzi e ragazze che diventano vittime del web, molte volte invisibili agli occhi di tutti.
Sarah Widman, ragazza di Boston di 22 anni è una delle vittime di queste violazioni e sta portando avanti un’importante battaglia come attivista di Proxy Impact.
Qual è la sua storia? Sarah Widman è stata vittima delle violazioni via web semplicemente dopo aver accettato una richiesta di amicizia su Facebook da uno sconosciuto.
Lo sconosciuto ha cominciato a darle attenzioni continue online, adulandola, riempiendola di apprezzamenti apparentemente galanti sulla sua bellezza, fino a convincerla a scambiarsi foto esplicitamente sessuali, con scambi sempre più ripetuti sino all’incontro con il “predatore”.
Da qui una storia da far rabbrividire.
La ragazza è stata rinchiusa in una camera di un motel, con la complicità di persone armate guardia della porta, con somministrazioni di droghe e con l’obiettivo di in una schiava del sesso.
Fortunatamente, Sarah è riuscita ad un certo punto a contattare un amico ed essere da questi salvata.
Negli ultimi anni, opinione pubblica, esperti sugli abusi di minori e forze dell’ordine hanno espresso ogni pressione nei confronti del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, per spingerlo ad adottare misure individuazione di contenuti e attività illecite presenti sulla sua piattaforma.
L’adozione della crittografia end-to-end, strumento che permette di non far decifrare e leggere i messaggi da terzi parti, come hacker, si sta rivelando un’arma a doppio taglio, dal momento che assicura uno strumento di anonimizzazione per coloro che oltre a comunicare vogliono anche non aver controlli su atteggiamenti deviati.
Non a caso, Mark Zuckerberg nel 2019 annunciò il piano “A Privacy-Focused Vision for Social Networking”, ossia il piano per la protezione della privacy su Facebook e l’utilizzo della crittografia end-to-end come obiettivo per fornire alle persone uno spazio personale e privato dove comunicare, presentando il tutto come una grande vittoria per la sua piattaforma.
Al contrario, genitori, esperti sull’abuso di minori e le forze dell’ordine incaricate di perseguire queste violazioni non considerarono la riservatezza di queste comunicazioni come una vittoria, bensì un mezzo che non rende più visibili alla Stessa piattaforma Facebook gli abusi, favorendo in pratica pedofili e malintenzionati di ogni genere che sperano di commettere i reati online protetti proprio dalla crittografia.
Secondo i dati raccolti dal National Center for Missing & Exploited Children (NCMEC), organizzazione senza scopo di lucro istituita dal Congresso degli Stati Uniti, negli ultimi 10 anni ci sono state circa 100.000 segnalazioni per contenuti online sull’abuso sessuale di minori.
I dati fanno ancor più rabbrividire se si analizzano quelli del 2019, anno in cui Mark Zuckerberg lanciò il suo piano. Le segnalazioni sono di circa 17 milioni di cui circa il 94% proveniente solo da Facebook.
Dati impressionanti se si pensa che tra il 2018 e il 2019 il numero di file, foto e video con contenuti relativi all’abuso di minori, è incrementato da 45 milioni a 70 milioni.
Il problema vero è che una società come Facebook non abbia ancora trovato le contromisure contro la lotta sull’abuso dei minori e la loro tutela online.
Intanto, silenziosamente, storie come quella di Sarah Widman si moltiplicano ogni giorno.
Anche in Italia ci sono storie simili come quella di quella giovane ragazza nel milanese adescata precedentemente sui social, stuprata e filmata da 4 ragazzi tra i 20 e i 30 anni. O della 14enne di Cagliari a cui sono stati inviati messaggi e foto a sfondo sessuale da un uomo di 33 anni della provincia di Venezia.
Storie di questo tipo purtroppo si ripetono orai quotidianamente e bisogna renderle note per far si che i più giovani capiscano i pericoli a cui vanno incontro.
La battaglia di Sarah Widman è una battaglia che guarda a tutti i giovani incapaci di difendersi e che potrebbero diventare schiavi semplicemente cadendo vittime di trappole online che fanno perno sulle loro gracilità psicologiche.
Intanto sarebbe utile capire come Facebook intenda in futuro dare segni concreti sulle modalità con cui fermare fenomeni così allarmanti.