Stati Uniti
Un nuovo record per Google, anche se stavolta non si tratta di una nuova tecnologia o di un dirompente servizio per gli utenti ma della spesa che il gruppo di Mountain View ha affrontato per attività di lobbying e che – solo nel primo trimestre di quest’anno – si sono attestate a 5 milioni di dollari.
La cifra – come emerge dal ‘Lobbying Report‘ redatto dal Governo sulla base del Lobbying Disclosure Act del 1995 – supera quella sborsata dai ‘big spender’ del settore, ossia Verizon (4,51 milioni) e Comcast (4,55 milioni) e risulta in netta crescita rispetto a quella sborsata nel quarto trimestre dello scorso anno, pari a 3,76 milioni di dollari. In tutto il 2011, Google ha speso in attività di lobbying quasi 10 milioni di dollari, contro i 20 milioni di AT&T, i 19,2 milioni di Comcast e i 15,4 di Verizon Communications.
Tra i temi sui quali il re dei motori di ricerca ha ‘investito’ più pesantemente a favore o contro, vi sono la pubblicità, il copyright, la sicurezza dei consumatori, le telecomunicazioni, l’apertura di internet e la competitività dei servizi online ma anche le energie rinnovabili, l’immigrazione, il commercio, la riforma fiscale, la sicurezza nazionale e le piccole aziende.
Il primo trimestre di quest’anno è stato particolarmente impegnativo soprattutto per quanto riguarda le proteste legate alle proposte di legge Sopa e Pipa. Anche se questo documento non dettaglia la spesa affrontata da Google per questa specifica questione, secondo alcuni insider nel quarto trimestre del 2011 la società aveva speso quasi 400 mila dollari per fare pressione contro queste due proposte.
Da un documento della Sunlight Foundation pubblicato dalla ABC, intanto, emerge che le 8 società che hanno speso più soldi in attività di lobbying tra il 2007 e il 2010 ne hanno tratto un notevole beneficio fiscale. La Sunlight Foundation – un gruppo non profit che si batte per la trasparenza degli atti del governo – ha analizzato le 200 più grandi aziende statunitensi classificate sulla base del reddito al lordo delle imposte, giungendo alla conclusione che quelle che hanno speso di più in lobbying tra il 2007 e il 2009 nel 2010 hanno avuto aliquote più basse di quelle del 2007.
Certo, la maggior parte delle aziende sostiene che la riduzione delle aliquote fiscali ha poco a che vedere con gli sforzi lobbistici. Circostanza, questa riconosciuta anche da Drutman Lee, senior fellow presso la Sunlight Foundation, che sottolinea come l’aliquota fiscale media delle imprese sia scesa al 29,3% nel 2010, rispetto al 29,9% nel 2007.
“La correlazione però è molto forte”, ha affermato Lee.
“Certo, ci sono una varietà di ragioni per cui le imprese pagano le tasse, alcune delle quali sono senza dubbio idiosincratiche”. Il punto è che queste società portano avanti sostanziali attività di lobbying in materia fiscale, e se queste attività non hanno alcun effetto sulle loro aliquote fiscali effettive “allora dovrebbero spiegare ai loro azionisti perché stanno sprecando il loro denaro”, sottolinea ancora Lee.
Sulla base dei dati del Senato tra il 2007 e il 2009, le aziende che hanno pagato di più in lobbying sono ExxonMobile, Verizon Communications, General Electric, AT&T, Altria, Amgen, Northrop Grumman e Boeing.