Il volto umano è in profonda trasformazione. Fotoritocco massiccio sui social network e in pubblicità, influencers digitali quasi indistinguibili da quelli reali, androidi dai tratti sempre più dettagliatamente antropomorfi e potenziati da un’intelligenza artificiale sempre più raffinata: questi fenomeni hanno portato nella vita privata e sociale di tutti un incontro quotidiano e costante con facce artificiali.
Facce molto diverse tra loro, ma accomunate da un obiettivo irraggiungibile: fermare lo scorrere del tempo.
In una trasformazione di tale portata entrano in gioco anche altri importanti elementi:
-L’antico sogno di creare dei nostri simili, capaci di emularci e forse di continuarci. Dar vita ad esseri dotati di intelligenza e un giorno capaci di coscienza ed emozioni.
-I canoni di bellezza contemporanei, fortemente segnati dal conformismo, che spingono verso l’omologazione dei tratti. Nel presente delle relazioni digitali per immagini, deviare da questi canoni comporta l’esclusione dai trends sociali, la solitudine, l’angoscia esistenziale.
-La rimozione del ‘vecchio’, sia come concetto che come manifestazione concreta, all’interno delle nostre società e le conseguenti manipolazioni per far apparire un artificiale ed eterno presente.
Date le dimensioni planetarie di queste trasformazioni del volto, al quale concorrono la videografica, la robotica, la chirurgia, il fotoritocco, si impongono delle domande urgenti:
• Cosa significano queste presenze artificiali per le relazioni interpersonali e per l’auto-percezione di sé?
• Quale ricaduta ha sulle nostre vite la manipolazione del volto, non parte qualsiasi del corpo ma il ‘luogo’ stesso che ci rende unici, che fa di noi delle persone?
• Cosa comporta l’esperienza perturbante dell’Uncanny Valley che, come provato dagli studi di robotica in Giappone, produce inquietudine in chi si trova di fronte a volti molto simili agli umani, ma che umani non sono (androidi e creazioni della videografica)?
• La scomparsa del volto ‘vecchio’ è davvero senza conseguenze per la collettività?
In questione non c’è ovviamente la libera scelta individuale dei comportamenti e delle modificazioni, ma il fatto che esperienze così complesse avvengano senza una diffusa consapevolezza e un discorso sociale condiviso. Non serve emettere giudizi ma capire dove tutto ciò ci sta conducendo.
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