Nel comparto high-tech dell’Unione europea (Ue), nel 2014, si contavano circa 46.000 imprese manifatturiere, quasi tutte concentrate in Germania, Regno Unito, Italia e Polonia. Queste quattro nazioni rappresentavano il 53% del mercatoeuropeo dell’alta tecnologia, anche se, in termini di servizi, il maggior numero di aziende è sempre stato concentrato in Gran Bretagna (180.257 aziende), Francia (141.647) e Germania (112.570).
Oggi, un nuovo studio dell’Osservatorio dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), dal titolo “La competitività tecnologica dell’Italia a livello globale: una sfida ancora aperta”, pubblicato sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione, pone l’Italia al 15° posto nella classifica mondiale dei 20 maggiori esportatori di prodotti hi-tech, con una quota di mercato di poco inferiore al 2%, dietro a player di minori dimensioni come Paesi Bassi (2,6%) e Belgio (2%) e a forte distanza da Germania (9,9%), Francia (5,3%) e Regno Unito (4%).
Un dato di massima rilevanza, quest’ultimo, perché pone in risalto che, nel periodo di riferimento 2000-2016, tutti i principali settori dell’high-tech nazionale hanno perso terreno in termini di quote commerciali: la farmaceutica è scesa dal 6,5% al 4,5%, la chimica fine dal 3,8% al 3,2%, l’aerospazio dal 3,7% al 2,7% mentre l’energia termomeccanica ed elettrica è rimasta stabile al 3,4%.
L’unica eccezione positiva è l’automazione industriale che ha registrato un balzo in avanti dal 4,8% al 6,8%.
Una sfida che stiamo perdendo, ma che non è ancora del tutto persa, hanno commentato Daniela Palma e Gaetano Coletta, i ricercatori ENEA che hanno curato il Report: “A patto che siano attuate tutte le politiche necessarie per modificare la struttura del sistema produttivo, potenziando la filiera dell’hi-tech”.
Tra i diversi problemi rilevati, sicuramente ci sono gli “scarsi investimenti nell’innovazione tecnologica del sistema produttivo, che ne condizionano la competitività”.
L’incidenza dei prodotti high-tech sulla domanda di prodotti esteri, è evidenziato nel docuemnto, è risultata in linea con la media UE, mentre “sul totale delle esportazioni la quota di prodotti high-tech è nettamente più bassa rispetto a competitor come Germania e Francia”.
Solo tre settori del comparto high-tech in Italia non hanno registrato un costante deficit commerciale: energia termomeccanica, aerospazio e automazione industriale.
Se non si interviene subito, hanno commentato i ricercatori: “il forte ritardo tecnologico accumulato dal nostro Paese nei confronti dei maggiori partner europei è destinato solo ad ampliarsi”.
Un reale miglioramento dei livelli di competitività dell’Italia, nei mercati dell’high-tech, è precisato nel Report, “potrà realizzarsi solo attraverso una ricomposizione dell’offerta produttiva, attualmente ancora troppo sbilanciata verso settori di tipo tradizionale, prevedendo interventi che rafforzino la presenza dell’industria nazionale nelle filiere dell’alta tecnologia”.
A livello globale, si certifica un’avanzata significativa della Cina, un consolidamento dell’area asiatica (che copre quasi metà del commercio del comparto) ed anche un forte arretramento degli Stati Uniti, con una quota che nel 2016 arriva a dimezzarsi, attestandosi su valori di poco inferiori al 10%.