Vivere in città non è semplice e per riuscire a capire in che modo è possibile condurre una vita decente in un contesto cittadino si cercano indici e valori che in qualche modo ci restituiscono una misura della quality of life urbana. Lo ha fatto il Sole 24 Ore con la classifica delle città con la migliore “Qualità della vita 2019”.
In occasione dei 30 anni di tali rilevazioni, il quotidiano ha offerto al pubblico un’edizione extra large, con 90 indicatori raggruppati in sei indici principali: “Ricchezza e consumi”, “Ambiente e servizi”, “Giustizia e sicurezza”, “Affari e lavoro”, “Demografia e società”, “Cultura e tempo libero”.
Salta all’occhio subito la presenta nella parte alta della classifica di tutte città e province del Nord. Al contrario, nella parte bassa, tutte città e province del Sud. La Sardegna piazza qualche centro urbano nella Top 20 di moltissimi indicatori, ma per il resto l’Italia appare ancora una volta nettamente divisa in due: la società urbana del settentrione che cresce e migliora, pur in un contesto con molte ombre e poche luci, e un Sud che annaspa e precipita.
Una situazione che in parte coincide con le conclusioni del recente Rapporto Svimez e che conferma l’attendibilità del grido dall’allarme lanciato dall’Associazione a novembre: attenzione alla nuova geografia europea delle disuguaglianze.
Disuguaglianze non solo economiche, ma soprattutto ambientali, visto che si parla di qualità della vita, caratterizzate da (in)giustizia climatica, debito economico e (in)giustizia intergenerazionale.
La crisi economica, gli effetti delle politiche di liberalizzazione e privatizzazione dei beni comuni, insieme agli effetti dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, stanno acuendo la disuguaglianza legata a fattori ambientali anche in Italia, separando il Sud dal Nord. E’ una disuguaglianza che agisce in modo sinergico con le disuguaglianze territoriali, di reddito, di istruzione e di accesso alle informazioni.
Tornando alla classifica “Qualità della vita 2019”, Milano è la città dove si vive meglio. Il capoluogo lombardo ha totalizzato 587,6 punti, uno in più di Bolzano, che si piazza al secondo posto, con 586,3 punti, mentre Trento è terza, con 582,3 punti.
Il resto della Top 10, tranne Aosta al quarto posto e Trieste al quinto, è tutto padano: Monza e Brianza, Verona, Treviso, Venezia, Parma. Idem per le posizioni dalla decima alla ventesima, con Vicenza all’11° posto, Brescia al 12°, Pordenone al 13°, Bologna al 14°. Firenze al 14° è la prima città del Centro Italia, poi c’è Roma al 18° e Cagliari al 20°.
Il Sud arriva con il 67° posto di Bari, il 74° di Campobasso, l’81° di Napoli, l’82° di Lecce, il 91° di Reggio Calabria, il 98° di Palermo, il 100° di Messina e il 107° di Caltanissetta a chiudere.
Tutto bene? Nelle città del Nord si vive benissimo e in quelle del Sud malissimo? Non proprio, almeno non per tutti gli indici. Se prendiamo “Ambiente e Servizi”, nello specifico l’indicatore sulla qualità dell’aria, vediamo che tutte le città del Nord mostrano dati allarmanti. Milano per la qualità dell’aria è al 94° posto di questa classifica, a causa del PM10, che ha raggiunto una concentrazione media di 32,5 microgrammi.
Bolzano, la seconda in classifica, per qualità dell’aria non supera il 13° posto, con 19 microgrammi di concentrazione media di Pm10, Trento è al 39° posto.
Tranne Aosta, che è al 4° posto, le altre si trovano via, via, più in basso: Trieste al 20° posto, Monza e Brianza al 98°, Brescia al 94°, Venezia all’89°, Parma all’85°, solo per fare alcuni esempi, Roma al 73° posto.
Un indicatore di massima rilevanza, questo della qualità dell’aria, perché è una funzione vitale primaria il respirare ed è importante comprenderne la composizione chimica che, purtroppo, in base alle indicazioni dell’Agenzia spaziale europea, sappiamo non essere delle migliori.
In base al “Rapporto annuale sulla qualità dell’aria” di quest’anno, l’Italia è al primo posto per decessi prematuri legati al biossido di azoto (14.600 morti), all’ozono (circa 3.000) e al particolato fine PM2,5 (58.600).
Il dossier ha evidenziato che le principali città medio-grandi del Nord Italia, in particolare della Pianura Padana, sforano sistematicamente più volte l’anno i limiti di sicurezza imposti dall’Unione europea per questi inquinanti nell’aria, tanto da guadagnarsi il titolo di “camera a gas d’Italia”.
Certo, ci sono le particolari condizioni geografiche ed orografiche del territorio padano, che è una pianura chiusa dalle montagne, sia dalle Alpi, sia dagli Appennini, con la circolazione dei venti che spinge l’aria a ristagnare ed accumulare inquinanti soprattutto nella sua parte occidentale (tra Piemonte e Lombardia), ma rimane il fatto che l’uso dell’auto privata (nonostante i buoni risultati dei centri urbani del Nord nella promozione e la qualità dei trasporti pubblici locali), l’inquinamento industriale ed edilizio e il consumo di energia sono a tutt’oggi degli elementi degradanti la qualità dell’aria che respiriamo, a cui sembra le Istituzioni non riescano a contrapporre soluzioni efficaci.