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Proteggere il copyright dall’assalto del web, e da chi su internet utilizza contenuti protetti dal diritto d’autore, senza perdere la libertà che contraddistingue la rete. Questo il tema dell’incontro “Italia Audiovisiva: diritto d’autore e creatività“, organizzato a Roma da Mediaset.
All’incontro, moderato da Maurizio Costanzo, sono intervenuti il ministro per i Beni Culturali Giancarlo Galan, il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, il vicedirettore generale della Rai Giancarlo Leone, il critico televisivo Aldo Grasso, il giornalista Oscar Giannino e il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi.
Nell’occasione è stata presentata una ricerca commissionata da Mediaset al centro di ricerca indipendente IsICult. Lo studio dimostra con i numeri la centralità della televisione nell’era della multimedialità e affronta il tema spinoso della tutela del diritto d’autore ai tempi di Internet.
Nel mondo, così come in Italia, la televisione continua a essere di gran lunga il mezzo più seguito: oltre 3,7 miliardi di telespettatori ogni giorno. Per quanto si continui ad annunciare il suo declino, il consumo di tv al contrario continua ad aumentare: in Italia dal 2000 al 2010, il decennio che ha visto l’affermazione dei nuovi media, i telespettatori sono aumentati da 8,9 milioni a 9,8 milioni.
In più, i contenuti televisivi sono quelli più diffusi sul web e più scelti dai navigatori. E la quasi totalità dei contenuti originali presenti online è frutto del lavoro, della creatività e degli investimenti di editori, broadcaster, major e produttori indipendenti.
Mediaset, ad esempio, mette legalmente e gratuitamente a disposizione sul suo portale i programmi delle reti generaliste e tematiche. Ha lanciato il nuovo servizio Mediaset Premium che utilizza Internet per offrire oltre 1.500 contenuti anche sul pc oltre che sul televisore. E forte dell’esperienza decennale di Tgcom, sta per inaugurare TGCOM24, un sistema all-news multipiattaforma unico in Italia.
Tv e web sono due fenomeni convergenti. Ma creare ha un costo: Mediaset impiega solo in Italia più di 8.000 figure tra dipendenti e indotto, auto-produce metà del suoi palinsesti (12 mila ore l’anno solo sulle reti generaliste, tra cui 5.000 ore di informazione) e investe ogni stagione più di 1 miliardo e 200 milioni di euro in contenuti originali, ha finanziato nel 2010 la fiction italiana per 212 milioni di euro e il cinema italiano per quasi 100 milioni.
Al contrario, gran parte degli aggregatori della Rete, quelli che più utilizzano i contenuti video, sfruttano in modo parassitario la produzione televisiva e non vi apportano risorse. Ed è questa la deriva che rischia di mettere in crisi il modello mondiale di business che ha permesso all’industria culturale di crescere; modello basato su due colonne portanti: la remunerazione della proprietà intellettuale e la possibilità di acquisire prodotti in esclusiva.
Il convegno odierno è la conferma che la libertà in Rete è un valore imprescindibile. Ma servono regole chiare, nel mondo digitale come nella vita quotidiana: quello che il G20 ha definito “Internet responsabile”. Ciò che è reato nella società deve essere reato anche sul web. In gioco non c’è la libertà digitale dei singoli. Nessuno ha intenzione di colpire gli utenti, i social network o gli user-generated content. L’obiettivo è la salvaguardia della produzione originale e creativa che deve continuare ad alimentare anche internet. In sintesi: ”Proteggere i contenuti originali senza perdere la libertà digitale”.
“E’ basilare proteggere il diritto d’autore per avere anche in futuro prodotti di alta qualità“, perché “se mandiamo per aria il copyright mandiamo per aria tutto il futuro non solo della cultura in generale ma anche dell’intrattenimento e dello sport“, ha spiegato Confalonieri che poi ha aggiunto: “Noi compravamo i diritti dei film e li pagavamo; oggi, tra i giovani, la parola gratis è sovrana. Hanno già massacrato la musica, di noi scrivevano che eravamo corsari ma questi sono pirati”.
Secondo il ministro Galan “occorre un equilibrio straordinario” perché “ci muoviamo su un terreno molto complicato, che ha a che fare con la libertà individuale e la difesa del patrimonio culturale, con il diritto di chi ha prodotto o inventato un’opera e il diritto di chi la vuole conoscere e in molti casi, ahimè, copiare“.
Parlando del regolamento sul diritto d’autore, Calabrò ha precisato che, con questo strumento, l’Agcom “non vuole diventare lo sceriffo di internet” e ha sottolineato che “Ci vuole, innegabilmente, un sistema di diritto d’autore appropriato all’era digitale. Ma sono 70 anni che si parla di riforma del diritto d’autore; e intanto la tecnologia cambia gli scenari di mese in mese. Quanti anni dovremo aspettare prima che la legislazione, che ha procedimento elaborativo lungo e rigido, si metta al passo con la galoppante velocità e con la mutevolezza della tecnologia?”.
Nel suo intervento Calabrò ha chiesto a gran voce l’intervento del Parlamento sul tema della tutela del copyright, spiegando che è fondamentale “il diritto alla libera circolazione del pensiero nelle nuove forme della tecnologia“, ma “nessuna libertà, anche nuova, è senza limiti“, anche perché senza una tutela del diritto d’autore “buona parte dell’industria creativa soffre”.
Il presidente dell’Agcom ha fatto notare che “tra il 3,8% e il 6% è l’impatto sul Pil italiano dell’industria creativa (moda esclusa)” dovuto alla pirateria e “analogo è quello sull’occupazione“.
Nello schema di regolamento l’Autorità non intende porre “nessun limite alla libera espressione e diffusione del pensiero“. Tuttavia un intervento legislativo è necessario perché “la rete è un bene comune che va salvaguardato e regolato per coglierne i benefici e arginarne le esternalità negative. Che il principio della rete libera si risolva in un ‘Far web’ non è un esito degno di un Paese che creda nel diritto”.
“Che l’editore è uno sfruttatore da eliminare è una concezione barbarica. Senza i produttori non ci sarebbero stati ‘Gomorra’ e ‘Romanzo criminale'”, ha incalzato il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi.
“C’è bisogno di preservare la creatività e per questo ci vogliono risorse – ha dichiarato il vice dg Giancarlo Leone argomentando -.Il problema della creatività è molto forte oggi non a livello di cinema e di fiction, ma a livello dei programmi. Già lì si vedono i tagli dovuti alla crisi globale. Per fare un programma tv oggi si hanno, quando va bene, 2-3 mesi. Parlo di Rai, non di Mediaset, ma credo che sia un argomento comune. E il tema dei cloni è un rischio. I programmi si fanno all’ultimo, non si pensano abbastanza, vengono allungati allo spasimo sforando di gran lunga la prima serata”.
A margine del convegno, Confalonieri ha affrontato coi giornalisti due argomenti che stanno occupando le pagine di tutti i giornali: il Beauty contest e la sentenza della Corte di Giustizia Ue sui diritti di trasmissione delle partite di calcio.
“Mediaset non è mai stato regalato nulla sulle frequenze”, ha detto Confalonieri, che in questo modo cerca di mettere a tacere le polemiche sulle modalità di assegnazione delle frequenze digitali con il sistema del beauty contest che riserva alle due principali aziende televisive (Rai e Mediaset, appunto), diverse frequenze gratuitamente.
“In passato – ha commentato – abbiamo comprato le frequenze e investito un miliardo, con l’obbligo Antitrust di dare il 40% agli altri. Anche con il beauty contest dovremo restituire un multiplex che abbiamo comprato, a dimostrazione che non ci hanno regalato mai niente“. Non si possono fare confronti, ha aggiunto il numero uno di Mediaset, tra le frequenze televisive e quelle della telefonia, “perché loro con le frequenze ci costruiscono un business, noi dobbiamo assicurare programmi, contenuti e raccolta pubblicitaria”.
Riguardo alla sentenza della Ue, il presidente ha fatto sapere che Mediaset ricorrerà in tutti i modi contro la decisione della Corte di giustizia che ieri ha definito illegali i limiti territoriali all’uso dei diritti Tv per il calcio (Leggi Articolo Key4biz).