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La spietata legge dell’innovazione, fra Quarto Capitalismo e startup

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Al momento in Italia sono 3600 le medie imprese censite che fanno parte della categoria del Quarto Capitalismo, di cui 170 quotate su Piazza Affari. Vediamo quali.

Enterprise 4.0 è una rubrica settimanale dedicata ai processi di innovazione aziendale a cura di Neosperience. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Il panorama industriale italiano, negli ultimi decenni, ha visto affacciarsi nuovi soggetti.

Un termine ha tentato di inquadrarli in un’unica categoria, ovvero Quarto Capitalismo, di cui fanno parte alcune delle PMI più interessanti.

Pmi e Quarto Capitalismo

Riconosciute come soggetti autonomi dagli anni 2000, in particolare grazie alle ricerche condotte sul territorio da parte di Mediobanca, oggi sono imprescindibili per l’economia del Paese.

L’idea di Quarto Capitalismo si riferisce a tutto un sistema di aziende che, secondo la definizione dello stesso istituto, è costituito dalle imprese della fascia dimensionale intermedia, né grandi né piccole, generalmente distinte da una presenza internazionale e parzialmente riconducibili a sistemi produttivi locali.

Al momento sono 3600 le medie imprese censite che fanno parte della categoria del Quarto Capitalismo, di cui 170 quotate su Piazza Affari. Sono aziende per lo più manifatturiere e familiari, che hanno una grande redditività, alti investimenti in R&D e ricavi generati da export o dal controllo di una certa nicchia di mercato.

La loro diffusione in Italia

Altra caratteristica propria delle aziende del Quarto Capitalismo è la loro diffusione limitata a livello territoriale. Infatti, la maggior parte delle realtà distrettuali si trovano in un’area che va da Torino a Venezia, passando attraverso Milano e la Lombardia.

Secondo gli esperti, le maggiori speranze di recuperare il 25% della capacità produttiva nazionale – persa durante la recessione economica – risiedono proprio in questa categoria di attori industriali.

Al momento, però, sembra che il salto di qualità non sia ancora avvenuto; sono ormai alcuni anni che si parla di questo fenomeno in termini entusiastici, ma il balzo in avanti sta ritardando, anzi, sembra che nell’ultimo periodo il settore abbia rallentato, anche per i dubbi sulla solidità finanziaria di alcune realtà, che alcuni scandali hanno sollevato.

Data questa panoramica essenziale, quali sono le prospettive per il futuro? Come potranno queste realtà raggiungere gli obiettivi promessi da quando hanno esordito sulle scene?

Il ruolo delle Startup

Una possibilità c’è, e consiste nella necessità di inglobare al loro interno alcune delle startup più interessanti del momento. Perché, in effetti, quello che manca alla maggior parte delle PMI è la possibilità economica di innovare in autonomia, propria del modello di Closed Innovation delle grandi realtà nazionali e internazionali. Questo fornisce vantaggi competitivi quando il network è abbastanza esteso da avere al suo interno tutte le competenze necessarie, ma oggi che viviamo nell’epoca della tecnologia ibrida, è difficile che ciò avvenga.

Il modello che le medie imprese italiane dovrebbero invece considerare è quello dell’Open Innovation, che consiste nello sviluppo della collaborazione fra PMI, che non hanno il budget sufficiente per rimanere al passo con i giganti, e startup innovative e centri di ricerca.

Il business che ne consegue è quello orizzontale di collaborazione, che porta autonomamente verso un’apertura sia per quanto riguarda le competenze, sia per l’innovazione e la ricerca. L’obiettivo è saper sfruttare le migliori opportunità che il mercato offre all’esterno, trasferendole e implementandole all’interno.

Per esempio, numerosi sono i casi di acquisizioni mirate di startup concorrenti, ma con un modello di business diverso e innovativo. Altrettanto comune è la collaborazione fra aziende e startup che hanno competenze verticali diverse e complementari; oggi, infatti, possedere expertise su un unico argomento non basta più.

Le tipologie

Le tipologie più diffuse di startup che hanno il potenziale di modificare gli equilibri del mercato, e che per questo motivo sono ricercate sia dalle grandi realtà, sia dalle PMI, sono:

  • Startup che si sono dedicate allo sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni digitali utilizzando le ultime innovazioni tecnologiche come l’Internet of Things, i Customer Analytics, l’Intelligenza Artificiale, etc, traducendole in estensioni pratiche;
  • Piccole realtà che si sono specializzate nel tempo su un settore, sviluppando expertise uniche e altamente sviluppate dal punto di vista teorico, come per la Blockchain;
  • Soggetti che presidiano un mercato in via di sviluppo e dal grande potenziale, come la Cina;
  • Piattaforme dove sono presenti community di utenti che fanno parte di una realtà specifica, verticale, numerosa e rilevante, e quindi appetibile dal punto di vista commerciale.

Per sintetizzare in un frase, in un mondo dominato dai grandi attori tecnologici, l’unione fra PMI e startup fa la differenza, e migliora le prospettive di crescita del paese, sia a livello produttivo, sia di occupazione.

Photo by Igor Starkov from Pexels

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