Rai: canone anche per pc, tablet e smartphone. I partiti chiedono chiarimenti al governo mentre monta la protesta su Twitter

di Raffaella Natale |

A stabilirlo sarebbe un Decreto regio del 1938, secondo il quale sono sottoposti al canone tutti gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive.

Italia


Mario Monti

Monta in rete la protesta dopo l’annuncio di voler far pagare il canone Rai a chiunque possieda un pc, un tablet o uno smartphone dotato di connessione internet.

Su Twitter l’hashtag #raimerda ha conquistato la vetta della classifica dei Trending Topics (TT), gli argomenti di tendenza, ha commentato Repubblica.

Il caso è esploso, nonostante la notizia circolasse già da giorni, perché durante il Festival di Sanremo lo spot è stato trasmesso continuamente per cinque giorni di fila. Battaglia a suon di tweet che ormai sta animando la rete.

 

L’allarme per il pagamento del canone Rai sui pc è stato lanciato da Rete Imprese Italia,  che lo ha definito “un balzello assurdo“, dopo che 5 milioni di aziende e liberi professionisti si sono viste arrivare le richieste di pagamento. A far scattare le richieste della Tv pubblica, aveva spiegato l’organizzazione delle Pmi, una norma contenuta nel decreto salva Italia che obbliga le aziende a inserire nella dichiarazione dei redditi i canoni cui sono tenute.

 

In una lettera inviata al premier Mario Monti e al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, Rete Imprese ha sollecitato “l’esclusione da qualsiasi obbligo di corrispondere il canone in relazione al possesso di apparecchi che fungono da strumenti di lavoro per le aziende, quali computer, telefoni cellulari e strumenti similari“.

 

La decisione di introdurre questa disposizione trova giustificazione in un decreto regio del 1938, esattamente l’articolo 27 del regio decreto 246, che stabilisce che sono sottoposti a canone tutti gli “apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo“.

 

“La informiamo – si legge nella comunicazione ricevuta da un lettore del Sole24Oreche le vigenti disposizioni normative impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell’ambito familiare, compresi computer collegati in rete indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti“. Stando al diritto, quindi, è sufficiente avere un computer connesso a internet per incappare nell’obbligo dell’abbonamento speciale, il cui importo parte da un minimo di 200,91 euro.

 

Alla denuncia di Rete Imprese si è poi aggiunta quella di politici bipartisan e associazioni dei consumatori.

Si preannuncia, quindi, una dura battaglia parlamentare: sia dal Pdl che dal Pd sono arrivate critiche alla campagna di comunicazione lanciata dalla Rai.

 

Bruno Murgia (Pd) ha commentato in una nota che “Il combinato disposto di una serie di articolati consentirebbe di esigere il canone anche da chi ha un semplice iPad, una patente stortura”

Murgia già nel 2007 aveva presentato alla Camera un proposta di legge per esentare dal canone i proprietari di pc, videofonini e palmari.

“Pretendere denari da chi paga regolarmente il canone per le proprie abitazioni non è tollerabile”, ha sottolineato, senza contare che “la pressione fiscale ha già superato il livello di guardia”.

 

Sul Sole24Ore si legge che Giancarlo Sangalli, senatore Pd, ha già fatto sapere che presenterà un’interrogazione al presidente Monti nella sua qualità di ministro dell’Economia: “In un momento di così grave difficoltà per numerose imprese, l’imposizione dell’ennesima tassa è del tutto fuori luogo”.

 

Dal Pd anche Vincenzo Vita ha bocciato la richiesta di canone per i computer. È “un’interpretazione burocratica della normativa. Infatti, la legge in materia fu immaginata in una stagione assai precedente all’epoca della rete“, ha ricordato, “è bene che si corregga una simile forzatura mettendo piuttosto un impegno più forte nel contrasto all’evasione del canone”.

 

“Si tolgano dalla testa la Lei e gli altri prezzolati dirigenti di Viale Mazzini di incassare la tassa sui computer“, ha dichiarato, il senatore Gianvittore Vaccari capogruppo della Lega in commissione Bilancio.

 

“All’indomani del disastro Sanremo ritengo davvero eccessivo chiedere altri sacrifici agli italiani – ha detto Giampiero Catone, membro della Commissione Bilancio della Camera – per pagare cachet ad improbabili moralizzatori o per finanziare altri festival della volgarità”.

 

“Il governo faccia al più presto chiarezza“. A chiederlo è anche Alessio Butti (Pdl), “In un contesto economico così delicato, auspico l’intervento del ministro Passera, affinché contribuisca a sciogliere i dubbi individuando la tipologia di apparecchi che determinano l’obbligo del pagamento del canone”, ha concluso Butti.

 

 

Guido Scorza su Il Fatto Quotidiano scrive che “ci sono almeno due buone ragioni per le quali se il Governo dei Professori non si affretterà a censurare l’iniziativa della Rai, prendendone le distanze e chiarendo che nulla è dovuto da parte di chi possiede Pc, tablet e smartphone, il premier – anche in qualità di ministro ad interim dell’economia – e il suo ministro dello Sviluppo economico dovrebbero essere invitati a dimettersi.

 

Per Scorza, la prima ragione è di merito: “L’Italia è un Paese che sconta – lo si può scrivere senza tema di essere smentiti sulla base di dozzine di analisi e ricerche – un gap in termini di informatizzazione e sviluppo tecnologico mostruoso rispetto al resto d’Europa. Siamo il fanalino di coda dell’Europa a 27 per livello di alfabetizzazione informatica, diffusione ed utilizzo di Internet ed e-commerce”.

“In un contesto di questo genere tassare chiunque possieda un Pc, un tablet o uno smartphone per foraggiare l’impresa televisiva di Stato è un autentico delitto contro il futuro del Paese, uno dei più gravi dei quali un Governo, nel 2012, in Italia, possa macchiarsi”.

 

La seconda ragione è di metodo: “In questa vicenda c’è un’azienda di Stato che sta chiedendo a milioni di imprenditori di mettere mano al portafoglio per saldare un credito nei suoi confronti nella piena consapevolezza – o nella colpevole ignoranza – che tale credito è tutt’altro che certo ed è, anzi, assai probabilmente inesistente, e quindi inesigibile”.

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