La fabbrica intelligente si compone di diversi elementi chiave, tra cui la robotica, la manutenzione predittiva e l’additive manufacturing, perché l’industry 4.0 è una rivoluzione fondata sulle tecnologie dell’informazione e soprattutto sui dati, ha dichiarato Riccardo Melen, dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, nel suo intervento nel panel “Industry 4.0” al 5G Italy di Roma, promosso dal CNIT e organizzato da Supercom.
Ma non solo, altre proprietà di questa trasformazione del settore manifatturiero sono: connettività pervasiva, performance elevate nella velocità dei dati, predicibilità e affidabilità, e per finire la virtualizzazione.
C’è una grande offerta di soluzioni tecnologiche sul mercato, ma un basso livello di comprensione e competenze da mettere in gioco. La trasformazione di cui parliamo avrà un forte impatto sui modelli di business, ma anche sull’organizzazione del lavoro e sulle stesse risorse umane. Ecco il perché della centralità delle competenze digitali.
Per portare avanti il paradigma dell’industry 4.0 c’è bisogno di un’azione forte da parte delle Istituzioni e della grande industria, ma è necessario un efficace coinvolgimento del mondo delle piccole e medie imprese (Pmi), ha sostenuto Laura Di Raimondo, Direttore Generale ASSTEL.
“Un coinvolgimento che deve essere preceduto dallo sviluppo di una grande visione di sistema – ha precisato Di Raimondo – perché il 5G ci spinge a ragionare i termini di sistema di filiera”.
Robotica, intelligenza artificiale, automazione, sono tutti elementi che pongono una sfida, non solo tecnologica, ma culturale, e diversi i punti di riflessioni suggeriti dal Direttore Asstel, tra cui: “infrastrutture da realizzare mettendo a valore gli investimenti in banda ultralarga e 5G; il coinvolgimento diretto della Pubblica Amministrazione ad ogni livello”.
E poi le competenze, “L’indice Desi ci posiziona al quart’ultimo posto per le competenze digitali e questo significa che dobbiamo recuperare il gap con l’Europa se vogliamo davvero trasformare l’industry 4.0 in un modello di business, certificando e aggiornando le skills dei lavoratori”.
Sulla formazione ha insistito anche Marco Bentivogli, Segretario Generale Federazione Metalmeccanici, che ha evidenziato sia la centralità del tema, sia i limiti dell’azione di Governo: “I competence center non stanno funzionando e le competenze ancora mancano”.
“Nel contratto dei metalmeccanici abbiamo chiesto il diritto alla formazione, con l’aggiunta dello skill monitor territoriale, anche perché il 5G non è semplicemente una nuova rete, ma un vero e proprio ecosistema tecnologico, che deve far leva proprio sulle digital skills”.
Competenze come diritti soggettivi, ha precisato Bentivogli, da inserire nei contratti, perché la formazione deve partire dai fabbisogni dei lavoratori e dagli obiettivi delle imprese: “Le competenze sono la moneta intellettuale di chi lavora”.
Le competenze digitali sono trasversali a tutte le organizzazioni, un vero e proprio fattore abilitante un modello lavorativo efficace e ad alto contenuto tecnologico. L’industry 4.0, introducendo il Progetto Risorgimento Digitale di TIM, può e deve creare ecosistemi federati “per superare il verticalismo radicale ed aprire al dialogo e la cooperazione tra operatori e mondo del lavoro, perché è in un processo di crescita condiviso che si genera valore per tutti”, ha spiegato Tommaso Bonaccorsi di Patti, Responsabile Market Development B2B di Tim.
Il tema per Gino Carrozzo, Deputy Head of R&D di Nextworks, non è dove possiamo arrivare, ma dimostrare cosa sappiamo fare: “Il 5G è realtà, ora si deve capire se esiste un mercato, se i servizi si possono effettivamente vedere nei vertical strategici”.
“Il futuro non si realizza in una bolla tecnologica, ma sui territori, il problema è capire quali performance abiliteranno il nuovo standard di telecomunicazioni mobili, perché questo è il valore della tecnologia”.
Sulle competenze, Carrozzo ha precisato: “Sono il tema centrale e vanno integrate in una visione di sistema nuova da cui partire per l’espansione delle imprese. Serve massa critica e la possibilità di attingere in bacini di competenze avanzate, ma non nel futuro, nel presente”.
Una visione sistemica e di Paese che ancora latita, ha ribadito Cinzia Maiolini, Ufficio Lavoro 4.0 della CGIL: “Abbiamo bisogno di una nuova progettualità e dobbiamo allargare l’orizzonte degli interventi all’intera Europa, perché anch’essa manca di visione generale, soprattutto nei confronti dei principali competitor cinesi, giapponesi, asiatici in generale e statunitensi”.
Formazione avanzata anche in chiave culturale, perché competenze significa capacità di comprendere la realtà che muta, sempre più caratterizzata dai dati. “La tecnologia non è neutra e il lavoratore deve poter contrattare le informazioni contenute nell’algoritmo e la stessa gestione dei dati”. Grid Tab