Una piattaforma multicloud. Così potrebbe essere l’infrastruttura del cloud nazionale annunciato da Paola Pisano per mettere in sicurezza i “dati critici” del Paese come li ha definiti la ministra. Il punto è che questa classificazione di “dati critici” non corrisponde ad alcuna indicazione ufficiale del settore. La ministra dell’Innovazione ha annunciato “Sarà una joint venture tra lo Stato e i privati a gestire il cloud nazionale per i dati strategici della Pubblica amministrazione”, aggiungendo nell’intervista al Sole 24 Ore, che il “Polo Nazionale sarà un soggetto europeo, per evitare rischi geopolitici, e il partner, che avrà una quota di minoranza, sarà selezionato con una gara pubblica”.
Passo dopo passo cerchiamo di capire quali sono alcune sfide tecnologiche e normative per realizzare il cloud nazionale.
Amazon, Google e Microsoft potranno far parte del cloud nazionale?
La domanda che si pongono in molti è:
Amazon, Google, Microsoft&Co., le società Usa, potranno partecipare alla gara pubblica per far parte della quota di minoranza della joint venture con lo Stato per dar vita al cloud nazionale, che sarà “un soggetto europeo”, come definito da Pisano?
Sembrano essere esclusi, si comprende questo dalla spiegazione data dalla ministra alla domanda diretta sui grandi operatori cloud Usa: “Non possiamo permetterci che di fronte a eventuali tensioni con uno Stato extra Ue improvvisamente ci chiudano il rubinetto o si adottino ritorsioni attraverso politiche di pricing”.
Il Cloud Act, voluto dall’amministrazione Trump e approvato il 23 marzo 2018 dal Congresso Usa, prevede che tutti i provider di cloud degli Stati Uniti possono essere obbligati a fornire alle autorità Usa i dati memorizzati sui loro server, indipendentemente da dove tali dati siano fisicamente archiviati (Usa o Europa).
Sovranità tecnologica
Inoltre se la strategia cloud della Commissione Ue dovesse affermare la “sovranità tecnologica”, che è in cima all’agenda dell’Ue e dei singoli Paesi, nel bando di gara per il cloud nazionale italiano si potrebbe vincolare la candidatura a soggetti dotati di data center in Italia e in Europa. Sarebbe il minimo. Ma non l’unico criterio, perché molte delle multinazionali straniere del cloud hanno iniziato ad aprire Regioni, si chiamano così, sul territorio italiano.
Come garantire la gestione dei dati rispettando l’interesse nazionale?
Con la joint venture tra lo Stato e i privati a gestire il cloud nazionale per i dati strategici della Pubblica amministrazione, tra le soluzioni tecnologiche possibile c’è la piattaforma multicloud: un’infrastruttura software in grado di gestire i cloud dello Stato e della azienda privata o del pool di aziende private. L’infrastruttura software potrà essere statale, ma c’è anche la possibilità che sia affidata dallo Stato a un soggetto terzo. In che modo il Governo, in quest’ultimo caso, otterrebbe dal soggetto terzo la garanzia di una gestione dei dati in modo sicuro, conforme alle norme sulla data protection italiane ed europee e soprattutto la certezza che lo storage sia effettuato rispettando l’interesse nazionale e non scopi di lucro?
Quando il cloud nazionale?
Oltre alla volontà politica espressa da Paola Pisano è necessario avere risposte in merito anche dal Governo. Qual è la strategia dell’esecutivo? La linea politica governativa è indispensabile, prima di mettere a punto uno strumento amministrativo e legale per dar vita al cloud nazionale. Per indire la gara pubblica ci vorranno almeno 3 mesi, sostengono esperti, che concludono: “Almeno un anno servirebbe per realizzare il cloud nazionale, con lo Stato e privati, per essere ottimisti”.
Infine non dimentichiamo che la cultura esterofila tipicamente italiana porta a sopravvalutare i colossi esteri rispetto alle eccellenze che già abbiamo in casa sul territorio nazionale.