Le tecnologie fanno parte del nostro mondo, ci sono utili, ma dobbiamo imparare a conoscerle meglio. L’innovazione tecnologica non è mai di per sé buona o cattiva, dipende da come si utilizza. Tecnologia è un termine-concetto molto ampio, all’interno del quale ricadono diverse industrie. Anche l’atomica è una tecnologia e da tempo l’abbiamo classificata come una minaccia, ma fortunatamente per noi è difficile da trasportare e necessita di grandi e costose infrastrutture di sostegno. Potremmo aggiungere la genetica e le biotecnologie, che evocano immediatamente immagini raccapriccianti e futuri terribili per il genere umano. Poi ci sono altre tecnologie, molto più facile da gestire, piccole e solo a prima vista non particolarmente minacciose, come i malware e le fake news.
La trasformazione digitale ha portato tra noi molte altre tecnologie che alcuni decenni fa erano considerate fantascientifiche, come l’intelligenza artificiale, la robotica industriale, le software technologies, l’informatica quantistica e i “qubit”, solo per citarne alcune. Tutte innovazioni che già hanno dato vita a critiche di ogni tipo e che sottendono diversi problemi di ordine etico e di sicurezza.
Cyber sicurezza e attacchi informatici
Mark Sullivan su fastcompany.com ha catalogato cinque tra le tecnologie più minacciose con cui già nel 2020 dovremo fare i conti. Il primo esempio di futuro distopico parte dal problema della sicurezza informatica, della cybersecurity e quindi degli strumenti di attacco più utilizzati dalle organizzazioni criminali, dai cyber-attivisti e le legioni di hacker/cracker in giro per il mondo.
La Cisa, agenzia di sicurezza nazionale per la cybersecurity e le infrastrutture degli Stati Uniti ha definito un ransomware come uno dei rischi maggiori per le reti nazionali.
In questo caso i criminali prendono in ostaggio il device di un utente e ne chiedono il riscatto. Gli utenti (che poi sono spesso aziende e grandi organizzazioni, anche pubbliche) preferiscono pagare (anche più volte in alcuni casi) piuttosto che rivolgersi alle autorità, principalmente per evitare di pubblicizzare uno scarso livello di sicurezza al loro interno.
Pop-up, allegati delle email, link da seguire, tutto è buono per trarre in inganno l’utente e prendere possesso del dispositivo (pc, mac, laptop, smartphone, tablet, ecc, ecc,.), non solo di casa, ma anche di ospedali, pubblici uffici, grandi aziende.
L’obiettivo è sottrarre dati sensibili e personali su cui lucrare. Negli Stati Uniti solo nel 2019 sono stati presi in ostaggio device di oltre 70 amministrazioni pubbliche locali e centrali.
Un ospedale del Wyoming è stato chiuso a novembre 2019 proprio a seguito di un attacco informatico di tipo ransomware (immaginate che le cartelle cliniche digitali e informatizzate in cui tenete tutti i vostri dati biofisici, magari legati ad un’operazione appena effettuata o una malattia in corso, siano rubate e non più accessibili).
Presto potrebbero rimanere coinvolte le reti elettriche ed idriche, ad esempio, con l’impossibilità di continuare la fornitura del servizio alle popolazioni e tutte le conseguenze del caso, secondo un report dell’Homeland Security del 2017.
Tecnologie genetiche
Avrete sicuramente sentito parlare del genetista cinese, He Jiankui, condannato e radiato per aver manipolato il gene umano con l’obiettivo di far nascere embrioni umani in grado di resistere al virus dell’Aids. Ecco, questo è un esempio di come tramite le tecnologie digitali ed i sofftware applicati alla genetica sia possibile operare modificazioni dei geni, a volte in maniera a dir poco controversa.
Non sappiamo con esattezza quali possono essere le conseguenze di attività come queste e tecnologie applicate al futuro genetico della popolazione umana. Esperti e studiosi di questo argomento, tra cui la biologa dell’Università di Stanford, Christina Smolke, o i ricercatori Jackson Champer, Anna Buchman e Omar Akbari dell’Università della California, hanno commentato molto negativamente il tentativo effettuato in Cina, mettendo seriamente in guardia sui pericoli che corriamo.
L’era del deepfake
La disinformazione in politica e nella società c’è sempre stata sotto forma di sporchi trucchetti, menzogne clamorose e macchine del fango. È sempre stata considerata un’arma e delle più efficaci per abbattere avversari e far passare una determinata visione del mondo a discapito di altre magari migliori. Anche in questo caso la tecnologia ha dato il suo contributo e oggi si parla di fake news e anche di deepfake.
In quest’ultimo caso parliamo di algoritmi in grado di identificare, analizzare e manipolare le immagini al punto che è possibile creare video convincenti o filmati audio che descrivono una persona che fa o dice qualcosa, senza che questa abbia mai davvero detto o fatto la tal cosa.
Contenuti abilmente creati e distribuiti con tecnologie ad hoc, con l’argomento giusto, al momento giusto, che potrebbero causare gravi danni alle persone, alle imprese e persino ai Governi.
Reti sociali e macchine del consenso
Le notizie false e le deepfake corrono poi soprattutto sui social network più popolari e spesso da qui finiscono sulle testate. Il pericolo sta nel fatto che le persone sono più inclini a credere a questi contenuti nel momento in cui riguardino argomenti sensibili o maggiormente trattati sul momento (guerre, crisi economiche, scontri politici, epidemie, crisi ambientali), mentre allo stesso tempo di da modo a gruppi politici di esprimere idee che fino a qualche anno fa non sarebbero mai state prese in considerazione seriamente, magari spingendo l’opinione pubblica su posizioni inappropriate, frutto di cospirazioni, propaganda politica avvelenata e vere e proprie crociate contro altre persone catalogate arbitrariamente in termini di genere, religione ed etnia.
IA, pericolo o risorsa?
L’intelligenza artificiale (IA) l’aspettavamo da tempo e sono ormai innumerevoli gli utilizzi di questa tecnologia, che al momento fatichiamo ancora a considerare del tutto amica o in qualche modo nemica. Elon Musk, noto imprenditore e innovatore americano, non ha esitato a definirla “la più grande minaccia per l’umanità”.
Il timore più grande è che le reti neurali, con sufficiente potenza di calcolo, possano imparare dai dati molto più velocemente di quanto possano fare gli umani. Centinaia di macchine possono lavorare insieme sullo stesso problema complesso. In confronto, il modo in cui gli umani condividono le informazioni tra loro è terribilmente lento e limitato dalla larghezza di banda. Le grandi aziende tecnologiche stanno già lavorando su reti neurali “generative” che elaborano montagne di dati per creare output completamente nuovi. l’incubo maggiore è che negli strati più profondi di queste reti possa un giorno prender vita un’esistenza virtuale totalmente autonoma a noi in qualche modo ostile.
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