Unione Europea
La Ue ha firmato oggi a Tokyo l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), l’accordo plurilaterale dedicato alla protezione della proprietà intellettuale su beni, servizi e prodotti immateriali. Entro giugno l’Europarlamento ratificherà il Trattato, già approvato da Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Marocco e Corea del Sud.
Un’intesa sottoscritta da 40 Paesi, fortemente sostenuta dagli USA, che fissa i punti essenziali anche nella lotta alla pirateria online di opere coperte da diritto d’autore.
L’accordo è infatti appoggiato dalle major cinematografiche e discografiche ma anche da gruppi hi-tech come Intel.
Tra gli oppositori dell’ACTA, c’è già chi parla di misure fortemente restrittive per il web e l’immancabile Anonymous, come già aveva fatto contro le due proposte di legge americane, SOPA e PIPA, ha già lanciato una virulenta azione di contrasto in rete.
L’attacco, annunciato real-time su Twitter, pare abbia colpito diversi siti istituzionali e anche Facebook.
Secondo la Ue si tratta di timori esagerati. “L’accordo – ha spiegato un portavoce della Commissione – non creerà nuovi diritti intellettuali ma servirà solo a rafforzare i diritti già esistenti. Non si arriverà a un monitoraggio costante del traffico internet”.
Non la pensa così Fulvio Sarzana, legale esperto di new media, che ha commentato: “In barba alla disciplina in tema di privacy, da ultimo richiamata ieri dall’iniziativa europea in tema di tutela dei dati personali annunciata dal Commissario Viviane Reding, secondo l’accordo i titolari dei diritti possano ottenere dai provider i nominativi di chi sta violando i loro diritti, senza passare per l’Autorità giudiziaria”.
“In sostanza principio base di ACTA è che gli intermediari non possano proteggere i nominativi di chi compie, a loro dire un’attività illecita, trasformando gli stessi intermediari in fonti di informazione privilegiata per perseguire eventuali violazioni”.
Altro principio generalizzato di ACTA, ha indicato Sarzana, è la possibilità che i titolari dei diritti possano imporre agli intermediari di non utilizzare strumenti, di per sé assolutamente leciti, ma che siano in grado di eludere i sistemi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale ( come ad esempio i DRM).
“Una norma del genere è già presente in Italia, ma è circondata da rigide cautele e viene applicata solo su richiesta dell’Autorità giudiziaria”.
Sarzana conclude il proprio commento, sostenendo che “Se fosse stato in vigore Acta al momento dell’operazione Megaupload inoltre i titolari dei diritti avrebbero potuto chiedere ai diversi provider in giro per il mondo i nominativi dei titolari dei cyberlocker megaupload e megavideo senza passare per l’Autorità giudiziaria, facendosi giustizia da sé. Un po’ troppo no?”
Non la pensa così Enzo Mazza, presidente di FIMI, secondo il quale “Il trattato ACTA, sottoscritto dall’Europa anche grazie al lavoro del Ministero degli Esteri italiano, non introduce alcuna nuova normativa repressiva nella Ue ma cerca di armonizzare a livello globale il contrasto alla pirateria commerciale. Non colpisce i singoli utenti e certamente non limita l’accesso alla rete”.
“Con ACTA – ha sottolineato Mazza – sarà semplicemente più facile colpire realtà criminali come Megaupload o l’organizzazione camorrista che commercia prodotti contraffatti sul piano transnazionale. La maggior parte delle previsioni di ACTA sono peraltro già parte delle legislazioni di tutti i Paesi ed in particolare l’Italia, nel contrasto alla pirateria digitale, dispone di norme più avanzate”.
Per l’associazione Agorà Digitale, “ACTA è un bavaglio mondiale a internet che sarà presto operativo”. “L’Unione Europea ha trascurato completamente le molte critiche contro ACTA, provenienti dalle ONG che si occupano dell’accesso ai farmaci, come Oxfam o Health Action International, e dai principali partner commerciali dell’Ue”.
In un documento i sostenitori di ACTA spiegano le loro ragioni e indicano la necessità di un approccio coordinato da parte dei governi contro la pirateria e la contraffazione.
Stando a recenti Studi, queste attività illegali ogni anno distruggono milioni di posti di lavoro nel mondo ed entro il 2015 potrebbero arrivare a valere 1,26 trilioni di euro.
“La diffusa violazione dei diritti di proprietà intellettuale minano il commercio, la competitività e l’occupazione nella Ue”.
L’Unione europea e le sue aziende hanno quindi bisogno, spiegano i sostenitori di ACTA, dei giusti mezzi per assicurare che gli IPR vegano effettivamente applicati nei loro principali mercati di esportazione, per garantire la giusta concorrenza in un momento così critico.
Questa è la ragione per la quale l’enforcement degli IPR resta una priorità strategia per la Ue che ha avuto un ruolo di primo piano nella negoziazione dell’ACTA.
Per i sostenitori questo Trattato non aumenta gli standard di protezione o definisce le violazioni, fornisce piuttosto un framework armonizzato con regole chiare e condivise grazie al quale i titolari potranno far valere i loro diritti nei Paesi terzi.
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