Privacy: Google di nuovo nell’occhio del ciclone. Ha spiato milioni di utenti iPhone

di Alessandra Talarico |

Google, insieme ad altre compagnie attive in campo pubblicitario, ha usato il browser Safari per monitorare le abitudini di navigazione di milioni di persone. Ma la società si difende: non abbiamo registrato dati personali.

Stati Uniti


iPhone user

Nuova tegola su Google: il Wall Street Journal ha denunciato che la società – insieme ad altre compagnie pubblicitarie – ha monitorato gli utenti iPhone utilizzando il browser Safari per registrare le attività anche di quelle persone che avevano impostazioni sulla privacy molto restrittive.

 

Le società – tra cui Vibrant Media, Media Innovation Group e PointRoll -avrebbero utilizzato speciali codici di programmazione, nascosti nelle istruzioni Safari, per aggirare i rigidi blocchi del browser – concepito per evitare questo tipo di intrusione – e sorvegliare e registrare le abitudini di navigazione di milioni di persone.

 

Contattato dal Wall Street Journal – che già aveva denunciato lo scandalo delle ‘app spione‘ (Leggi articolo Key4biz) – Google ha disattivato la funzione e si è difesa affermando che nessun dato personale è stato memorizzato dal sistema.

“Il Wall Street Journal ha mal descritto quanto è successo e il perché. Abbiamo utilizzato una funzionalità conosciuta di Safari per offrire agli utenti di Google loggati nel loro account funzioni da loro stessi abilitate.  E’ importante sottolineare che questi cookie pubblicitari non raccolgono informazioni personali”, ha sottolineato  Rachel Whetstone, Senior Vice President Communications e Public Policy di Google.

“Diversamente da altri importanti browser, Safari di Apple blocca per impostazione predefinita i cookies di terze parti. Tuttavia, Safari abilita per i propri utenti svariate funzioni web che fanno affidamento su terze parti e sui cookies di terze parti, quali i pulsanti “Like”. Lo scorso anno, abbiamo cominciato ad usare questa funzionalità per abilitare alcune funzioni (come per esempio la possibilità di fare “+1″ su contenuti di interesse dell’utente) per quegli utenti di Safari che erano loggati nel loro account Google e che avevano scelto di vedere pubblicità personalizzate e altri contenuti”, ha aggiunto, spiegando che per abilitare queste funzioni, Google ha creato un link temporaneo tra Safari e i server di Google, “in modo da poter verificare se un utente di Safari era anche loggato nel suo account Google e aveva optato per questo tipo di personalizzazione”.

Il link, ha chiarito ancora, “è stato sviluppato in modo che le informazioni che passavano tra il browser Safari degli utenti e i server di Google fossero anonime – creando una barriera effettiva tra le loro informazioni personali e il contenuto su cui stavano navigando”. 

“Tuttavia, il browser Safari conteneva altre funzionalità che hanno fatto sì che altri cookies pubblicitari di Google fossero installati nel browser. Non avevamo previsto che potesse succedere e ora abbiamo cominciato a rimuovere questi cookies pubblicitari dai browser Safari. E’ importante sottolineare che, esattamente come con altri browser, questi cookies pubblicitari non raccolgono informazioni personali”, ha aggiunto Whetston, sottolineando che “gli utenti di Internet Explorer, Firefox e Chrome non sono stati interessati, né lo sono stati utenti di qualsiasi browser, incluso Safari, che avevano scelto di fare opt-out dal nostro programma di pubblicità basata sugli interessi utilizzando il nostro strumento di Gestione Preferenze Annunci Pubblicitari”.

 

“Stiamo lavorando per fermare questa pratica”, ha quindi dichiarato al quotidiano un responsabile Apple.

 

Questa invasione della privacy è stata scoperta da Ashkan Soltani, ricercatore dell’Università di Stanford, e confermata da un consulente tecnico indipendente consultato dal WSJ, che ha anche pubblicato sul suo sito le righe di codice che rendevano possibile il monitoraggio.

 

Tra le società di advertising scrutinate, dice il WSJ, Google è sicuramente quella che dispone dell’audience maggiore: i suoi annunci pubblicitari, secondo ComScore, sono stati visti almeno una volta dal 93% degli utenti internet americani a dicembre 2011.

 

Google non è certo nuova a polemiche legate alla privacy: di recente, nel mirino delle autorità è finita la funzione “Search Plus Your World” di Google+, che propone tra i risultati delle ricerche anche ciò che viene pubblicato sul suo social network, come commenti e foto. L’Antitrust europeo ha chiesto uno stop delle nuove policy che dovrebbero entrare in vigore dal 1° marzo. Anche il Congresso USA ha chiesto alla compagnia alcuni chiarimenti (Leggi Articolo Key4biz).

Prima era toccato a Street View, che ha raccolto illecitamente i dati di milioni di utenti in tutto il mondo, prima ancora al social network Buzz.

A marzo 2011, tra l’altro, la società ha ceduto alle richieste della FCC e ha firmato un’intesa all’intesa in base alla quale si è impegnata ad adottare un ampio e rigido programma per migliorare la tutela dei dati sensibili dei propri utenti, che verrà sottoposto a controlli esterni ogni due anni per i prossimi 20 anni.

 

Per monetizzare le sue attività, insomma, la società ne ha fatti di passi falsi e non sembra ancora aver imparato la lezione. Ma che fine ha fatto il motto ‘don’t be evil’?

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