Unione Europea
La Camera ha bocciato ieri a larga maggioranza il discusso articolo 18 della Legge Comunitaria, che portava la firma del leghista Gianni Fava e avrebbe introdotto la facoltà per “qualunque soggetto interessato”, e non solo per l’autorità pubblica, di richiedere a un fornitore di servizi internet la rimozione di contenuti pubblicati online e ritenuti illeciti dallo stesso soggetto richiedente.
La norma è stata abrogata dall’Aula (365 voti a favore, 57 contrari e 14 astensioni) con l’approvazione di sei identici emendamenti soppressivi presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc.
“Un’occasione persa per contrastare la pirateria” è stato il commento del presidente di Confindustria Cultura Italia, Marco Polillo, dopo la bocciatura del cosiddetto emendamento Fava.
“L’articolo non voleva mettere nessun bavaglio al web ma solo adeguare il nostro ordinamento alla disciplina comunitaria – prosegue Polillo -. La Direttiva europea dice che un sito o un Service Provider non è responsabile per i contenuti che altri mettono in rete per il suo tramite, quando ciò avviene a sua insaputa. La legge italiana ha stabilito che questa insaputa vale fino a che un giudice non dice al titolare del sito o al Service Provider che il contenuto è illegale. L’emendamento di Fava proponeva semplicemente di tornare a una reale insaputa. In altre parole: se uno pubblica consapevolmente un contenuto di altri, ne risponde. Dove sta l’assurdo? E dove sta la censura?”.
Non la pensa così il popolo della rete che da oggi ha già spostato la propria attenzione sulla nuova battaglia: l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), l’accordo plurilaterale dedicato alla protezione della proprietà intellettuale su beni, servizi e prodotti immateriali, firmato il 26 gennaio a Tokyo dalla Ue (Leggi Articolo Key4biz).
“Il voto contrario a larga maggioranza sull’emendamento presentato dall’On. Fava è l’ennesima sconfitta della strategia della repressione rispetto ai nuovi modelli di fruizione e creazione dei contenuti abilitati dalla Rete. Ma è anche il segno che esiste una piccola pattuglia trasversale di parlamentari determinati a difendere i valori di una rete libera e aperta“, ha commentato Luca Nicotra, segretario dell’Associazione Agorà Digitale, da sempre in prima linea contro la censura del web e che adesso lancia la petizione contro l’ACTA.
Sono 22 su 27 i Paesi Ue che hanno firmato il Trattato anticontraffazione a Tokyo. Nel frattempo l’europarlamentare francese Kader Arif, relatore del documento, ha annunciato le dimissioni dall’incarico, spiegando che “l’accordo pone problemi per l’impatto sulle libertà civili, per le responsabilità che si fanno gravare sui provider, per le conseguenze che avrà sulla fabbricazione di medicinali generici”.
Arif ha “denunciato nel modo più vivo” la firma del trattato da parte della Commissione europea indicando che “mancano il coinvolgimento della società civile, la trasparenza sin dall’inizio dei negoziati”. Ma anche la mancanza di risposte chiare ai quesiti posti dal Parlamento Ue. L’eurodeputato, rinunciando al proprio incarico, ha definito l’accordo una pagliacciata. In Polonia è montata la protesta, Anonymous ha attaccato siti e agenzie in risposta, e un vasto movimento d’opinione scuote la rete per chiederne l’abrogazione.
L’ACTA entrerà in vigore solo dopo l’approvazione del Parlamento Ue. Nei prossimi mesi ci saranno numerosi dibattiti e consultazioni, prima del voto finale in plenaria, previsto in giugno. Il presidente della Commissione parlamentare per il Commercio internazionale, il deputato portoghese di centrosinistra Vital Moreira, ha approfondito i punti più spinosi dell’accordo.
Ma cosa cambierà con l’ACTA? Moreira ha spiegato che tutto ciò che era autorizzato resta autorizzato, tutto ciò che era vietato resta vietato. Si tratta semplicemente di essere più efficaci rispetto alle violazioni dei diritti sulla proprietà intellettuale.
Perché l’accordo allora è così contestato?
Moreira ha chiarito che i punti sensibili riguardano una piccola parte dell’accordo. In particolare i diritti sulla proprietà intellettuale su internet, il download di musica, letteratura e teatro.
“Penso che sia importante sottolineare che molte critiche fatte non riguardano il contenuto dell’accordo. Per esempio lo scaricamento dei dati ad uso personale non è vietato, e non lo sarà. Ciò che sarà vietato riguarda la violazione dei diritti sulla proprietà a fine commerciali“.
Il Parlamento Ue non potrà cambiare il contenuto dell’ACTA ma, trattandosi di un accordo internazionale, la sua approvazione è necessaria per farlo diventare vincolante all’interno del quadro legislativo europeo.
Tuttavia potrà rimandare la propria decisione perché non è stata stabilita nessuna scadenza.
Moreira ha informato che l’accordo ha inoltre sollevato dei problemi dal punto di vista giuridico e il Parlamento Ue potrà richiedere alla Corte di giustizia dell’Unione europea se il testo è compatibile con il diritto europeo. In questo caso, la procedura può essere sospesa in attesa della valutazione della Corte.
Quali sarebbero le conseguenze se il Parlamento non approvasse l’accordo?
“Si possono aprire dei negoziati – ha illustrato Moreira – ma il testo attuale non avrà futuro. Per un nuovo accordo bisogna iniziare una nuova procedura, con una proposta della Commissione europea, un mandato per il Consiglio, delle negoziazioni e delle firme…”.
In passato il Parlamento ha rifiutato due accordi: l’accordo Swift (sul trasferimento dei dati bancari alle autorità americane) e l’accordo sulla pesca con il Marocco.
Secondo i detrattori dell’ACTA, l’accordo, pur con il legittimo obiettivo di favorire la lotta alla pirateria, chiama in correo chiunque possa conoscere o fornire informazioni sui sospetti responsabili di tali reati, ad esempio gli Isp e gli intermediari di servizi Internet (come Google, Yahoo! o Wikipedia), cui assegna il ruolo di sceriffi nell’accertamento di queste violazioni.
Al comma 3 dell’articolo 27 l’accordo prevede la “cooperazione” fra i titolari dei diritti e gli Isp secondo un meccanismo “extragiudiziale” o “alternativo al tribunale”. Significa che i compiti di polizia – sorveglianza e raccolta di prove – quelli giudiziali, le sanzioni, possono essere affidati a soggetti privati bypassando l’autorità giudiziaria e il diritto a un giusto processo. A riprova di questo ruolo da sceriffi, nel comma successivo il trattato consente ai titolari di diritti di ottenere dati privati sugli utenti dai fornitori di servizi Internet senza la decisione di un giudice. Il dispositivo non è vincolante ma può essere modificato con un emendamento. Inoltre le sanzioni civili previste possono ricadere sugli intermediari ed essere usate per convincerli a “cooperare”.
Su Twitter il Commissario Ue per la Digital Agenda, Neelie Kroes, ha detto chiaramente: “L’ACTA non limita la libertà (…) e non prevedrà alcun cambiamento per i singoli utenti della Ue”.
Secondo la Ue si tratta di timori esagerati. “L’accordo – ha spiegato un portavoce della Commissione – non creerà nuovi diritti intellettuali ma servirà solo a rafforzare i diritti già esistenti. Non si arriverà a un monitoraggio costante del traffico internet”.
In un documento i sostenitori di ACTA spiegano le loro ragioni e indicano la necessità di un approccio coordinato da parte dei governi contro la pirateria e la contraffazione.
Stando a recenti Studi, queste attività illegali ogni anno distruggono milioni di posti di lavoro nel mondo ed entro il 2015 potrebbero arrivare a valere 1,26 trilioni di euro.
“La diffusa violazione dei diritti di proprietà intellettuale minano il commercio, la competitività e l’occupazione nella Ue”.
L’Unione europea e le sue aziende hanno quindi bisogno, spiegano i sostenitori di ACTA, dei giusti mezzi per assicurare che gli IPR vegano effettivamente applicati nei loro principali mercati di esportazione, per garantire la giusta concorrenza in un momento così critico.
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