mPayment: dopo il flop di Google Wallet, la società cerca di sedurre le telco con la prospettiva di condividere i guadagni

di Alessandra Talarico |

Tra Google e gli operatori non corre buon sangue: più volte la società è stata accusata di sovraccaricare coi suoi servizi voraci di banda le reti mobili, senza partecipare al finanziamento per la gestione e l’aggiornamento delle reti.

Stati Uniti


mPayments

Di fronte alla lenta adozione del sistema di pagamenti mobili Google Wallet, la società di Mountain View ha deciso di cambiare rotta, considerando una condivisione dei profitti con gli operatori mobili.

Lo hanno rivelato alcune fonti, secondo cui la mossa si è resa necessaria per convincere gli operatori ad adottare il sistema di pagamento, installato attualmente in un numero limitatissimo di dispositivi.

 

Google Wallet, lanciato a settembre dello scorso anno negli Usa, è stato sviluppato con la collaborazione di Citi, Mastercard e First Data. Il primo telefonino ad abilitare il servizio è stato lo Sprint Nexus S.

Da allora, due dei creatori originali del sistema, Jonathan Wall e Marc Freed- Finnegan, hanno lasciato l’azienda e fondato una nuova società – Tappmo – specializzata proprio nei pagamenti mobili.

 

I rivali, nel frattempo, si sono indirizzati verso altri sistemi, tra i quali ISIS, che gode invece il sostegno dei principali operatori mobili statunitensi: Verizon Wireless, AT&T e T-Mobile.

 

Nel settore dei pagamenti mobili che, secondo le previsioni, nel 2014, dovrebbe arrivare a valere 500 miliardi di dollari, trainato dal crescente successo degli smartphone e dei dispositivi per l’accesso wireless a internet, quindi, hanno fatto il loro ingresso molti importanti player – da American Express e Visa a start up come Square – e anche PayPal ha svelato la propria strategia per conquistare il settore dell’mPayment con PayPal Here, un sistema tramite cui comprare e pagare comodamente alla cassa sfruttando il lettore digitale inserito nel dispositivo.

 

Google deve quindi affrettarsi conquistare il favore degli operatori per rafforzare la propria posizione di leader nel mercato della pubblicità sui dispositivi mobili, destinato a generare introiti per 11 miliardi di dollari nel 2016 dai 2,6 miliardi di quest’anno.

 

Attualmente, infatti, gli operatori non hanno interesse ad adottare il sistema di Google, essendo anch’essi impegnati in progetti in questo ambito.

Tra Google e gli operatori, del resto, non corre buon sangue: più volte la società è stata accusata di sovraccaricare coi suoi servizi voraci di banda le reti mobili, senza partecipare al finanziamento per la gestione e l’aggiornamento delle reti.

E questa nuova sfera rischia di complicare ulteriormente i rapporti, visto l’interesse di entrambi i fronti a controllare direttamente i clienti, i profitti e le applicazioni legate al crescente business.

 

Per questo, Google potrebbe scegliere anche un’altra opzione che permetterebbe di aggirare completamente gli operatori facendo affidamento sui terminali in-store per il completamento delle transazioni. Un approccio che implica lo sviluppo di hardware e software aggiuntivi per i terminali, abbinati a dei software che poggerebbero sui server di Google.

Così, invece di chiedere agli operatori di autenticare i pagamenti, il sistema invierebbe le transazioni direttamente ai server Google per l’approvazione.

 

Su questo fronte, Google già da tempo collabora con VeriFone Systems, Ingenico e ViVOtech, che producono hardware e software per i registratori di cassa e altri sistemi di pagamento.

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