L’Antitrust ha comminato a Tim una multa da 116 milioni di euro per abuso di posizione dominante nelle reti in fibra nelle aree rurali. La multa fa seguito alla denuncia di Open Fiber, Vodafone, Infratel, Enel e Wind Tre ed è giunta a borse chiuse, dopo la firma del presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli. Tim dal canto suo farà ricorso.
Poteva andare anche peggio per Tim, visto che la compagnia guidata da Luigi Gubitosi avrebbe potuto subire una sanzione fino al 10% del fatturato annuo di circa 500 milioni di euro.
Le motivazioni dell’Autorità
TIM, si legge nella nota dell’Autorità, “ha posto ostacoli all’ingresso di altri concorrenti, impedendo sia una trasformazione del mercato secondo condizioni di concorrenza infrastrutturale, sia il regolare confronto competitivo nel mercato dei servizi al dettaglio rivolti alla clientela finale.
L’Autorità ha accertato che TIM ha ostacolato lo svolgimento delle gare, indette nell’ambito della Strategia nazionale banda ultra-larga del Governo, per il sostegno agli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga nelle aree più svantaggiate del territorio nazionale (cosiddette aree bianche)”.
In particolare, “TIM ha deciso una modifica non profittevole dei piani di copertura di tali aree durante lo svolgimento delle le gare ed ha intrapreso, contestualmente, iniziative legali strumentalmente rivolte a ritardare le medesime.
Tale comportamento appare particolarmente grave in quanto i suddetti ritardi producono i loro effetti in una situazione complessiva che vede il nostro Paese già strutturalmente indietro di ben 18 punti percentuali rispetto alle altre economie europee in termini di copertura della FTTH”.
Al momento dell’avvio della strategia anti-competitiva, a fine 2016, “solo il 18% circa delle unità immobiliari era coperta da una rete in fibra ottica, un dato al di sotto della media dell’Ue, pari al 22%. Un divario che non si è attenuato nei due anni successivi, quando le stesse percentuali di copertura sono passate rispettivamente al 23% per l’Italia e al 29% per l’Ue”.
Tim ha inoltre operato una rimodulazione della propria offerta di servizi di accesso alla rete in fibra ottica, valida per l’intero territorio nazionale, tesa a prosciugare preventivamente il bacino di domanda contendibile dagli altri operatori, anche attraverso un abbassamento al di sotto del livello di costo dei prezzi di alcuni servizi.
Sul mercato dei servizi di telecomunicazioni alla clientela finale, Tim ha immesso in commercio offerte promozionali inclusive di elementi idonei a legare contrattualmente il cliente per una durata temporale eccessiva.
Il procedimento parte nel 2017
Il procedimento era partito nel 2017 da una denuncia di Open Fiber a seguito del piano di Tim di portare la fibra nelle aree a fallimento di mercato, dove Open Fiber si era aggiudicata all’epoca il primo bando Infratel per la copertura delle aree bianche.
Un piano, denominato Cassiopea, avviato dall’allora amministratore delegato Flavio Cattaneo per la copertura in Fttc (Fiber to the cabinet, rame più vectoring) nelle stesse aree oggetto dei bandi Infratel vinti da Open Fiber, e poi bloccato dalla stessa Tim a luglio 2017.
L’Antitrust, nel 2018, ha poi esteso il procedimento all’accertamento sulla strategia di pricing di Tim e sull’utilizzo delle informazioni privilegiate relative ai clienti degli operatori alternativi nel mercato retail. Nella “Cri” l’Antitrust ha tra l’altro già sottolineato come Telecom abbia ostacolato il nuovo concorrente Open Fiber.
Abuso di posizione dominante sul progetto Cassiopea sospeso da Tim
La posizione dominante accertata dall’Antitrust giunge a conclusione del procedimento che ha anche fatto luce sul progetto Cassiopea di Tim.
Il progetto Cassiopea, elaborato dall’azienda per portare la banda ultralarga in Fttc (tramite upgrading della rete in rame) nelle aree bianche a fallimento di mercato, è stato congelato da Tim dopo l’addio dell’ex amministratore delegato Flavio Cattaneo. Proprio il progetto Cassiopea, in concorrenza con Open Fiber, è stato fra i motivi scatenanti del muro contro muro ingaggiato da Flavio Cattaneo con il Governo sui bandi Infratel, che secondo l’ex ad sarebbero stati disegnati per far vincere la società controllata da Enel e Cdp. La successiva nomina di Amos Genish era stata voluta da Vivendi, primo azionista di Tim, proprio per rasserenare il clima nei rapporti fra l’azienda e il Governo italiano.
Nel 2019, secondo quanto accertato dall’Antitrust, “Tim ha deciso di effettuare un investimento non remunerativo con Cassiopea, volto a scoraggiare l’entrata di Open Fiber nella prospettiva di potere recuperare in futuro con maggiore tasso di profittabilità, una volta conseguito il disegno escludente”. Nello stesso periodo l’Autorità imputa a Tim di aver adottato una serie di comportamenti per fare “pre-emption”: limitare la capacità dei suoi concorrenti di conquistare fette di mercato giocando sul mix di più offerte con l’abbassamento dei prezzi dei servizi wholesale fibra nelle aree contendibili (che Agcom vorrebbe deregolamentare) per abbassare anche il prezzo dell’offerta retail adottando allo stesso tempo un meccanismo per costringere i clienti a rimanere per periodi molto lunghi. Il risultato distorsivo sarebbe così visibile in quello che è successo fra 2016 e 2017 nell’ultrabroadband: da 42,6% a 48% la quota di mercato di Tim; da 22,1% a 20,7% quella di Vodafone e da 27,3% a 20,3% quella di Fastweb.
La nota di Open Fiber
Dopo una lunga ed approfondita istruttoria condotta dai suoi Uffici, oggi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha comunicato di avere accertato che, a partire dal 2017, Telecom Italia – TIM ha posto in essere un insieme di azioni anti-competitive, realizzate innanzitutto al fine di impedire ed ostacolare l’affermarsi sul mercato nazionale di Open Fiber nonché lo sviluppo e l’utilizzo della infrastruttura integralmente in fibra che Open Fiber sta realizzando.
La strategia sanzionata, indirizzata a “preservare ingiustificatamente il potere di mercato wholesale e retail detenuto da TIM, e a ostacolare l’ingresso sul mercato di Open Fiber, scongiurando una trasformazione del mercato secondo condizioni di concorrenza infrastrutturale”, ha avuto ad oggetto sia le aree nelle quali Open Fiber interviene come operatore privato, sia le aree nelle quali Open Fiber interviene per realizzare la rete pubblica (aree bianche), con un impatto negativo per la redditività degli investimenti pubblici e privati realizzati in tali aree.
La sanzione comminata ha l’obiettivo di rappresentare una deterrenza rispetto alla reiterazione delle condotte anticompetitive. Come è noto, l’entità dei danni subiti dai ricorrenti (tra cui Open Fiber) sarà accertata dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria e non dipende dal valore della sanzione.
Open Fiber, in questo contesto, ha comunque proceduto a realizzare gli investimenti previsti dal proprio piano industriale, raggiungendo a fine 2019 una copertura in fibra pari ad otto milioni di unità immobiliari, con ciò divenendo di gran lunga il principale fornitore nazionale di infrastrutture integralmente in fibra ottica. Open Fiber è più che mai convinta che la presenza sul mercato di operatori neutrali (wholesale only) sia l’unica garanzia per lo sviluppo di un mercato realmente concorrenziale.
Sulla base di quanto provato dall’Autorità, Open Fiber auspica, per il futuro, che il confronto concorrenziale sia leale e si svolga nel rispetto delle regole poste a tutela dei consumatori e del mercato.
Tim: unici danneggiati abitanti Aree Bianche non collegati a fibra
Gli unici danneggiati sulla vicenda dello sviluppo della banda ultra-larga sono gli abitanti delle Aree Bianche non ancora collegati e ai quali avrebbe dovuto provvedere Open Fiber. Lo scrive Tim nella nota di risposta alla
sanzione comminatagli dall’Antitrust.
“La principale contestazione oggetto della decisione – scrive
Tim – fa riferimento a un progetto di investimento nelle aree a
fallimento di mercato (cosiddette Aree Bianche), considerato da
AGCM abusivo nei confronti di Open Fiber che, in tali aree,
dovrebbe costruire con soldi pubblici un’infrastruttura in fibra
che arrivi nelle case (così come richiamato dall’AGCM), cosa che
invece non è avvenuta come anche evidenziato in diverse sedi
istituzionali”.
“Purtroppo – conclude Tim -, gli unici danneggiati in questa
vicenda sono gli abitanti delle Aree Bianche che ancora non sono
collegati alla rete in fibra”.