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Architettura dell’informazione, web design, user experience: qual è la differenza?

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Chi si trova a dover progettare siti web sente spesso pronunciare questi tre termini senza necessariamente coglierne le differenze e, in qualche caso, non avendo chiaro le professionalità che vi sono coinvolte.

Vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Chi si trova a dover progettare siti web (ebbene sì, ci sono ancora i siti web, ai tempi dei social media e degli instant messenger), sente spesso pronunciare questi tre termini senza necessariamente coglierne le differenze e, in qualche caso, non avendo chiaro le professionalità che vi sono coinvolte.

L’architetto dell’informazione ha un ruolo strategico ed è suo compito, d’accordo con i responsabili marketing e comunicazione dell’azienda, individuare e studiare le buyer personas a cui il progetto intende rivolgersi e mappare i bisogni che, lungo il customer journey, debbono essere intercettate, affrontate e soddisfatte.

Le pagine di un sito infatti sono l’effetto di un lavoro che partendo dai bisogni deve predisporre contenuti all’interno di un’organizzazione efficace ed efficiente.

Perché questo accada, serve che l’architetto usi al meglio:

  • le funzioni strutturali del sito volte ad indirizzare la navigazione dell’ambiente digitale offerto e la fruizione dei contenuti che vi sono presenti (modalità lean-forward dell’utente);
  • le funzioni narrative che hanno invece il compito di rivolgersi ad un lettore in modalità lean-back perché possa al meglio servirsi di quanto messo a disposizione: testi, video, audio, interattività.

Ferri del mestiere dell’AI sono i tag dei contenuti ed i link che li correlano, i motori di raccomandazione per e i filtri di ricerca per farli scoprire, ma soprattutto l’architetto dell’informazione ha accanto a sè colleghi quali i web designer che invece operano sull’interfaccia per rendere possibile tutto questo grazie alla grafica ed alle tecniche di interaction design.

Perché un progetto digital abbia successo però occorre considerare, grazie ai dati che la monitorano, la soddisfazione dell’utente per ottimizzare progressivamente ciò che gli si mette a disposizione ed ecco perché il lavoro del web designer non è fondato su un astratto illuminismo, ma su un continuo confronto con la realtà che lo aiuta a porre in essere alcuni principi di usabilità:

  • dai tempi di Jacob Nielsen, sappiamo che il lettore online “non legge” e vuole pensare il meno possibile: ecco perché l’interfaccia deve presentare “àncore visive” per alleggerirgli il compito;
  • le attese e le aspettative debbono essere gestite (per esempio con link e bottoni che cambiano colore se cliccati) e ogni azione portata a termine deve ricevere un feedback che la confermi;
  • gli errori debbono essere anticipati e questo è sempre più vero in un mondo mobile con meno link e più swipe;
  • è utile sia offrire percorsi di navigazione guidati che personalizzabili, con crosslink e shortcut;
  • i bordi sono limiti, ma anche opportunità per favorire l’interazione;
  • le tecniche di “piramide rovesciata” non vale solo nella scrittura, ma anche nell’organizzazione dei contenuti: box, illustrazioni, card sono pertanto un aiuto valido a chi legge su un supporto retroilluminato

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