Frequenze Tv, Silvio Berlusconi: ‘Dopo Sky anche Rai e Mediaset pronte a rinunciare’

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L’ex premier: 'I costi delle frequenze superano grandemente i ritorni che si possono avere. Non credo che ci sia nessuno particolarmente interessato a fare investimenti'.

Italia


Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi non ha parlato con Mario Monti di frequenze Tv. Lo ha detto l’ex premier, parlando con i giornalisti a margine dell’udienza del processo Mills, riferendosi all’eventualità di un’asta sulle frequenze televisive digitali.

“La Tv – ha commentato – ha avuto un grande cambiamento con l’avvento del digitale. Oggi le frequenze costano di più e non sono produttive a livello di redditività. Sky ha già rinunciato e ci sono voci dello stesso tipo anche dalla Rai“.

Berlusconi ha dichiarato di non aver parlato della questione con i vertici di Mediaset, ma ritiene che anche l’azienda di Cologno Monzese sia orientata sulla stessa lunghezza d’onda di Sky e della Rai.

 

Solo alcuni giorni fa, l’ex presidente del Consiglio aveva indicato che a suo parere le frequenze televisive “non hanno più valore“.

“Di megahertz in giro, tra telefonia e digitale, ce ne sono fin troppi”, aggiungendo che ormai “i costi per il contenuto delle frequenze superano grandemente i ritorni che si possono avere. Io, non credo che ci sia nessuno particolarmente interessato a fare investimenti per ottenere una frequenza. Se il ministro vuole bloccare la procedura del beauty contest, si accomodi pure”.

 

Dichiarazioni importanti che gettano nuove ombre su un dossier bollente che attende d’essere risolto e per il momento giace sulla scrivania del Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e che sull’argomento ha solo ribadito che “Di fronte ai sacrifici chiesti agli italiani, pensare che un bene di Stato possa esser dato gratuitamente non è tollerabile e, verosimilmente, non lo tollereremo”. Ma nulla di preciso circa l’intenzione di fare un’asta: “Può essere una cosa un po’ diversa, dobbiamo trovare nuovi modi” (Leggi Articolo Key4biz).

 

Secondo Repubblica, l’intenzione del ministro sarebbe inizialmente quella di prendersi una pausa di un anno per capire cosa fare e iniziare a coinvolgere anche gli operatori telefonici. Secondo Passera infatti sarebbe più interessante destinare le altre frequenze al mercato televisivo, ma sarebbe più interessante riconvertirle e assegnarle magari tra un anno agli operatori telefonici.

 

Mettere all’asta le frequenze Tv alle attuali condizioni, determinerebbe che nessuno le comprerebbe. A dirlo sono stati recentemente anche i commissari Agcom Nicola D’Angelo, Michele Lauria e Sebastiano Sortino in una lettera inviata al direttore di Repubblica (Leggi Articolo Key4biz).

“La critica che noi abbiamo sempre fatto – scrivono i commissari – non è solo al beauty contest, ma al rapporto di conversione adottato e attraverso il quale lo Stato si è spogliato del diritto di recuperare risorse di cui è titolare per poterle destinare, alle migliori condizioni economiche, agli usi più efficienti, secondo principi di neutralità tecnologica. Per sostenere la tesi contraria si fanno osservazioni contestabili”.

La prima è che il beauty contest sarebbe stato voluto da Bruxelles: “La Commissione europea non ha indicato il modo in cui le frequenze devono essere assegnate, ma ha ribadito la necessità di aprire il mercato ai nuovi operatori, in modo da far cessare quella situazione di privilegio per gli operatori esistenti che avevano provocato l’apertura di una procedura d’infrazione (peraltro non ancora chiusa)”.

La seconda affermazione è che il beauty contest è stato scelto per favorire gli operatori più piccoli e dotati di minori risorse finanziarie.

“Argomento invero singolare – dicono i commissari – visto che ai nuovi entranti la gara non riserva in modo esclusivo alcuna frequenza”.

 

Asta o beauty contest quindi?

 

Laura Rovizzi, Ad di Open Gate Italia, presenta una terza via (Leggi Articolo Key4biz).

A suo avviso il Governo è chiamato a sciogliere tre nodi: individuare un meccanismo di assegnazione in grado di assicurare un uso efficiente delle frequenze, stabilire una corretta valorizzazione economica, introdurre meccanismi che portino alla liberazione di spettro da parte dei Ministeri (soprattutto Difesa).

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